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Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Il Papa dice che non parla di genocidio a Gaza, Odifreddi: “Almeno Francesco prendeva posizioni chiare”

“Ufficialmente – ha detto Papa Leone XIV – la Santa Sede non ritiene che al momento si possa rilasciare alcuna dichiarazione” sul genocidio a Gaza. Il matematico Piergiorgio Odifreddi: “Prevost Pilatesco. Francesco parlava chiaro, prendeva posizione”.
Intervista a Piergiorgio Odifreddi
Matematico, presidente onorario dell'UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti)
A cura di Davide Falcioni
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A Gaza è in corso un genocidio? Per l'ONU, innumerevoli giuristi e decine di organizzazioni non governative non ci sono dubbi: sì. Ma per Papa Leone XIV la risposta non è così scontata. In un'intervista rilasciata alla giornalista peruviana Elise Ann Allen il Pontefice ha dato prova di equilibrismo: pur riconoscendo le immani sofferenze della popolazione palestinese, "specialmente i bambini, che soffrono la vera e propria fame", Prevost ha preferito non sbilanciarsi sull'accusa di genocidio: "Ufficialmente – ha detto – la Santa Sede non ritiene che al momento si possa rilasciare alcuna dichiarazione al riguardo".

Una risposta che a qualcuno è apparsa più degna di un burocrate che di un leader religioso. Per il capo della Chiesa Cattolica, a quanto pare, non è ancora il momento di pronunciarsi. Un atteggiamento che secondo il matematico ateo Piergiorgio Odifreddi, interpellato da Fanpage.it, va inteso come "pilatesco". Ma che non deve sorprendere eccessivamente. In fondo – ragiona lo scienziato – "i palestinesi vengono martoriati da Israele proprio in base a quello che c'è scritto nella Bibbia. Per i fondamentalisti sionisti, quel libro è ancora una sorta di manuale operativo. ‘Dio ci ha promesso questa terra, e ci ha detto come fare: cacciando o sterminando chi ci vive sopra'". E il Papa "è prigioniero della sua stessa tradizione", visto che la Chiesa Cattolica non ha mai voluto emanciparsi dal Vecchio Testamento.

Professor Odifreddi, Papa Leone XIV ha detto che la Santa Sede preferisce non pronunciarsi sul genocidio a Gaza, nonostante una commissione indipendente dell'ONU lo abbia riconosciuto appena due giorni fa. Che impressione le fa?

Ma cosa vuole che dica la Santa Sede? In fondo i palestinesi vengono da decenni  martoriati da Israele usando come pretesto anche quello che c'è scritto nella Bibbia, testo sacro anche dei Cattolici. Basta leggere il libro di Giosuè, che segue il Pentateuco: lì si racconta come il cosiddetto popolo eletto si impossessò della Terra Promessa. Ma quella terra era già abitata da undici popolazioni. E cosa ordina Dio, secondo la Bibbia? Di massacrarle tutte: uomini, donne, bambini. Attenzione, non è una mia libera interpretazione, è scritto nero su bianco. Il Signore ordina al popolo d’Israele di conquistare la Terra Promessa e di sterminare – testualmente – "tutto quanto era nella città: uomini e donne, giovani e vecchi, buoi, pecore e asini, passarono a fil di spada".

Per i fondamentalisti sionisti, quel libro è ancora una sorta di manuale operativo. "Dio ci ha promesso questa terra, e ci ha detto come fare: cacciando o sterminando chi ci vive sopra". Non è un caso che anche in altri momenti storici quel testo sia stato usato come giustificazione. Nell’Ottocento, durante l’occupazione francese dell’Algeria, un generale accusato di genocidio rispose che non faceva altro che seguire l’esempio biblico. La storia si ripete, e la religione diventa sempre una foglia di fico per la violenza, come in fondo cantava anche Bob Dylan in With God On Our Side.

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E il Papa? Non potrebbe alzare la voce?

Il Papa è prigioniero della sua stessa tradizione. Avrebbe potuto, in teoria, emanciparsi dal Vecchio Testamento, prenderne le distanze. Alcuni cristiani dei primi secoli, come il vescovo Marcione, lo avevano proposto: basta con quella “vecchia novella”, fatta di un Dio sanguinario e antropomorfo, teniamoci solo il Vangelo. Ma la Chiesa bollò Marcione come eretico. Da allora, il cristianesimo ha deciso di portarsi dietro tutta quella zavorra, e anzi l’ha usata: basti pensare alle conquiste delle Americhe o dell’Oceania, fatte piantando croci accanto alle bandiere. Quindi oggi, Leone XIV non può che muoversi con cautela.

Qualcuno però sostiene che la Chiesa potrebbe avere un ruolo di mediazione. Lei lo esclude?

Ma certo che lo escludo. Per mediare servono leve concrete: armi, soldi, sanzioni. Gli Stati Uniti o la Russia possono farlo, la Cina forse. Il Vaticano? Può al massimo parlare, ma non ha nessuno strumento di pressione. E poi, parliamoci chiaro: qui si confrontano ebrei e musulmani. Quanto può contare un cristiano, per di più cattolico, che arriva da Roma? È un’illusione credere che il bianco vestito dia potere di mediazione.

Eppure Francesco aveva acquisito una certa credibilità, anche politica, come mediatore.

Sì, Francesco parlava chiaro, prendeva posizione. Era diventato una figura politica, quasi indipendente dal suo ruolo religioso. Leone XIV, invece, appare molto più prudente: un colpo al cerchio e uno alla botte. Così perde credibilità. È pilatesco, diciamolo pure: se ne lava le mani.

Lei accennava prima alle leve economiche. Il Vaticano ha una banca, l'Istituto per le Opere di Religione (IOR): non potrebbe usarla come strumento di pressione?

Ma figuriamoci. Il Vaticano non ha nessun potere economico paragonabile a quello di Israele, che peraltro gode dell’appoggio degli Stati Uniti e, in parte, dell’Europa. Solo ora Bruxelles si è svegliata, la bella addormentata, imponendo sanzioni debolissime, e già l’Italia si è tirata indietro. Se non riesce l’Europa, immaginiamoci il Vaticano.

 Eppure nella Chiesa non tutti restano in silenzio, ad esempio il cardinale Pizzaballa o padre Romanelli, da Gaza.

Pizzaballa è un'altra storia. Lui è lì in prima persona, conosce la situazione, sa di che cosa si parla. Credo abbia una grossa influenza perché la gente lo conosce. Il Papa è lontano, sta a Roma, è nuovo e non si conosce ancora bene. Pizzaballa invece è lì da decenni, è stato coraggioso, è andato anche contro le posizioni ufficiali dei politici americani ed europei. Più che perché è cardinale o cristiano, perché è uno che è sul posto, vede quello che subiscono i palestinesi, ed è parte in causa: è il patriarca dei cattolici in Terra Santa. Bisogna vedere se riuscirà a fare qualcosa e se il Papa glielo permetterà.

Qualcuno pensa che proprio le posizioni di Pizzaballa su Israele potrebbero aver influito sulla mancata elezione durante il conclave.

Certamente, è possibile. In genere i papi sono quelli più defilati – infatti chi aveva mai sentito parlare di Prevost prima? Pizzaballa era troppo divisivo, sarebbe stata un'elezione fatta quasi per intervenire nella guerra tra Israele e Palestina. Credo avesse poche possibilità. Forse Zuppi ne aveva di più perché era più defilato, capo dei vescovi italiani ed era stato inviato di Papa Francesco, anche se con scarso successo. Quali leve aveva Zuppi quando andava a fare l'inviato in Ucraina? Molto poche. Infatti purtroppo ha fallito anche lui…

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