Elia Del Grande evaso, il 49enne che sterminò la famiglia invia una lettera: “Vi spiego perché sono fuggito”

“Avevo ripreso in mano la mia vita, ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro, dando tutto me stesso in quel lavoro che oggi mi hanno fatto perdere senza il minimo scrupolo".
A scrivere queste parole è Elia Del Grande, l'uomo, oggi 49enne, che nel 1998 sterminò la famiglia a Cadrezzate. Una settimana fa è evaso dalla casa-lavoro di Castelfranco Emilia (Modena), dove era stato recluso poiché ritenuto socialmente pericoloso, facendo scattare la caccia all'uomo.
Del Grande ha inviato una lunga lettera a Varese News in cui spiega i motivi della fuga. "Avevo ritrovato una compagna, un equilibrio, i pranzi e le cene, il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza, che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro riproponendomi soltanto la realtà repressiva carceraria", si legge nella missiva.
E aggiunge: "Anzi quella delle case lavoro è ben peggio, ci sono persone all’interno che sono entrate per sei mesi e avendo l’unica colpa di non avere una dimora e una famiglia, si trovano internate da 4/5 anni. In un Paese civile e al passo con le regole europee, questo non dovrebbe più esistere”.
Come già ricordato, Del Grande nella notte del 7 gennaio 1998 uccise a fucilate il papà Enea, 57 anni, la mamma Alida, 53, e il fratello Enrico, 27. Tutto perché, disse lui diversi anni dopo in un’intervista, i familiari non vedevano di buon occhio la sua relazione con una ex prostituta che lui voleva sposare.
In un'altro passaggio della lettera Del Grande scrive: "Il mio gesto è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire con il lavoro, per l’appunto cosa che non esiste affatto".
Il 49enne paragona le case-lavoro ai vecchi ospedali psichiatrici giudiziari "dismessi nel 2015 grazie una legge stimolata da qualcuno che ha voluto aprire gli occhi su quello scempio che era ancora in essere, cosa che non è accaduto per le case al lavoro che in realtà sono recipiente di coloro che hanno problemi psichiatrici e che non hanno posto nelle Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza, ndr)”.
Subito dopo l'omicidio dei genitori e del fratello, Del Grande tentò di raggiungere Lugano ma fu bloccato al confine. Il 49enne era stato condannato in primo grado all’ergastolo e in appello a 30 anni per vizio parziale di mente, come ricorda lui stesso.
"Sono stato condannato ad anni 30 di reclusione, effettivamente ne ho scontati 26 e 4 mesi e non sono stato condannato a galera in più, e invece grazie a questo articolo di legge risalente a Mussolini ancora in essere dal nostro codice penale mi sono ritrovato nuovamente peggio di un detenuto".
"Mi sono visto crollare il mondo addosso, ho visto perdere tutto ho visto non considerato il mio impegno lavorativo, ho visto non considerato il mio percorso di reinserimento durato due anni e mezzo dall’atto del mio ritorno in libertà".
Secondo quanto riporta Il Resto del Carlino, Del Grande avrebbe di recente aperto anche un profilo Facebook (non è chiaro se sia davvero lui). Nell'unico post pubblicato avrebbe ribadito di essere scappato perché costretto ad abbandonare la vita che si era costruito fuori dal carcere.
"Mi definiscono come il serial killer, il pazzo assassino che è sfuggito senza la minima remora e controllo, additandomi di tutte le cose del passato senza informarsi prima su cosa ho fatto da quando sono stato scarcerato il 16 luglio 2023, questo e molto altro mi hanno spinto a provare il tutto per tutto pur di uscire da quella situazione”, aggiunge ancora nella lettera.
E conclude: "Pago ancora fortemente lo scotto del mio nome e di ciò che ho commesso, mi ritengo amareggiato perché vorrà dire che qualsiasi pena uno possa pagare in questo Paese, comunque tu rimarrai sempre la persona responsabile del gesto commesso”.