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La storia di Luca Delfino, il “killer delle fidanzate”: perché può uscire dal carcere e cos’è una Rems

La storia di Luca Delfino, il cosiddetto “killer delle fidanzate”: dopo il carcere, va nella Rems Villa Caterina di Pra, dove dovrà curare il suo grave disturbo di personalità.
A cura di Anna Vagli
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Luca Delfino è per tutti il "killer delle fidanzate". In realtà, però, per la legge italiana ne ha uccisa solamente una. Maria Antonella Multari, massacrata a colpi di coltello il 10 agosto 2007. Quarantasei le coltellate inflitte.

Antonella era la fidanzata di Luca. Ma lo era stata anche Luciana Biggi un anno prima. Ritrovata con la gola squarciata nella notte tra il 28 e il 29 aprile 2006. Per l’omicidio di Luciana, però, Delfino è stato assolto.

Per la giustizia italiana, il killer genovese ha estinto il suo debito, almeno per quel che concerne gli anni da scontare in cella. Difatti, viene trasferito presso la Rems villa Caterina a Prà, dove l’uomo dovrà passare sei anni e mezzo per riabilitarsi.

Chi è Luca Delfino

Luca Delfino è originario della città di Genova, dove è nato nel 1977. Dopo due mesi dalla sua nascita, in conseguenza a un aggravamento della sindrome depressiva di cui era affetta, la madre si è tolta la vita.

Il padre, dal canto suo, si è immediatamente rifatto una famiglia. E proprio la nascita del fratello potrebbe aver compromesso per sempre il delicato equilibrio psicologico di Delfino.

Quest'ultimo se n'è andato di casa poco dopo e ha iniziato a vivere per strada come un barbone. Una vita, quella da clochard, che lo ha definitivamente fatto chiudere in se stesso. E diventare introverso, schivo, dedito all'alcool e sempre più violento.

L’incontro con Luciana Biggi

Luca Delfino ha 29 anni quando incontra Luciana in un pub. Era il 6 gennaio del 2006 e due uomini ubriachi la stavano molestando. Luca approfitta della situazione per aiutare la giovane in evidente difficoltà. Così, dopo averla sottratta da quelle attenzioni malevoli, Delfino inizia a ballare con Luciana e finisce la serata a casa sua.

Una casa dalla quale non uscirà mai più, nonostante le resistenze di Bruna, la sorella di Biggi. Che di anni ne aveva 36.

Luciana Biggi
Luciana Biggi

Le due giovani sorelle avevano perso i genitori in tenera età e il loro fratello maggiore era morto di overdose. Non ci vorrà molto prima che Delfino inizi a mostrare la sua gelosia patologica nei confronti della compagna. Le vieta le uscite e inizia a farle problemi persino quando deve andare nella palestra Dolceacqua, dove Luciana lavora come istruttrice di aerobica.

Sfinita dagli atteggiamenti di Delfino, quindi, dopo mesi di privazioni, quest’ultima decide di lasciarlo. Una decisione inaccettabile per una personalità come quella di Luca Delfino. Che inizia non solo a renderle la vita impossibile attraverso messaggi e chiamate, ma persino a pedinarla e minacciarla.

La sera del 28 aprile 2006 le telecamere riprendono prima i due ex fidanzati discutere animatamente in centro e poi li ritraggono allontanarsi insieme. Proprio quella notte, però, il corpo esanime di Luciana viene ritrovato in un vicolo di Genova.

Luciana aveva la gola tagliata, i jeans abbassati, la felpa sollevata e due tagli sulle braccia. L'arma del delitto, probabilmente un coccio di bottiglia, non è mai stata trovata. Gli inquirenti ben presto risalgono a Luca Delfino grazie ai racconti della sorella Bruna.

Perquisiscono la casa del giovane, ma non trovano un granché. Scoprono però che la notte tra il 28 e il 29 aprile aveva azionato la lavatrice per lavare i suoi vestiti e le scarpe.

La Procura lo iscrive nel registro degli indagati e Delfino viene perseguito con l’accusa di omicidio volontario. Ma sono solo indizi, non ritenuti sufficienti per incastrarlo. Così, nel processo a suo carico apertosi solo nel 2010, verrà assolto con formula piena. Vale a dire "per non aver commesso il fatto".

Nel 2019, però, c’è stato un ulteriore colpo di scena nella vicenda. Un ex detenuto ha riferito che Delfino gli avrebbe confidato di essere lui l’assassino anche di Luciana Biggi.

Come mai, allora, non si è proceduto nuovamente contro l’uomo? La risposta è nel nostro ordinamento giudiziario. Dove vige il principio del "ne bis in idem", che significa "non due volte per lo stesso fatto". Un principio che si ricava dall’art. 649 del codice di procedura penale che stabilisce il divieto di un nuovo giudizio per chi è stato assolto o condannato in via definitiva per lo stesso reato, anche nell'ipotesi in cui venisse considerato diversamente.

Nel caso di specie, dunque, Luca Delfino non potrà mai essere nuovamente processato per l'omicidio di Luciana Biggi. L'ex compagno di cella del killer genovese avrebbe altresì raccontato di aver ricevuto una ulteriore confidenza.

Delfino gli avrebbe rivelato di aver ucciso anche un detenuto, la cui morte è stata archiviata come suicidio. Un fatto che, se accertato, potrebbe, oltre a comportare un altro percorso del genovese dietro le sbarre, anche un'ulteriore valutazione della relativa pericolosità sociale.

Il femminicidio di Maria Antonella Multari

Antonella Multari
Antonella Multari

Delfino conosce Antonella due mesi dopo la morte di Luciana. Antonella, che di anni ne ha 33 e di professione fa l’impiegata, è totalmente all'oscuro del passato dell'uomo. Presto, però, anche lei dovrà fare i conti con la stessa personalità iper controllante e distruttiva.

Dopo l'idillio iniziale anche Antonella diventa oggetto dell'ossessione del fidanzato. Portata all'esasperazione, dopo qualche mese, decide di lasciarlo e la situazione precipita irrimediabilmente. Informata dai genitori che Luca era stato indagato per la morte della ex Luciana, Antonella teme per la sua incolumità e lo querela. All’epoca, però, ancora non esisteva il reato di stalking. Quindi, la contestazione è solo per molestie.

Delfino però non si arrende. Passano mesi, e lui continua a inseguirla con ogni mezzo a disposizione. Fino al 28 aprile 2007 quando le invia un messaggio dal contenuto tanto inquietante, quanto purtroppo, profetico.

Ricordati che giorno è oggi”. Il riferimento era, chiaramente, all’omicidio di Luciana. Antonella non collega le due cose. Così, il 10 agosto 2007 a bordo di uno scooter rubato, fredda a colpi di coltello l’ex compagna mentre esce da un centro estetico. A niente varrà il suo tentativo di fuga.

Il processo a carico di Luca Delfino

Il capo di imputazione contestato a Luca Delfino è stato fin da subito quello di omicidio volontario premeditato. La difesa dell’uomo, però, aveva richiesto non solo la possibilità di beneficiare del rito abbreviato, all’epoca ancora applicabile a questo tipo di reato, ma anche la sottoposizione a perizia psichiatrica. Il tribunale di Sanremo ha accolto entrambe le richieste.

La condanna di Luca Delfino e la seminfermità

Nonostante la Procura avesse richiesto l’ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dunque, Luca Delfino è stato condannato a 16 anni e otto mesi di carcere. Sia perché aveva scelto di essere giudicato con il rito abbreviato sia per la diminuzione di pena dovuta al riconoscimento del vizio parziale di mente.

Pertanto, come da disciplina legislativa, la semi infermità, ha imposto – sempre all’epoca dei fatti – una valutazione della pericolosità sociale del killer genovese. Valutata dal perito del giudice, il dottor Murgia, come di lunghissima durata. Con pochi margini di miglioramento e dunque difficilmente di guarigione.

La personalità disturbata di Luca Delfino

Nel dettaglio, durante i lavori peritali, il dottor Murgia ha diagnosticato a Luca Delfino un grave disturbo della personalità con tratti borderline, narcisistici, paranoidei antisociali e sadici. Tratti connotati da stabilità e cronicità.

Luca Delfino, dunque, ha dimostrato di essere un soggetto iper controllante, totalmente incapace di gestire la rabbia, la frustrazione e soprattutto l’abbandono. Un uomo che per definizione necessita di dominare e soggiogare tutte le donne che intrecciano il suo cammino e che identifica la gelosia con il possesso.

In forza della sua alta pericolosità, era stata decisa in sede di condanna l’applicazione di una misura di sicurezza. Nello specifico, il trasferimento – una volta espiata la pena – in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Ciò perché le problematiche psichiatriche di Delfino, che in carcere non ha fatto un percorso terapico, è fisiologico che non siano sparite.

Ed è proprio questo a giustificare il ricovero in una Rems. Dove sarà seguito da un’equipe di medici e psichiatrici che lo guideranno nel cammino della riabilitazione. Una riabilitazione che, per i disturbi stabili e cronici diagnosticatogli, sarà lunga e complessa. Questo è il motivo per cui, secondo la normativa, al termine dei sei anni e mezzo, ci sarà una nuova valutazione relativa alla pericolosità sociale di Delfino.

Che cosa sono le Rems

Con la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, avvenuta il 31 marzo 2015, sono state introdotte le Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Le Rems sono strutture dove vengono accolti soggetti che hanno commesso un reato, ma che siano stati valutati affetti da un vizio totale o parziale di mente o ritenuti socialmente pericolosi secondo l'articolo 133 del codice penale. Chiaramente, l’obiettivo è quello di riabilitare questi ultimi attraverso progetti personalizzati e superare il vecchio modello dei manicomi.

Il focus delle attività interne alle R.E.M.S. è la salute dei pazienti. Per questo ogni persona che si trova al suo interno sarà seguito in un percorso terapico che la conduca quanto più possibile alla guarigione.

Esiste davvero il rischio, come temono gli abitanti di Prà, che Delfino evada? Un’ipotesi abbastanza improbabile. Difatti, pur avendo il killer genovese dimostrato di avere caratteristiche di personalità pericolose, la legge prevede espressamente un’attività di vigilanza esterna nei casi in cui i soggetti ospitati lo rendano necessario.

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