video suggerito
video suggerito

“Mi tagliai una mano mentre lavoravo senza contratto. I miei datori di lavoro? Pensarono a nascondere il grembiule”

Francesca, oggi mamma 32enne, ha raccontato a Fanpage.it la sua esperienza come lavoratrice stagionale in alcune strutture di Cariati negli anni dal 2012 al 2016. “In un ristorante lavorai senza contratto ed ebbi un infortunio sul lavoro, al momento della paga mi diedero meno soldi di quelli pattuiti. Oggi non lo rifarei, servono tutele per chi lavora”.
A cura di Gabriella Mazzeo
37 CONDIVISIONI
Immagine

Per anni ha lavorato come cameriera stagionale nei ristoranti di Cariati, in Calabria. Francesca, oggi 32enne, ha ricordato in un'intervista a Fanpage.it gli anni da lavoratrice stagionale durante l'estate. "In un caso ho lavorato senza contratto – ha spiegato -. Avevo 20 anni, per me erano tutti soldi da spendere in viaggi, ma oggi mi rendo conto che lavorare nelle condizioni in cui ero io non è giusto e non è sicuro per nessuno, neanche per gli studenti".

Francesca, che all'epoca dei fatti studiava all'università, ha lavorato dal 2012 al 2016 nell'ambito della ristorazione. "Nel 2012 ho lavorato come cameriera in un ristorante con un contratto di Garanzia Giovani. L'anno dopo ho cambiato locale e qui ho fatto la stagionale fino al 2016, quando poi ho lasciato per un lavoro che mi retribuiva meglio" ha ricordato Francesca, oggi mamma di un bambino piccolo.

"All'epoca ho accettato a cuor leggero situazioni di sfruttamento perché lavoravo stagionalmente per la mia indipendenza, non per particolare bisogno. Oggi ricordo quegli anni con affetto, ma mi rendo conto di aver sbagliato a non pretendere diritti e tutele – ha spiegato Francesca -. Nel 2012 ho iniziato per la prima volta a lavorare in un ristorante, iniziavo alle 20 e finivo intorno alle 2 di notte, il tutto per 500 euro. Lavorai per un mese, da metà luglio a fine agosto, senza giorni di riposo, anche se il mio era un part-time dovuto alla mia attività di studentessa. Una mia cara collega, invece, per lo stesso stipendio lavorava anche a ora di pranzo".

"L'anno dopo entrambe decidemmo di andare a lavorare in un altro locale e qui gli orari sono peggiorati: io iniziavo alle 17.30 circa e lavoravo fino all'una di notte. Venti euro al giorno per un totale di 600 euro al mese – ha ricordato -. Anche in questo caso io lavoravo solo per la cena, mentre la mia collega per lo stesso stipendio lavorava anche a pranzo. Da studentessa portavo a casa un bel gruzzoletto grazie alle mance". A pesare, racconta Francesca, la mancanza di un contratto di lavoro. "Una tutela che quando ho avuto un brutto incidente mi sarebbe servita" ha continuato.

"Dovevamo sempre stare molto attente per evitare i controlli, toglievamo perfino i grembiuli quando notavamo persone sospette all'interno del locale. Una sera stavo portando dei bicchieri a un tavolo ma sono scivolata e mi sono fatta male, tagliandomi l'arteria ulnare della mano sinistra. Sono finita in ospedale e ci sono rimasta per tutta la notte. Ricordo che la prima preoccupazione dei miei datori di lavoro fu quella di togliermi il grembiule. Non denunciai perché a 20 anni li consideravo un po' una famiglia, anche se loro non hanno avuto lo stesso pensiero per me".

Dopo l'incidente sul lavoro e l'arrivo in ospedale in codice giallo, Francesca è rimasta ricoverata per una notte e non ha potuto lavorare per una settimana. "Al momento della paga non mi sono stati dati tutti i 600 euro pattuiti perché non avevo lavorato fino alla fine del mese. Mi ricordo che mi diedero 20 o 30 euro come ‘regalo' per l'infortunio che avevo subito, ma non l'intera paga. Questo comportamento mi fece rimanere male e nel 2016 andai in un ristorante in cui mi avrebbero dato 900 euro per le stesse ore".

"Il settore della ristorazione è molto più duro per i lavoratori in estate. In alcune zone del Sud quello è l'unico periodo in cui si lavora a pieno regime e quindi si cerca di mettere da parte quanto più possibile. Nei ristoranti in quelle settimane non esistono orari proprio perché un cliente, anche alle 23, porta denaro nelle casse dell'attività e nelle tasche dei dipendenti, o almeno si spera".

"Nella nuova struttura lavoravo per 30 euro al giorno, ma mi occupavo solo della cena. La mia amica invece ha continuato a lavorare tutto il giorno, guadagnando di fatto 15 euro al giorno per il doppio della fatica". Secondo Francesca, proprio lo sfruttamento perpetrato da alcuni nel settore della ristorazione ha disincentivato i ragazzi ad avvicinarsi ai contratti stagionali. "Adesso non lo farei mai per 500 euro. Io credo che le difficoltà dei ristoratori nel trovare personale siano dovute agli anni in cui sfruttamento e lavoro nero la facevano da padroni. Oggi i ragazzi vogliono più tutele e penso che sia giusto. Firmare un contratto è importante, chiunque può trovarsi a subire un incidente sul luogo di lavoro come è successo a me. Col senno di poi mi sono resa conto di aver davvero rischiato tantissimo: per riprendere completamente l'uso della mano mi è servito un anno, avevo perso oltre 2 litri di sangue. Non fu una passeggiata".

"Se tornassi indietro – ha continuato Francesca – chiederei maggiori garanzie, mi farei rispettare di più. All'epoca però ero una ragazzina e tante cose non erano così importanti. A me bastava mettere da parte denaro per i miei viaggi, ma oggi mi rendo conto che chi lavora ha la necessità di godere di una serie di tutele". "A volte ci si dimentica che i lavoratori sono persone e che paga e contratto fanno parte del riconoscimento della dignità di essere umano. So anche che in Calabria molte attività sono a conduzione familiare e che per tanti le tasse sono troppe, che spesso il lavoro in nero è più facile. Pagare secondo contratto il personale è davvero complicato, ma i datori di lavoro dovrebbero fermarsi prima, magari assumere meno persone per tutelarle meglio. L'ideale sarebbe avere finalmente l'intervento dello Stato, ma in sua assenza bisogna che i datori di lavoro facciano un passo indietro in difesa di chi manda avanti le loro attività".

La nostra redazione riceve testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Hai una storia simile da raccontare? Scrivici qui

37 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views