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Infanzia, per i pediatri un bambino calabrese vive due anni in meno di uno veneto

Secondo uno studio condotto dall’Associazione Culturale Pediatri la probabilità di non sopravvivere nei primi giorni di vita di un neonato calabrese è quasi doppia rispetto a quella di un suo coetaneo nato a Treviso. Non solo: dopo essere nato e sopravvissuto alla prima settimana di vita, quest’ultimo ha una prospettiva complessiva di vivere due anni in più rispetto a uno calabrese..
A cura di Davide Falcioni
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Calabria e Veneto sono regioni italiane che non hanno molto in comune, a parte il numero di nati ogni anno in proporzione alla popolazione residente. Ebbene, secondo uno studio condotto dall'Associazione Culturale Pediatri la probabilità di non sopravvivere nei primi giorni di vita di un neonato di Reggio Calabria è quasi doppia rispetto a quella di un suo coetaneo nato a Treviso. Non solo: dopo essere nato e sopravvissuto alla prima settimana di vita, quest'ultimo ha una prospettiva complessiva di vivere due anni in più rispetto a uno calabrese.

A denunciare il gap tra le due regioni italiane è stata per l'appunto l'Associazione culturale pediatri (Acp), in occasione del XXXI Congresso nazionale in corso a Matera. ‘Distanze' che "nel corso della crescita si mantengono. Il bambino che vive in Calabria deve affrontare maggiori difficoltà: per esempio, andare all'asilo nido (un posto in Calabria rispetto ai nove posti in Veneto e ai 24 in Emilia Romagna). In generale, quel bimbo calabrese dovrà vivere in uno stato di deprivazione materiale che è doppia in Calabria rispetto al Veneto, e abbandonerà la scuola precocemente, con una probabilità doppia rispetto al bambino veneto", afferma Maurizio Bonati del Laboratorio per la Salute materno-infantile dell'Istituto Mario Negri Ircss di Milano, che lavora insieme all'Acp al progetto ‘Nascita' (‘Nascere e crescere in Italia'), presentato al congresso.

Scopo del progetto monitorare lo sviluppo fisico/cognitivo/psicologico, lo stato di salute e benessere di un gruppo di nuovi nati, nei primi 6 anni di età, e valutare i potenziali fattori che possono influenzarli. "Uguaglianza ed equità – afferma Bonati – devono essere garantite in quanto condizioni di diritto educativo, sanitario e sociale, nel rispetto dei principi di unità e indivisibilità della Repubblica. Ma questo non basta. Infatti le disuguaglianze sono più profonde e vicine: intra-regionali, nelle metropoli, tra centro e periferia. Non è una questione meridionale. E' una questione che interessa tutte le comunità, ovunque vivano e sin dalla nascita".

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