L’impronta sul sacco che conteneva il corpo di Liliana Resinovich non è la traccia di un guanto: cosa è emerso

L'impronta trovata sul sacco nero in cui erano infilate le gambe di Liliana Resinovich non sarebbe stata lasciata da una "mano guantata", come ipotizzato fino a oggi, ma apparterebbe alla trama dei jeans che indossava la 63enne, scomparsa nel dicembre 2021 e trovata morta dopo 21 giorni di ricerche nel boschetto dell'ex ospedale psichiatrico di Trieste.
A dirlo sono le analisi del Gabinetto interregionale del Triveneto di Polizia scientifica di Padova, al quale la Procura aveva affidato accertamenti su quell'impronta proseguendo le attività di indagine che il giudice per le indagini preliminari Luigi Dainotti aveva indicato nel 2023 rigettando la richiesta di archiviazione della Procura.
A dare notizia delle nuove evidenze è il quotidiano Il Piccolo. Al momento, l'unico indagato nel caso è il marito della donna, Sebastiano Visintin, accusato di omicidio.
Infatti, secondo le conclusioni della perizia di 235 pagine eseguita sul corpo di Liliana Resinovich, firmata dall’anatomopatologo forense Cristina Cattaneo e visionata da Fanpage.it, sarebbe totalmente da escludere il suicidio, ovvero l'ipotesi emersa in un primo momento.
La donna non sarebbe morta per una lenta asfissia da sacchetto, ma per “una asfissia meccanica esterna”, quindi strangolamento, che sarebbe avvenuto o subito dopo o contemporaneamente a un’aggressione, “lesività di natura contusiva”, ovvero, per esempio “afferramenti, urti, compressioni, pugni e graffi”.
Il gip Dainotti aveva chiesto venisse eseguito "un esame comparativo tra l'impronta ‘guantata' in trama di tessuto e i guanti utilizzati dagli operatori, onde accertare o escludere l'intervento di terzi sui sacchi che coprivano il cadavere".
E poi di comparare quell'impronta e il guanto sinistro rinvenuto a pochi metri dal cadavere. È stato quindi avviato un esperimento usando i jeans della vittima e tre campioni di sacchi delle immondizie simili a quelli in cui era infilato il cadavere.
Sono state replicate le condizioni ambientali e sono stati usati adesivi istantanei che hanno riprodotto "impronte a trama regolare simili e confrontabili con quella evidenziata sul sacco che ricopriva gli arti inferiori" di Liliana.
Quella del guanto resta al momento l'unica traccia trovata sui sacchi neri. E da quanto emerge dall'attività della Scientifica, neppure quella sarebbe attribuibile a terzi.
Anche le ulteriori verifiche fatte sulla GoPro che Visintin aveva installato sulla sua bicicletta e che ha ripreso il percorso fatto dall'uomo dalle 12.16 alle 13.33 del giorno della scomparsa della moglie, non hanno evidenziato novità.
Secondo il Centro operativo per la sicurezza cibernetica della polizia postale del Fvg, le coordinate Gps di inizio dei video, che di fatto costituiscono parte dell'alibi di Visintin, sono "in accordo con le immagini riprese dalla videocamera e gli orari dei file trovano riscontro con quanto dichiarato da Visintin e con quanto riportato dalla minuziosa ricostruzione effettuata dal personale della Squadra Mobile".
Bisognerà vedere se le nuove indagini peritali genetiche e dattiloscopiche sui reperti che prenderanno il via il prossimo 8 settembre evidenzieranno qualche cosa di diverso.