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Covid 19

Ernesto Burgio: “Sarebbe meglio riaprire tutto a metà maggio”

Il presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale Ernesto Burgio in un’intervista ha consigliato al Governo di non riaprire alcuna attività lavorativa fino alla metà di maggio, poi a proposito del contagio ha dichiarato: “Ci si contagia in casa, in famiglia, al lavoro: non all’aria aperta”.
A cura di Alessio Morra
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La lotta con il Covid-19 per l'Italia ancora non è finita, ci vorrà tanto tempo per arrivare alla vittoria finale. Da più parti c'è tanta voglia di ripartire, rispettando determinate regole. L'economia deve riprendere e probabilmente dall'inizio di maggio molte attività lavorative riprenderanno il via. Il pediatra, esperto di epigenetica e biologia molecolare, Ernesto Burgio, che è anche presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale, in un'intervista ha parlato degli errori fatti dal governo, ha consigliato di non aprire nessuna attività prima della metà di maggio e ha dichiarato che ci si contagia in casa o al lavoro, ma non all'aria aperta.

Non c'era un piano per affrontare la pandemia

Parlando, con ‘Business Insider Italia', Burgio ha detto che gli esperti sapevano che nel ventesimo secolo sarebbe arrivata una pandemia. L'Estremo Oriente, che aveva già dovuto affrontare problemi di questo genere, si era preparato e dopo le difficoltà iniziale è riuscito a trovare la strada giusta. Mentre in Occidente non c'erano piani per affrontare l'emergenza:

Bisogna fare una premessa. Sappiamo che periodicamente nel mondo partono virus che fanno danni enormi. Lo sappiamo in maniera più definita da almeno 23 anni, cioè dal 1997 un virus influenzale nuovo, che mai aveva colpito gli uomini, l’H5N1, ha prima ucciso un bambino a Hong Kong e poi  causato l’insorgenza di una serie di outbreak epidemici in estremo oriente (Cina, Indonesia, Vietnam), rivelando come uno dei virus più letali della storia umana (tasso di letalità 58%) .

A quel punto, è partita l’allerta per una possibile prima pandemia del ventunesimo secolo: chi si è occupato di questi virus –  io l’ho fatto tra il 2002 e il 2006 – sapeva che prima o poi sarebbe arrivata. Non solo quindi c’era l’allarme ribadito a più riprese per 20 anni da scienziati e ricercatori, ma c’erano lavori di ricerca importanti su questi virus. Infatti, i Paesi asiatici – Cina, Giappone, Hong Kong e Taiwan e la stessa Corea, nonostante qualche momento di difficoltà iniziale – hanno saputo rispondere al virus, ognuno in modo diverso. In Occidente non c’erano veri piani per affrontare un’emergenza pandemica e si è enormemente sottovalutato quello che stava succedendo in Oriente. In Italia il 31 gennaio è stato dichiarato sulla Gazzetta Ufficiale lo stato di allarme pre-pandemico ma si è fatto pochissimo per prepararsi ad affrontarlo, cioè per informare correttamente i cittadini, formare correttamente gli operatori sanitari e soprattutto predisporre piani di protezione per ospedali e operatori sanitari.

Questo virus ha alta contagiosità

Il professor Burgio dice che questo virus è molto contagioso e per questo quando a gennaio l'Italia quando era diventata nota la situazione cinese avrebbe dovuto predisporre un piano. Ma il governo ha recuperato, perché ha fatto bene a chiudere tutto il Paese:

Il virus, da quello che possiamo capire oggi, ha alta contagiosità. Si parla in questi casi di R0, un indicatore di quante persone può contagiare chi è infetto. Quando R0 è superiore a uno  – e in questo caso probabilmente siamo tra il 3 e il 3,5 –  nel giro di un mese può succedere un disastro, perché la popolazione infetta cresce in modo esponenziale.

Se ci fosse stato un piano, se a gennaio, quando il contagio già dilagava in Cina, avessimo cercato attivamente le polmoniti che alcuni già segnalavano, avremmo potuto evitare il lockdown perché avremmo avuto il tempo di fare quello che è stato fatto in Veneto. Non avendo invece fatto subito strategie di contenimento e di sorveglianza attiva, abbiamo perduto ancora quasi un mese rispetto al 31 gennaio – data di dichiarazione dell’emergenza – ed è stato necessario bloccare il Paese e ridurre drasticamente qualsiasi contatto fisico: credo che il governo, a quel punto, abbia fatto la scelta giusta.

Dove ci si infetta: a casa e sul lavoro

Il professor Burgio ha ribadito che non ci si contagia all'aria aperta. Il virus si può contrarre lavorando, in ospedale, e per questo molto medici hanno perso la vita, e anche a casa. Proprio nell'ambito familiare ci si può contagiare:

Deve essere chiara una cosa: essendo un virus respiratorio, il 90% dei contagi avvengono tra persone che hanno un rapporto diretto, che hanno un’esposizione ravvicinata, in ambienti chiusi. Cioè: famiglia, luoghi di lavoro e purtroppo ospedali. È molto difficile che ci si contagi per strada: questa idea venuta fuori negli ultimi giorni è una mezza fake news. Se fosse un virus che basta respirare per strada per ammalarsi, saremmo tutti morti.

Mascherine obbligatorie

Tutti i cittadini devono indossare le mascherine quando sono fuori casa, dev'essere un obbligo per tutti. Il presidente del comitato scientifico della Società Italiana di Medicina Ambientale non lesina critiche verso chi doveva cercare di formare gli operatori sanitari. Gli unici che si sono equipaggiati in modo impeccabile sono stati medici e infermieri dell'ospedale Cotugno di Napoli:

Per la gente comune, la mascherina prima di essere un obbligo avrebbe dovuto essere qualcosa da indossare spontaneamente per tutelare gli altri. Infatti, se siamo esposti a una persona che tossisce, la mascherina è insufficiente; ma se siamo esposti a un asintomatico che neanche sa di avere il virus, la mascherina blocca la gran parte delle goccioline, il veicolo principale di contagio. Gli operatori sanitari andavano formati, sia quelli del territorio sia quelli dei reparti, e d’altronde non basta una mascherina chirurgica a proteggerli: ci voleva un equipaggiamento simile a quello visto in Cina e che oggi ha adottato molto bene soltanto l’ospedale Cotugno di Napoli.

Sarebbe meglio riaprire a metà maggio

C'è chi spinge per aprire una serie di attività, quelle non troppo a rischio, già a fine aprile, probabilmente le vere aperture avverranno dopo il 3 maggio. Ma per Burgio bisognerebbe attendere la metà di maggio per ripartire a tutti gli effetti:

Credo che dovremo sperare di poter avere una parziale riapertura di alcune parti del circuito economico-finanziario intorno a metà maggio, sempre che si confermi la quasi-scomparsa dei casi. A quel punto bisognerà far capire a chi di dovere, e cioè essenzialmente da un lato a chi governa e dall’altro a chi regge le sorti economiche del Paese, che c’è una cosa fondamentale da fare.

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