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Gli italiani sono vecchi e non si sposano più, ecco i dati dell’Istat

Il rapporto annuale dell’Istituto Nazionale di Ricerca svela un quadro socio-demografico non proprio esaltante. L’aumento dell’età media e la bassa fecondità continuano a rendere l’Italia uno dei paesi più «vecchi», in cui dominano le convivenze e le famiglie “unipersonali”
A cura di Biagio Chiariello
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Gli italiani sono vecchi e non si sposano piu ecco i dati dell'Istat

Non solo i problemi dell' economia e dell' occupazione nel rapporto annuale dell'Istat. Oltre a rivelare i dati sulla povertà e le diseguaglianze tra nord e sud, l'Istituto Nazionale di Ricerca si è soffermato anche sul sociale, sulla demografia e sugli stili di vita nel Belpaese. In tal senso, i cambiamenti più rilevanti riguardano le famiglie: «dalla semplificazione della struttura, all'aumento delle nuove forme familiari passando per il modificarsi delle esperienze delle generazioni nelle varie fasi della vita». Il nucleo familiare "classico", quello mamma-papà-bambino per intenderci, è un ricordo dei primi anni Novanta. Si è passati infatti dal 45,1% del 1992 al 33,7% di oggi, mentre sono in netta crescita le famiglie "unipersonali" e le coppie senza figli.

L'Italia è un Paese per vecchi, se si vanno a considerare due dati su tutti: l’aumento della sopravvivenza e la bassa fecondità. Per ogni 100 persone con meno di 15 anni si contano 144 ultrasessantacinquenni, mentre nel 1992 la proporzione era di 97 a 100. Il fatto è che nel nostro Paese, rispetto a vent'anni fa, la vita media è aumentata di  5,4 anni per gli uomini e di 3,9 anni per le donne, grazie alla riduzione della mortalità per malattie senili: i maschi vivono in media 79,4 anni, le donne 84,5, con valori leggermente più bassi nel Mezzogiorno (78,8; 83,9). Contemporaneamente, però, nascono sempre meno bambini: nel 2011 le nascita si sono abbassate di oltre 20mila unità rispetto al 2008 (556 mila sono i bimbi venuti al mondo lo scorso anno). E se i numeri in merito ai nuovi nati non hanno raggiunto cifre da record in negativo lo si deve solo agli stranieri.

Le donne straniere contribuiscono alla crescita demografica. L'ultimo censimento fatto in Italia dice che siamo 59 milioni 464 mila, due milioni 687 mila in più rispetto al '92. Quest'aumento è dovuto indubbiamente alla crescita del numero di stranieri residenti nel nostro Paese: 3 milioni 770 mila, cioè il 6,3% del totale. Il 50 per cento è originario di cinque paesi: Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina. E sono proprio le straniere che contribuiscono alla natalità:  il numero medio di figli per donna (1,42) deriva dal 2,07 delle straniere e dall'1,33 delle italiane. Interessante, a tal proposito, è il dato relativo ai nati in Italia da almeno un genitore straniero: 105mila nel 2010, quasi un quinto del totale delle nascite, dieci volte di più rispetto al 1992. Curioso anche il dato sulla geografia della fecondità: le regioni più prolifiche sono quelle del Nord (1,48) e del Centro (1,38).

I matrimoni sono in caduta libera, poco più di 217 mila nel 2010, nel 1992 erano circa 100 mila in più. Per di più, chi decide di sposarsi, sceglie sempre più il rito civile, soprattutto al Nord (48 per cento dei matrimoni) e al Centro (43 per cento). Va detto che il numero di famiglie è aumentato significativamente, passando da 20 a 24 milioni. Ma il numero di componenti per nucleo si è ridotto da 2,7 a 2,4, perché aumentano le famiglie di una sola persona, le coppie senza figli e le famiglie monogenitore. E rispetto al passato sono numerose anche le nozze che finiscono in separazione: 3 su 10, una proporzione raddoppiata in 15 anni; i matrimoni finiti male dopo soli 10 anni di unione sono, invece, triplicati, passando dal 36,2 per mille matrimoni celebrati nel 1972 al 122,5 per mille nel 2000. E, come abbiamo visto, per quei pochi matrimoni che tengono, le cose sono tutt'altro che semplici.

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