I debiti dei fratelli Ramponi e la casa all’asta questo mese: cosa c’è dietro la strage di Castel D’Azzano

Doveva andare all'asta questo mese la casa di Franco, Dino e Maria Luisa Ramponi, i tre fratelli che hanno fatto esplodere la loro abitazione in via San Martino 22 a Castel D’Azzano causando la morte di tre carabinieri. Ora rischiano l'accusa di strage con l'aggravante della premeditazione. Già perché dai primi accertamenti della Procura di Verona il loro piano era studiato da tempo. Ma quale erano i loro problemi economici? E perché la casa era stata pignorata?
Stando ai primi accertamenti, i debiti della famiglia iniziarono quando Franco Ramponi aveva chiesto al Credito Padano un mutuo di 70 mila euro: l'obiettivo era quello di trasformare il terroni di famiglia in un frutteto. Ottenne il mutuo ma le rate non vennero pagate. Ecco quindi i primi debiti, contornati dai tentativi dell'uomo di svincolarsene: aveva denunciato lo smarrimento della carta d'identità sostenendo quindi di non essere stato lui a firmare la richiesta di mutuo.
Si era appellato così prima all'ipotesi di uno scambio di persona poi di una firma falsa fatta in realtà dal fratello. Sta di fatto che la banca non gli aveva mai creduto portando avanti le pratiche per il pignoramento: l'abitazione, ereditata dalla famiglia e dove abitavano i tre fratelli, doveva essere venduta all'asta proprio questo mese nonostante gli arrestati non hanno mai fatto entrare in casa il curatore.

I tre fratelli hanno sempre detto di essere vittime di una ingiustizia tanto che nel settembre 2021 uno dei due uomini era salito sul tetto del Tribunale di Verona, minacciando di buttarsi giù: "Lottiamo da cinque anni per avere giustizia. Ci hanno portato via l'azienda di famiglia, ora pure la casa".
Circa un anno fa invece Franco Ramponi si sarebbe presentato in Comune per chiedere un alloggio temporaneo, sapeva che il giorno della vendita all'asta sarebbe arrivato presto. Ma la sindaca del paese Elisa Guadagnini all'Ansa ha precisato che i tre arrestati "non erano seguiti, non si erano mai rivolti al Comune per chiedere aiuto. Erano chiusi in loro stessi, isolati".
Precisando che: "L'anno scorso per la prima volta ci hanno manifestato il loro disagio, in quell'occasione ci siamo mossi noi. Li abbiamo convocati, abbiamo mandato raccomandate, abbiamo cercato di coinvolgerli e di manifestare la nostra disponibilità per un aiuto. Ma loro hanno sempre rifiutato. Siamo riusciti con un piccolo stratagemma a intercettare la signora Maria Luisa, la nostra assistente sociale è riuscita a instaurare un rapporto di fiducia". Infine il tentativo di un rapporto di mediazione: "Abbiamo invitato la signora ad affrontare un paio di colloqui, ma lei è rimasta sempre fredda e ferma sulla sua posizione, uguale a quella dei fratelli: quella di non lasciare la loro casa", ha concluso la sindaca.

I tre fratelli ieri sapevano dello sgombero. Per questo motivo da tempo conservavano le bombole di gas. Ieri 14 ottobre purtroppo hanno fatto saltare in aria la casa, a far scattare la denotazione sarebbe stata la donna. Nello scoppio hanno perso la vita tre carabinieri in servizio: sono il Luogotenente Carica Speciale Marco Piffari, 56 anni, Comandante della Sos del 4° battaglione Veneto; il Brigadiere Capo Qualifica Speciale Valerio Daprà, 56 anni; e il Carabiniere Scelto Davide Bernardello, 36 anni.
I tre arrestati in queste ore verranno sentiti durante l'interrogatorio di convalida. Si attende che la Procura confermi nei loro confronti l'accusa di strage.