Famiglia nel bosco a Chieti, cosa scrivevano a luglio i servizi sociali: “Disagio abitativo e isolamento”

È un provvedimento che sta facendo discutere tutta Italia quello adottato ieri con il decreto n. 2061 dal tribunale dell’Aquila ed eseguito poche ore dopo a Palmoli, intorno alle 15, con un ampio intervento delle forze dell’ordine. Come è noto, il giudice ha sospeso la responsabilità genitoriale di Catherine Birmingham e Nathan Trevallion, ordinato l’allontanamento dei tre figli dalla dimora familiare, disposto il loro collocamento in una casa-famiglia e nominato come tutore provvisorio l’avvocata Maria Luisa Palladino. Una decisione, quella del giudice, arrivata al termine di un percorso di indagine che i servizi sociali hanno ritenuto necessario.
È proprio nelle loro valutazioni, infatti, che si trova la chiave interpretativa del decreto. Nella prima relazione, risalente a luglio e redatta dopo la segnalazione della Procura, la responsabile dei servizi sociali rilevava che "il nucleo familiare vive in una condizione di disagio abitativo in quanto non è stata dichiarata l'abitabilità dello stabile".
Una circostanza formalmente superata in seguito, quando la difesa della famiglia ha prodotto la certificazione. Ma la relazione non si limitava agli aspetti documentali: "I membri della famiglia Trevallion non hanno interazioni sociali, non hanno entrate fisse, nella dimora non sono presenti i servizi igienici e i bambini non frequentano la scuola". Una serie di criticità che il Tribunale de L'Aquila ha ritenuto potessero incidere sulla qualità della cura e delle opportunità educative dei minori.
La vicenda affonda le sue radici al 2024, quando i tre bambini erano stati ricoverati per un’intossicazione da funghi. Da quell’episodio erano scaturiti gli accertamenti della Procura minorile dell’Aquila, con sopralluoghi dei carabinieri e verifiche delle condizioni di vita nel casolare. Le relazioni raccolte avevano segnalato "criticità legate all'abitazione", ritenuta priva di luce e acqua corrente, e dubbi sulla regolarità della documentazione per l’istruzione parentale. In un primo momento la sospensione della responsabilità genitoriale non aveva portato all’allontanamento dei minori; ma l’ordinanza eseguita ieri introduce un cambio di impostazione: il tribunale considera "necessario un periodo di osservazione in un contesto monitorato", disponendo l’inserimento dei bambini in una comunità educativa con la madre. Nell’atto si rileva anche l’"esposizione mediatica" della vicenda da parte dei genitori, accusati di aver diffuso elementi idonei a rendere riconoscibili i minori.
Il legale della famiglia, Giovanni Angelucci, contesta la ricostruzione: "Nell'ordinanza ci sono elementi non corretti. Si insiste sull'autorizzazione all’istruzione domiciliare quando la documentazione è completa e protocollata". Secondo la difesa, il quadro tratteggiato dai servizi sociali non rappresenterebbe la reale situazione familiare, che i genitori descrivono come una scelta di vita alternativa, non come una forma di negligenza. Nel frattempo, cresce la mobilitazione sul web: una petizione per chiedere che i bambini possano restare nella casa nel bosco ha superato le 31 mila firme.