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Emergenza lavoro

“Io, 50enne, vi racconto la mia vita di clausura: in questo Paese non devi avere nessuna ambizione”

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una donna di 50 che ci racconta delle sue scelte da ragazza, quando ha deciso di non continuare gli studi, della figlia avuta a 24 anni e della continua ricerca di un lavoro: “Indietro è rimasta tanta gente, io e tutti gli invisibili che in silenzio hanno rispettato le regole sebbene queste ci facevano scivolare un po’ di più nella povertà”.
A cura di Redazione
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Fanpage.it riceve e pubblica la lettera di una donna di 50 che, scrive, appartiene alla cosiddetta categoria degli "occupabili". Ci racconta delle sue scelte da ragazza, quando ha deciso di andare a lavorare e non continuare gli studi, della figlia avuta a 24 anni e della separazione col padre della bambina.

E ci parla della continua ricerca di un lavoro, della difficoltà di conciliare lavoro e famiglia e di conseguenza della sua vita in "clausura". "I soli lavori a cui si può ambire alla mia età sono colf, baby-sitter e badanti. Lavori che, oltre a mantenerti nella povertà, ti obbligano, per la loro peculiarità, a restare ai margini della socialità", scrive ancora spiegando che, se nulla cambierà, si sentirà costretta a chiedere il reddito di cittadinanza anche se "credo fermamente che uno stato assistenzialista non vada da nessuna parte".

"Sono un'occupabile, che mi trovino qualcuno che mi occupi: che mi trovino un'azienda che non mi percepisca vecchia, inutile e rimbambita bensì una risorsa. Umana".

La lettera a Fanpage.it

Ho 50 anni e appartengo alla cosiddetta categoria degli occupabili. Mi sono diplomata nel 1991 con un misero 38/60 e, pertanto, ho deciso di non frequentare l'università preferendo mettermi subito in gioco. Le ultime parole famose scritte dalla scrivania su cui facevo i compiti quando ero bambina…

Licenziata al termine del contratto di formazione lavoro, e dopo aver lasciato il posto da commessa in un negozio per la paura di essere multata per aver accettato di lavorare in nero, mi sposo.

A 24 anni partorisco mia figlia, a 25 mi separo e con la mia piccola torno a vivere coi miei. A 26 anni al primo colloquio in un negozio faccio il terribile errore di chiedere come sono strutturati i turni per sapermi regolare per la bambina, va da sé che mi tiro la zappa sui piedi e non sarò richiamata (queste donne che vorrebbero conciliare lavoro e famiglia sono davvero insopportabili tant'è che ho messo in guardia la mia: non ti azzardare a fare il mio errore, sii felice e goditi la vita).

Poco dopo ricevo un'altra offerta come commessa ma quando rispondo che ho ben 27 anni vengo rifiutata. "Troppo vecchia" (immagino per il contratto da apprendista con cui gli imprenditori possono usufruire degli sgravi fiscali). 

A 30 anni subentro a mia madre nella gestione della contabilità della ditta individuale: è mio padre, mantiene me e mia figlia, posso pretendere uno stipendio? No, però, col senno di poi, avrei dovuto insistere affinché mi mettesse in regola coi contributi, cosa che non ho fatto sperando sempre di ricevere un'offerta dalle aziende a cui inviavo curricula.

Nel 2015 mio padre va in pensione, io ho 43 anni e per non restare con le mani in mano, vado a fare le pulizie. Dodici ore a settimana, 400€ al mese, il cosiddetto lavoro povero: niente vacanze, niente uscite, pizza, cinema, teatro, musei: ricordate i due mesi chiusi in casa per il lockdown? Ecco, quella clausura insopportabile io la vivevo già da decenni e continuo a viverla tuttora. 

Ricordate il premier che diceva che nessuno sarebbe rimasto indietro? Indietro ne è rimasta di gente e tanta; io e tutti gli invisibili che in silenzio hanno rispettato le regole sebbene queste ci facevano scivolare un po' di più nella povertà.

In silenzio, ho accettato che le 12 ore scendessero a 8, con un conseguente adeguamento salariale. Dall'estate prossima perderò anche questa esigua entrata e, quindi, animata dal più puro pessimismo, da un mese ho ricominciato a inviare curricula perché di lavoro ce n’è, solo che non c'è per me (e per tutte/i quelle/i come me), ovvero gli over 35. 

E questo mi stupisce visto che tra le proposte ci sono le agevolazioni per chi assume gli under 36, lasciando intendere che sia la fascia d'età più a rischio disoccupazione. Da madre di una 25enne ne sono felice ma anche noi abbiamo le bollette da pagare. Io sono d'accordo che ci sono lavori che richiedono figure professionali con caratteristiche specifiche ma in alcuni casi mi viene da pensare che si attui sistematicamente una mera discriminazione in base all'età (e, a volte, anche in base al titolo di studio) anche laddove l'età e il titolo di studio non caratterizzino la mansione richiesta. 

Ho inviato il curriculum a un centro diagnostico che ricerca un addetto al CUP; requisiti: 25/35 anni, possibilmente laureata. Per prendere in mano la cornetta di un telefono, occorre la laurea? È stato il mio primo lavoro e, sebbene non avessi la laurea, l'ho fatto bene, sin dal primo giorno; e senza essere ragioniera, emettevo fatture e compilavo la prima nota di cassa (e, per inciso, non abbiamo mai ricevuta una cartella esattoriale, il che significa, che lo sapevo fare bene). 

Il problema è anche nella PA: nel 2019 era uscito il bando per contratti a tempo determinato come portalettere. Tra i requisiti il voto del diploma: 70/100. Che calcolato in sessantesimi fa 42; il che significa che, sebbene sappia fare le proporzioni, sono un'incompetente e, dato il voto basso, pure ignorante sebbene, quando venne fuori il bando, stessi leggendo "Fiesta!" di Hemingway in lingua originale. E poi l'età: cioè, sono idonea, a 50 anni, a stare chinata a terra a pulire per ore ma non lo sono più per stare seduta ad una scrivania? Ho inviato il curriculum lo stesso, facendo notare la mia esperienza ma non ho ricevuto alcun riscontro.

O la preferenza per i neo-laureati nel settore del petfood. Se il posto è per un responsabile di negozio ha senso, ma tutti gli altri? Cioè, per vendere crocchette e lettiere, è preferita una laurea (oltre al fatto di essere giovane) all'eventuale esperienza con un animale? Dato che non ho ricevuto neppure una mail di "grazie ma no", direi di si. Ero disposta a fare l'apprendista, con contratto a tempo determinato ma non basta avere poche ambizioni in questo Paese. Non devi averne nessuna.

I soli lavori a cui si può ambire alla mia età sono colf, baby-sitter e badanti. Lavori che, oltre a mantenerti nella povertà, ti obbligano, per la loro peculiarità, a restare ai margini della socialità: da una casa esci per entrare in un'altra, senza incontrare nessuno, senza possibilità di interagire con persone della stessa età con cui confrontarsi e crescere; o più giovani (che, però, abbiano tolto il pannolino da un paio di decenni) che stimolino la curiosità e la sana competizione che porta le persone a migliorarsi, a raggiungere nuovi obiettivi perché io (e non solo io) sono una persona con una gran volontà di imparare proprio perché consapevole dei miei limiti; attiva, mentalmente e fisicamente. 

Per dire, nel periodo dell'isolamento, mi sono appassionata di lievitati e mi sono applicata tanto che faccio dei croissants e brioches buonissimi. Per non dire della pasta fresca o della piadina che preparo da buona azdora romagnola. Interessa a qualcuno? No: un'azienda emiliana che ha da poco aperto un punto vendita mi ha totalmente ignorata perché se c'è un minimo di competenza anche se data unicamente dall'esperienza quotidiana, la si ignora: il capitale umano, vero valore aggiunto di un'azienda, non è più, da decenni, la priorità del mondo imprenditoriale di questo paese: si pensa unicamente all'utile, soprattutto quello facile, raggiunto non tanto dalla produttività e competenza bensì dagli sgravi fiscali, incentivi, bonus. 

Il risultato di questo "sistema paese", se nulla cambierà nelle prossime settimane, sarà che io, da sempre contraria al reddito di cittadinanza perché credo fermamente che uno stato assistenzialista non vada da nessuna parte, farò richiesta del reddito.

Sono "un'occupabile", che mi trovino qualcuno che mi occupi: che mi trovino un'azienda che non mi percepisca vecchia, inutile e rimbambita bensì una risorsa. Umana.

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