La storia di Vida: “Sono ricorsa alla chirurgia dopo aver visto il naso rifatto con un filtro”

"Niente filtro? Nemmeno per allungarmi?" chiede Vida, ridendo, prima di iniziare l'intervista. Fanpage.it la incontra nello studio estetico in cui si è sottoposta a una rinoplastica un anno fa, dopo aver visto il suo naso modificato da un filtro di bellezza su Instagram. La sua esperienza è un esempio di come il modo in cui usiamo i social possa influenzare la percezione che abbiamo della nostra immagine, tanto da volerla stravolgere.
Questo fenomeno si chiama selfie dysmorphia e consiste nella tendenza a "vedersi bene solo vista e modificata così". Nello specchio della sua stanza, racconta Vida, "ho scritto: sii buona con te stessa". I suoi occhi sorridenti diventano lucidi quando, alla domanda "tu pensi di essere buona con te stessa?", risponde: "zero, è questo che mi dispiace".
Come i filtri possono cambiare la percezione del proprio corpo
"Io sono ricorsa alla chirurgia perché mi sono resa conto che stavo da Dio con un naso più piccolo dopo che me lo sono rivista rifatto da un filtro", dice Vida a Fanpage.it. Ha 35 anni, un sorriso contagioso e dei grandi occhi neri. Nonostante abbia convissuto con il suo naso fino a 34 anni – "era sì un disagio, ma sopportabile" –, nel 2024 ha deciso di ricorrere a un intervento chirurgico per averlo più piccolo, ma ancora oggi continua a modificarlo in tutte le foto "e nessun chirurgo su questo riuscirà mai a rassicurarmi".

Quando Fanpage.it le chiede quando è stata l'ultima volta che si è vista davanti a una telecamera senza un filtro, sorride: "La prima foto vecchia senza modifiche che ho sul telefono risale al 2017 e siamo al 2025, ma sono sicura di non essere l'unica".
Nonostante a gennaio di quest'anno Meta abbia annunciato la rimozione dei filtri in realtà aumentata da Instagram, "lo apri e sono tutte perfette, addominali scolpiti, non hanno un capello fuori posto". Ci si modifica "non per mancanza di carattere, ma per essere competitive. Se si può correggere qualcosa, perché no?".
La generazione di Vida è nata senza filtri, quindi il modo in cui lei vive il rapporto con la sua immagine digitale è cambiato nel tempo. Oggi per lei è impensabile vedersi davanti a una telecamera senza un filtro: "penso che ci sia sotto qualcosa di più profondo", spiega. Disagio nell'accettare anche le piccole imperfezioni, paura del giudizio degli altri: "Perché dovrei sbattere la mia immagine in primo piano per poi essere massacrata, se tanto sono tutte filtrate?".

Dal 2017 paga circa 10 euro al mese di app:"Sono i meglio spesi", dice ridendo. Cerca nella sua galleria l'unica foto non modificata risalente al 2017 e mi fa vedere come si svolge il processo. Apre la prima app: capelli, "volume"; naso, "rimpicciolisci". Poi ne apre un'altra: "Sbiancante denti", aumenta e abbassa la percentuale per ottenere un risultato soddisfacente, ma realistico. E poi l'ultima che "ti allunga e restringe i fianchi… Dove non ci arriviamo noi, arrivano le app".
La prima cosa che si nota nel confronto tra le due foto – quella naturale e quella modificata – è che, senza saperlo, sarebbe davvero difficile capire che in una delle due sono stati applicati così tanti filtri. Forse è proprio il fatto che siano così realistici che confonde e fa sembrare possibili quelle "modifiche" anche sul proprio corpo reale.
I rischi della chirurgia a portata di selfie
Vida ha già fatto una liposuzione e una rinoplastica: "Dopo gli interventi ti aspetti di essere Kendall Jenner, ma non è così".
Come spiega a Fanpage.it Jonela Leskaj, la Cosmetic Surgery Advisor che ha seguito Vida nel percorso chirurgico intrapreso presso lo studio del Dott. Renato Zaccheddu,"una parte del lavoro è spiegare che il risultato non è come si vede nell'app". Il suo lavoro consiste proprio nell'accompagnamento dei pazienti "prima, durante e dopo l'intervento".

Come molte altre pazienti, Vida è arrivata da loro un anno fa ,con la foto modificata dai filtri, dicendo: "voglio il naso così". Il dottore le ha risposto che "avrebbe potuto continuare a usare i filtri, perché non era fattibile per la fisionomia del suo volto". Da quando esistono i filtri e le app diverse pazienti – principalmente donne – arrivano con un "prima e dopo" creato con questi strumenti, ma spesso sono modifiche irrealistiche. "Prima il paziente arrivava chiedendo al dottore di suggerire la soluzione migliore, adesso arrivano già con un'idea chiara ed è difficile fargli capire che quell'idea non sempre si può ottenere", specialmente quando si tratta della fascia più giovanile, quella che va dai 18 ai 24 anni.
Durante il primo colloquio viene valutata anche la consapevolezza di quella scelta, "perché comunque è un intervento e bisogna volerlo davvero".

Purtroppo, però, non sempre viene fatta con attenzione la consulenza iniziale e alcuni chirurghi accetterebbero di accontentare le richieste irrealistiche delle pazienti – talvolta sottoponendole anche a interventi invasivi e rischiosi – per mero profitto. È successo anche a Vida che, dopo aver fatto la consulenza con Jonela e aver ricevuto una risposta contraria alle sue richieste, si è recata in un altro studio medico. Quando ha fatto vedere la foto modificata al secondo chirurgo lui le avrebbe detto "Ti facciamo il naso che vuoi, anzi, perché non lo hai rifatto prima?". Questa cosa l'ha destabilizzata: "Avevo 34 anni, tu mi avresti martellato il naso, me lo avresti tutto rifatto, ma se fosse arrivata una ragazzina di 17 anni?". Dopo questa riflessione ha deciso di tornare dal Dottor Zaccheddu perché, "consapevole che non mi avrebbe fatto il naso alla francese che io volevo", avrebbe rispettato lei e la fisionomia del suo volto.
Cos'è la selfie dysmorphia
Per capire cosa si intende con l'espressione dismorfofobia digitale, conosciuta anche come selfie dysmorphia, Fanpage.it ha contattato la Dottoressa Alessia Santoro, psicologa e psicoterapeuta esperta nella cura di questi disturbi.

"La selfie dysmorphia viene definita come una condizione di dismorfofobia, che significa accentuazione di un difetto fisico del viso o del corpo, vedendolo in modo esagerato rispetto a quello che invece è", spiega. Il risultato è una percezione distorta della propria immagine, con ricadute anche sul piano sociale.
Con il termine "digitale", invece, si fa riferimento a un tipo dismorfofobia influenzata proprio dai social media. "Sui social c'è questo bombardamento di selfie e di immagini personali che devono avere una presentazione il più possibile ideale e perfetta" e questo porta a fare confronti continui tra se stessi e i modelli che si osservano, specialmente per quanto riguarda i giovanissimi. I canoni di bellezza sui social "sicuramente sono imposti, perché si tende a esporre soprattutto alcuni modelli che vengono valorizzati e sostenuti" e questo direziona la persona che li guarda a seguirli e tentare di emularli.

Nell'incontro con gli altri, però, si diventa "corpi reali che hanno a che fare con altri corpi reali. Lo sguardo che si ottiene al momento dell'incontro può essere determinante o per sentirsi ancora approvati – come lo si era nel momento della pubblicazione sui propri profili social di una foto ritoccata e perfetta –, o per leggere delusione e stupore in quello sguardo, scoprendo che non si è identici a quello che si era mostrato in foto, mediato dai filtri".
Questo impatto con la realtà in molti casi spesso porta alla scelta di ricorrere a chirurgia o ritocchi estetici per assomigliare il più possibile all'immagine di sé costruita online. "Tanto più questi interventi chirurgici sono fatti in età precoce, spiega ancora la dottoressa, tanto meno possiamo pensare che ci sia consapevolezza, perché ancora il corpo non è formato e non è formata nemmeno la sicurezza interna per poter essere quello che si è".
Come dimostrano le diverse storie simili a quelle di Vida, però, ricorrere alla chirurgia per assomigliare alle immagini filtrate non riguarda solo i giovanissimi, "perché la consapevolezza e l'accettazione del proprio corpo vanno coltivati anche in età adulta".
Eliminare i filtri in modo drastico può non essere risolutivo: "È come una dipendenza, quindi serve che ci sia accanto un professionista che permetta alla persona di accorgersi che è anche altro oltre il corpo".