Nada Cella uccisa 30 anni fa a Chiavari, la pm in aula: “Su di lei Annalucia Cecere sfogò tutta la sua rabbia”

"Ha sfogato su Nada tutta la rabbia e la frustrazione della sua vita". Lo ha detto in aula la pubblico ministero Gabriella Dotto parlando di Annalucia Cecere, la principale imputata nel processo per l'omicidio di Nada Cella. La pm oggi, giovedì 23 ottobre, ha iniziato la sua requisitoria.
A questa conclusione è arrivata l'accusa grazie al "quadro d'insieme chiaro e limpido", pur nella complessità "di un processo in cui si ripercorrono i fatti di quasi 30 anni fa ma per cui ci sono una moltitudine di elementi".
La 25enne, infatti, fu trovata morta il 6 maggio 1996 a Chiavari, nello studio del commercialista Marco Soracco, dove la ragazza lavorava come segretaria. Per la Procura sarebbe stata Cecere a massacrare Nada. Il suo datore di lavoro, invece, è stato rinviato a giudizio per favoreggiamento: "Ha mentito: è informato e sa più di quello che vuol fare credere", ha detto Dotto.
L'uomo e sua madre, Marisa Bacchioni, in un primo momento imputata anche lei e poi uscita dal processo per motivi di salute, si sarebbero "costruiti una realtà alternativa e nel tempo l'hanno portata avanti per conservare un mimino di credibilità sociale".
L'accusa oggi ha affrontato i primi tre "temi" dell'impianto accusatorio. In primo luogo, la conoscenza tra Cecere e Soracco. Tra i due c'era un "rapporto di frequentazione completamente nascosto agli inquirenti nel 1996 e sminuito nel 2021″, quando sono state riaperte le indagini.
Un rapporto che sarebbe stato mal visto dalla madre, come lei stessa disse a dei religiosi, e che provò a bloccare, dicendo a Nada di non passare più al figlio le sue telefonate. A provarlo, secondo l'accusa, ci sono le tante testimonianze, ma anche le varie intercettazioni dell'epoca e quelle più recenti dopo la riapertura del caso.
A partire dalla "famosa telefonata in cui la Cecere dice: ‘Io non sono mai stata innamorata di te, anzi mi fai schifo‘. Questo presuppone che ci sia stata una relazione ben maggiore di quello che ci vogliono fare credere".
"Soracco non si manifesta alleggerito o incuriosito da una nuova indagata, sempre nel 1996, ma taglia corto. Con la zia di Roma dice: ‘Lei non c'entra nulla, zero di zero'. – ha ricordato la pm – Sempre in quei giorni, in una telefonata con un'amica questa gli chiese: ‘Ma chi è? È quella che penso io?'".
E a un amico avvocato, ha detto ancora la pm, Soracco avrebbe raccontato: "La persona di cui si parla sui giornali la conosco da un anno e mezzo". Dotto è poi arrivata alle conversazioni più recenti, in cui la madre collega Cecere e Nada.
E ancora: il bottone trovato sotto il corpo della vittima, uguale a quelli che aveva in casa l'imputata, le testimonianze di vicini e di una mendicante che disse di averla vista sporca di sangue. L'udienza proseguirà il prossimo giovedì 30 ottobre.