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Covid 19

Lettera di un’infermiera: “Così ho aiutato una mamma malata di Coronavirus a salutare i suoi figli”

La lettera di un’infermiera dell’ospedale San Luigi di Orbassano riportata dal sindaco di Volvera, Ivan Marusich. L’infermiera parla di una paziente positiva al coronavirus e dell’addio in videochiamata ai suoi quattro figli “mammoni”. E si chiude con uno sfogo: “A casa apri Facebook. Lamentele ovunque. A noi ci saranno state anche negate delle cose, ma almeno abbiamo ancora la dignità, un diritto che il Covid-19 ti toglie, senza poterti lamentare”.
A cura di Susanna Picone
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È una lettera lunga e drammatica quella che un’infermiera dell’ospedale San Luigi di Orbassano, in Piemonte, ha scritto al sindaco di Volvera (Torino), Ivan Marusich, affinché lui potesse diffondere  il suo racconto “di una giornata tipo”. È una lettera straziante che parla di una donna che poi è morta a causa delle complicazioni del coronavirus. Una donna con quattro figli morta, come tutte le altre vittime positive al Covid-19, da sola, senza i suoi familiari accanto. Ma che almeno, grazie a quell’infermiera, ha potuto vedere in videochiamata i suoi cari appena prima di spegnersi. Il sindaco Ivan Marusich ha riportato fedelmente sul suo profilo Facebook il racconto dell’infermiera “perché così come non si può interrompere una telefonata anche se lunga, non posso permettermi di tagliare questa storia”.

La lettera dell'infermiera che assiste i malati di coronavirus

Rivolgendosi al sindaco, l’infermiera spiega che non ha intenzione di descrivere numeri e statistiche o decreti e divieti dell’emergenza coronavirus. Ma di voler parlare dei pazienti positivi ricoverati in ospedale e del ruolo di operatori sanitari. Parla del coronavirus come di un “virus subdolo”. “Che bello essere chiamati angeli…ma chissà se poi lo siamo davvero”, si legge nella lettera. L’infermiera racconta che per lei e i suoi colleghi non esiste la quarantena, non esiste il divieto di uscire, è necessario lavorare e coprire i turni, non esiste riposo. “Entri dalla paziente, la conosci… la saluti. Ha un casco sulla testa, serve per respirare meglio… non ha molte speranze e il monitor al quale è collegata ne dà conferma. Ma la paziente è cosciente, lucida e orientata nel tempo e nello spazio… ma soprattutto sa che sta per morire. Lo sa, lo percepisce… lo sente. Parli un po’ con lei”. Quella donna non mangia da giorni, ma quella mattina chiede la colazione: ha un diabete non controllato e vuole due fette biscottate con la marmellata, l’infermiera gliele fa avere perché in quel momento non è sicuramente il diabete il suo peggior nemico. “Quello sguardo implorante ti uccide. Distogli ogni tanto gli occhi da lei per non morire dentro…”, scrive l’infermiera.

L'addio in videochiamata della mamma positiva al Covid-19 ai suoi figli

La paziente inizia a parlare dei suoi 4 figli, che sono stati sempre “mammoni”. “Un rapporto bellissimo, anche perché gli ho fatto da madre e da padre, visto che sono rimasta vedova da giovane… Non ho paura di morire, non vorrei solo soffrire. Ma un giorno, uno dei miei figli è venuto a trovarmi e non lo hanno più fatto entrare.. è stato obbligato, non una scelta. Non ho potuto vedere più i nipoti, le nuore…nessuno. Io qui, loro a casa. Non ho potuto dir loro quanto bene gli voglio…”. Li chiama al telefono, “ma non è la stessa cosa”. Nella sua lettera l’infermiera racconta che all’arrivo del medico squilla il telefono, è uno dei figli della paziente. Lei passa il telefono al medico, che descrive la grave situazione. “Alla signora viene detto che dovrà essere intubata presto e che non ha molto da vivere. Il figlio chiede di poterla vedere per un ultimo, breve saluto. Non è possibile… il Covid non decide su chi posarsi… si insinua su chiunque… Il medico esce dalla stanza… la signora piange disperata. Mentre è ancora al telefono con il figlio, il figlio piange con lei…”. È a quel punto che all’infermiera viene un’idea: al figlio chiede di radunare i fratelli il prima possibile e chiamare al suo numero. Permetterà loro di fare una videochiamata con la madre in fin di vita. Passa un’ora e loro chiamano: “Tutti e quattro i figli lì… la paziente non se lo aspettava ed è felice come una Pasqua…..e tu con lei. Si parlano un bel po’… si raccontano, si dicono ti amo… lei desatura spesso perché si sta affaticando… ma sai il destino nefasto, non te la senti di chiedere di chiudere. Già una volta sono stati obbligati a tagliare, ora vuoi che la decisione sia la loro…”. Mamma e figli parlano per circa mezz’ora, si salutano, "lei aveva resistito solo per loro, per vederli, per salutarli. Hai il cuore in mille pezzi”. “Ti prende la mano, ti dice grazie, veglierò su di te, per quello che hai fatto. E fai fatica a non piangere”, scrive l’infermiera al sindaco. Poco dopo la paziente muore. Quando arriva l’agenzia di pompe funebri c’è solo un figlio, a debita distanza, che aveva visto per l’ultima volta sua madre grazie a quella videochiamata. “Se fino ad ora non avevi pianto, ora non ce la fai…”.

L'infermiera: "Su Facebook lamentele ovunque, ma è il Covid che ti toglie la dignità"

La lettera dell’infermiera si chiude con una riflessione su chi è a casa e deve solo rispettare le regole per contenere i contagi: “A casa apri Facebook. Lamentele ovunque. Vi hanno negato la libertà, il bimbo non può andare più al parco, il cane passeggia troppo in là da casa, non si trova più lievito… Quanta ignoranza…quanti pochi problemi ha la gente… ma su una cosa ancora siamo fortunati: a noi ci saranno state anche negate delle cose, dovremmo anche fare sacrifici… ma almeno noi abbiamo ancora la dignità, un diritto che il Covid-19 ti toglie, senza poterti lamentare”.

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