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Covid 19

La bidella Katya muore per Covid a 53 anni, denunciata la scuola: “Contagio si poteva evitare”

È stata aperta una inchiesta per omicidio colposo dopo la denuncia alla procura di Spoleto dei familiari di Katya Zengarini, 53enne collaboratrice della scuola dell’Infanzia “Mameli-Magnini” di Pontenuovo di Deruta, morta per Covid a 53 anni. Secondo i familiari della donna, si sarebbe verificato da parte di preside e istituto il mancato rispetto dei protocolli ministeriali che avrebbero favorito il contagio della vittima.
A cura di Ida Artiaco
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È stata aperta un'inchiesta per omicidio colposo in seguito alla morte per Covid di una donna di 53 anni, Katya Zengarini, collaboratrice di una scuola di Perugia. Il decesso si è verificato il 4 maggio scorso, dopo che era stata ricoverata per circa un mese in seguito alla scoperta della positività al virus e all'aggravarsi delle sue condizioni. La famiglia ha deciso di denunciare alla Procura di Spoleto la preside dell'istituto dove lavorava, la scuola dell’Infanzia "Mameli-Magnini" di Pontenuovo di Deruta per il mancato rispetto dei protocolli ministeriali che avrebbero favorito il contagio di Katya. Ma facciamo un passo indietro. Come riferisce il quotidiano La Nazione, tutto è cominciato lo scorso 22 marzo quando un'insegnante della scuola, della sezione B, scopre di essere stata infettata.

Secondo le denuncia della famiglia di Katya, come riporta l’esposto, depositato dall’avvocato Giuseppe Caforio, legale del familiare, la preside allora prende un provvedimento di chiusura solo nei confronti della sezione B in cui è era verificato il caso, ma niente viene fatto per proteggere il personale Ata, tra cui la bidella Katya Zengarini che insieme ad un collega continua a lavorare sanificando anche le aule in cui aveva operato l’insegnante contagiata non venendo considerati "contatti". Ma secondo il protocollo ministeriale, la preside avrebbe dovuto tutelare le operazioni delle bidelle programmando la quarantena del personale. Due giorni dopo, il 24 marzo, la collaboratrice comincia a manifestare i primi sintomi dell'infezione anche se, sottoposta a test rapido, l'esito è negativo e Katya continua a lavorare. Ma dopo altri tre giorni, si è sottoposta ad un ulteriore test che questa volta dà esito positivo. È il 26 marzo: il giorno dopo arriva la conferma dal tampone molecolare e per Katia inizia la quarantena e il calviario del virus. La preside decide di chiudere anche altre sezioni della scuola, ma vengono registrati altri contagi: ormai è troppo tardi. Intanto, il due aprile, Katya viene ricoverata all’ospedale Silvestrini in condizioni che appaiono subito critiche fino al decesso verificatosi il 4 maggio.

Nell’esposto la difesa qualifica il caso come infortunio sul lavoro, come sancito anche dal Cura Italia e dalle stesse circolari Inail e imputa al datore di lavoro – la dirigente scolastica e lo stesso Ministero – la responsabilità perché "contravvenendo agli obblighi di tutela del lavoratore ha violato le disposizioni della normativa emergenziale nonchè i protocolli di intesa elaborati dalle istituzioni governative per la ripresa delle attività scolastiche e le misure da adottare nel caso di positività di un soggetto al virus Covid-19". La famiglia ritiene che la morte di Katya sia causata da negligenza e intempestività nella condotta della scuola e che quindi poteva essere evitata.

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