Cosa sappiamo sulla morte di Elia e della mamma in Salento: l’allarme del papà e l’ipotesi omicidio-suicidio

Lutto e incredulità a Calimera, piccolo comune in provincia di Lecce, per la morte del piccolo Elia, 8 anni, e della mamma 35enne, Najoua Minniti. Secondo le prime ricostruzioni effettuate dagli inquirenti, l'ipotesi più accreditata è che si tratti di un caso di omicidio-suicidio: la donna, separata dal papà del piccolo, lo avrebbe ucciso nel sonno, poi si sarebbe tolta la vita dopo essersi gettata in mare nell'area di Torre dell'Orso, dove è stato ritrovato il suo cadavere nella giornata di lunedì. Ecco cosa sappiamo finora sulla vicenda.
L'allarme lanciato dal papà di Elia e il ritrovamento del corpo della mamma
A dare per primo l'allarme ai carabinieri è stato il padre dei bambino, Fabio, infermiere in servizio all'ospedale Ferrari di Casarano. Questa settimana Elia doveva stare col padre in base alle disposizioni del giudice che ha curato la separazione dei coniugi. Ma il bambino – che frequentava la quarta elementare – a scuola non era andato, l'ultima volta era stato visto lunedì, quando è andata la madre a prenderlo alla fine delle lezioni per portarlo a casa. Così, il padre ha prima cercato di avere notizie del figlio, poi è andato dai carabinieri, dove alle 18:00 ha denunciato formalmente l'irreperibilità della donna e del bimbo.
Fino a quando il cadavere della 35enne è stato trovato in mare e la donna è stata identificata attraverso i tatuaggi che aveva sul corpo. A quel punto, la Capitaneria di porto e i sub dei Vigili del fuoco hanno prima cercato il figlio in mare e poi a casa. Qui i carabinieri sono entrati dopo aver ottenuto le chiavi dell'appartamento dall'affittuario, trovando il cadavere di Elia sul letto, in pigiama.
Il bimbo forse morto per asfissia meccanica
Elia sarebbe morto quasi sicuramente per asfissia meccanica (strangolamento o soffocamento). La conferma arriverà solo dai risultati dell'autopsia, affidata al medico legale Alberto Tortorella dal pm della Procura di Lecce, Erika Masetti, e che potrebbe essere svolta già oggi. Sul corpo del piccolo, che indossava il pigiama e si trovava nel letto della camera da letto, dove solitamente dormiva con la mamma, non comunque sono state trovate altre ferite.
La separazione dei genitori e l'esposto del papà
Najoua era separata da due anni dal papà di Elia. Si erano conosciuti a Parma, poi nel 2016 è nato Elia. Il loro non era un rapporto tranquillo. L'uomo, in un esposto protocollato inviato al Comune di Calimera (Lecce) il 16 dicembre 2024, aveva scritto: "Io sottoscritto ho ricevuto una visita della mia ex compagna. Dopo una breve conversazione sulla divisione delle feste natalizie la signora ha dichiarato di ritenermi responsabile di qualsiasi cosa capitasse a lei e al bambino". Poi, decise di scrivere al Comune per denunciare la situazione familiare. Nell’esposto lui ha riportato testualmente alcune frasi che la donna gli disse quel giorno: "Saluta bene Elia perché lo porto con me"; "è già capitato che io sia andata di fronte al mare con la macchina"; "ritieniti responsabile di qualsiasi cosa capiti a me e ad Elia".
L'avvocato del papà del bambino, Mario Fazzini, ha spiegato in una intervista a Fanpage.it: "Nel dicembre 2024 la donna aveva manifestato intenzioni suicidarie ed era stato fatto un provvedimento immediato da parte del pubblico ministero con inversione del collocamento del bambino dalla madre al padre. Era già iniziato un giudizio civile in cui chiedevamo l'affidamento, ma la signora aveva pensato di denunciare l'ex compagno per maltrattamenti in famiglia e lesioni a seguito di una percossa. Per quanto riguarda i maltrattamenti il mio assistito era stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste. Nonostante ci fosse un certificato medico del mio cliente, perché aveva subito un calcio molto forte dalla donna e lui nell'allontanarla forse le aveva provocato un graffio sul petto, era stato ritenuto più attendibile il graffio che il calcio. Quindi, nonostante era stato assolto dal capo più importante dei maltrattamenti, il mio cliente era stato condannato per lesioni anche se c'era un certificato medico del mio assistito".