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Omicidio Chiara Poggi: il delitto di Garlasco

Garlasco: in un documento del 2017 Venditti scriveva di voler arrestare Sempio, dopo 20 giorni ha archiviato

Nel 2017 l’allora procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, aveva ipotizzato l’arresto di Andrea Sempio, poi chiese l’archiviazione in soli venti giorni: è quanto rivela Panorama. La Procura di Brescia indaga per corruzione in atti giudiziari in relazione a quella decisione.
A cura di Biagio Chiariello
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Mario Venditti e Andrea Sempio
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Nuovi dettagli emergono sul caso Garlasco dopo un'inchiesta pubblicata da Panorama, che ha portato alla luce un passaggio rimasto finora nell’ombra dell’inchiesta.

Secondo il settimanale, nel 2017 l’allora procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti – oggi capo della Procura di Ivrea e già indagato per corruzione in atti giudiziari – avrebbe inizialmente pianificato l’arresto di Andrea Sempio, per poi chiedere l’archiviazione del fascicolo nel giro di appena venti giorni.

Da un possibile arresto all’archiviazione lampo per Andrea Sempio

La ricostruzione di Panorama parte da un documento ufficiale datato 23 febbraio 2017, intitolato “Richiesta di autorizzazione al ritardato deposito della documentazione relativa alle operazioni di intercettazione telefonica”. L’atto, firmato da Venditti e dalla collega Giulia Pezzino, spiegava la necessità di rinviare il deposito delle intercettazioni su Sempio e sui suoi familiari “per non compromettere il prosieguo delle indagini” e per consentire agli inquirenti di completare “le richieste di misura coercitiva a carico degli indagati”.

Insomma, la Procura stava ancora valutando arresti. Eppure, come riporta Panorama, “appena venti giorni dopo, il 15 marzo, la stessa Procura chiede l’archiviazione del fascicolo”. Otto giorni più tardi, il gip Fabio Lambertucci accoglie “pienamente le osservazioni poste nella richiesta dei pm” e dispone il proscioglimento di Sempio.

Un passaggio giudiziario tanto rapido quanto anomalo. Anche perché, ricorda il settimanale, lo stesso Venditti aveva più volte dichiarato di “aver impiegato 21 secondi per capire che in quell’inchiesta non c’era ciccia”. Ma la sequenza temporale dei fatti lascia aperti molti interrogativi.

L’indagine di Brescia e i sospetti di corruzione in atti giudiziari

Oggi la Procura di Brescia ha iscritto Mario Venditti nel registro degli indagati per corruzione in atti giudiziari. Il fascicolo si concentra proprio su quella decisione del 2017 e su presunti flussi di denaro che avrebbero accompagnato la richiesta di archiviazione. Secondo quanto riportato da Panorama, gli inquirenti hanno individuato movimentazioni bancarie anomale riconducibili alla famiglia Sempio: versamenti per complessivi 43.000 euro da parte di alcuni parenti e prelievi di contanti per circa 35.000 euro effettuati da Andrea e dal padre Giuseppe, giudicati “del tutto incongrui rispetto alle loro ordinarie movimentazioni”.

Questi elementi, scrive il settimanale, sono ora al vaglio della magistratura bresciana, che indaga anche su un presunto “sistema Pavia”, in cui si ipotizzano altri casi di corruzione e peculato.

Le testimonianze e i documenti contro Venditti

Nel suo approfondimento, Panorama cita inoltre un atto dei carabinieri dell’aliquota di polizia giudiziaria di Pavia, datato febbraio 2017, che documentava l’attivazione di intercettazioni telefoniche e ambientali su otto utenze e un localizzatore GPS installato sull’auto della famiglia Sempio. Gli apparecchi rimasero attivi fino al 22 febbraio.

Secondo la rivista, uno dei marescialli, Giuseppe Spoto, ha raccontato agli inquirenti di aver trascritto solo parte delle conversazioni “perché il dottor Venditti disse che gli servivano subito per fare l’archiviazione”. Un dettaglio che, se confermato, rafforzerebbe i dubbi sul repentino cambio di linea della Procura.

Una vicenda ancora piena di ombre

Venditti respinge “sdegnosamente” ogni accusa, sostenendo di aver sempre agito nel pieno rispetto delle regole. Ma la ricostruzione pubblicata da Panorama suggerisce che qualcosa, nel passaggio tra febbraio e marzo 2017, non tornerebbe. Come scrive il settimanale, “venti giorni prima dell’archiviazione, gli stessi pm parlavano di arresti imminenti”. Poi, il dietrofront.

La nuova inchiesta della Procura di Brescia, che intreccia il filone Garlasco con altri procedimenti sul presunto sistema corruttivo pavese, potrebbe quindi riaprire uno dei misteri più oscuri della giustizia italiana.

A quasi diciotto anni dal delitto di Chiara Poggi, uccisa nella sua casa di via Pascoli il 13 agosto 2007, la verità sembra ancora lontana.

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