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Conflitto Israelo-Palestinese

Il racconto di un chirurgo di Al Shifa, Gaza: “Situazione catastrofica. Non abbiamo farmaci, cibo e acqua”

Il dottor Abdul W., chirurgo palestinese di 31 anni che lavora dal 2017 all’ospedale di Al Shifa, assaltato ieri dall’esercito israeliano: “Qui niente ha più senso. Le nostre condizioni sanitarie sono catastrofiche. I farmaci disponibili non sono molti, non abbiamo cibo sano e acqua potabile, nell’ospedale sono operative solo tre sale operatorie, e sono rimasti appena cinque posti letto di terapia intensiva”.
A cura di Davide Falcioni
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Erano le due del mattino di ieri, lunedì 18 marzo, quando i pazienti dell'ospedale di Al Shifa, a Gaza City, sono stati svegliati da raffiche di mitra sparate a pochi metri di distanza, lungo i corridoi, le sale d'aspetto e le stanze di degenza colme all'inverosimile di uomini, donne e bambini con ferite di guerra. I soldati israeliani avevano appena fatto irruzione alla ricerca, come recita il mantra dell'IDF da quasi sei mesi a questa parte, di "terroristi di Hamas nascosti trai civili". Ancora una volta la guerra aveva varcato le soglie di un ospedale portando altro orrore tra pazienti, infermieri e medici.

Tra loro c'era anche il dottor Abdul W., un chirurgo palestinese di 31 anni che lavora dal 2017 all'ospedale di Al Shifa e che Fanpage.it è riuscito ad intercettare al telefono, sfinito dopo una giornata di lavoro e terrorizzato dall'idea di essere ucciso, come tanti suoi colleghi, dalle bombe di Israele che continuano a cadere sulla Striscia di Gaza. Abdul ci risponde in piena notte e lo fa a una condizione: che non riveliamo la sua identità, perché il rischio di essere "puniti" per aver testimoniato il massacro in corso è concreto. E e che non gli poniamo domande politiche. "Chiedetemi solo del mio lavoro e delle condizioni dei pazienti che assisto".

È quello che facciamo, domandandogli innanzitutto dell'irruzione di ieri notte: " Esattamente alle 2 dopo mezzanotte, senza alcun preavviso, abbiamo sentito forti colpi di arma da fuoco ed esplosioni ovunque". I soldati israeliani avevano appena fatto irruzione nell'ospedale di Al Shifa, "dove – continua il medico – erano presenti circa 250 operatori sanitari tra medici, infermieri, amministratori, addetti alle pulizie, oltre a un numero molto elevato di feriti e sfollati". Fortunatamente, almeno stavolta, il raid non avrebbe provocato vittime civili: "Secondo le informazioni in mio possesso, non ci sono stati feriti o morti tra il personale medico e i feriti".

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Quelle che sono seguite sono state ore di terrore. Abdul racconta: "Mi sono chiesto cosa avrei fatto, dove mi sarei potuto riparare mentre bombardavano e sparavano dappertutto. Poi all'improvviso ho smesso di pensare: qui niente ha più senso, non so neanche io come siamo riusciti a salvarci". Il raid israeliano è stato condotto in un ospedale ridotto ormai ai minimi termini: "Le nostre condizioni sanitarie sono catastrofiche. I farmaci disponibili non sono molti, non abbiamo cibo sano e acqua potabile, nell’ospedale sono operative solo tre sale operatorie, e sono rimasti appena cinque posti letto di terapia intensiva. Fortunatamente non ho ancora eseguito nessun intervento senza anestesia, ma c'è chi ha dovuto farlo".

Il dottor Abdul ora deve tornare al suo lavoro, ma lo fa pregandoci di raccontare il martirio del popolo palestinese, in particolare dei bambini che a decine di migliaia sono stati uccisi nella Striscia di Gaza in meno di sei mesi di guerra: "Ci sono storie che non dimenticherò mai: una di queste è quella di una bimba di nome Zeina, di 5 anni. La sua casa è stata bombardata e tutti i membri della sua famiglia sono morti. È arrivata nella sala operatoria di questo ospedale in fin di vita. Il suo stomaco e il suo petto erano stati completamente squarciati dalle bombe e il suo volto era bruciato. Gli anestesisti mi dissero che il tasso quella bimba sarebbe morta al 100%, ma io e i miei colleghi abbiamo deciso di operarla ugualmente. L'intervento è durato più di due ore, ma dopo dieci giorni Zeina ha lasciato l'ospedale in buona salute".

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