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Famiglia che vive nel bosco

Le foto in lavanderia e in gelateria: così la difesa vuole dimostrare che i bimbi nel bosco sono integrati

La difesa di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion deposita foto e relazioni per dimostrare che i loro tre bambini, oggi in struttura, erano integrati: giochi nei centri commerciali, spesa al supermercato, gelati con cucchiaini di plastica. Elementi che puntano a smentire l’isolamento contestato dai giudici.
A cura di Biagio Chiariello
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immagine di archivio
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La vicenda della famiglia nel bosco in Abruzzo continua a scuotere l’opinione pubblica e a sollevare dubbi sull’equilibrio tra protezione dei minori e rispetto della vita familiare. La difesa di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion, genitori anglo-australiani dei tre bambini oggi collocati in una struttura protetta di Vasto, ha presentato al Tribunale per i minorenni dell’Aquila una documentazione fotografica e relazioni che puntano a ribaltare la narrazione corrente. L’obiettivo è dimostrare che i figli – una bambina di otto anni e due gemelli di sei – hanno vissuto una vita non solo conforme ai principi dei neorurali, ma anche immersa in esperienze quotidiane e relazioni sociali normali.

Le foto allegate al ricorso raccontano scene di vita ordinaria: i bambini che si divertono sulle automobiline di plastica di un centro commerciale, che scherzano tra gli scaffali di un supermercato, o che scivolano in un parco giochi. Un’immagine in particolare, pubblicata dal quotidiano Il Centro, mostra i tre che mangiano un gelato con cucchiaini di plastica, contraddicendo l’accusa di una presunta avversione della madre verso oggetti moderni e quotidiani. La difesa sottolinea che anche il rifiuto della primogenita di farsi inserire un sondino naso-gastrico in ospedale nel 2024 era legato alla paura naturale di un’esperienza medica, non a ostilità ideologica.

Secondo gli avvocati Marco Femminella e Danila Solinas, le fotografie dimostrano che i bambini hanno partecipato a gite, momenti di socialità e attività ordinarie, sfatando la percezione di isolamento. "Le immagini e le relazioni allegate evidenziano la normalità della loro vita, le interazioni con altri bambini e la partecipazione a esperienze comuni", spiegano i legali, impegnati a ribadire il diritto della coppia al ricongiungimento. La responsabilità genitoriale è infatti sospesa e i provvedimenti del tribunale rischiano di avere effetti traumatici sui minori.

La madre, 45enne australiana, è al centro delle critiche del Tribunale: viene descritta come rigida e poco collaborativa con le assistenti sociali, anche all’interno della casa famiglia. Catherine respinge alcune accuse: "Non è vero che sveglio i miei figli alle sei. Controllo se sono svegli, preparo il porridge e vado da loro solo quando si alzano", ha dichiarato a un conoscente. La donna segnala invece come i bambini soffrano di ansia, disturbi del sonno e piccoli gesti autolesionistici, tra cui graffi e afta in bocca.

I legali hanno nominato una squadra multidisciplinare di esperti – sociologo, neuropsichiatra infantile, psicologa, pediatra – per armonizzare le disposizioni del Tribunale con i principi della famiglia Trevallion e prepararsi ai test psicologici richiesti. Lo psichiatra Tonino Cantelmi, consulente della difesa, avrà 120 giorni per completare la controperizia psichica sui minori, mentre la psicologa Martina Aiello seguirà gli aspetti emotivi e comportamentali dei bambini.

In questo momento l’istruzione dei tre rappresenta una delle urgenze: la scuola elementare pubblica non accetta iscrizioni a gennaio, quindi inizialmente una docente dell’Istituto comprensivo di Palmoli raggiungerà i bambini nella casa famiglia per avviare la scolarizzazione. In alternativa, la scuola cattolica paritaria bilingue Madonna dell’Asilo di Vasto si è offerta di accoglierli gratuitamente, assicurando un inserimento graduale e meno traumatico.

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