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Opinioni
News sull'omicidio di Anica Panfile a Treviso

Cosa è successo ad Anica Panfile e cosa serve per risolvere il giallo della donna gettata nel Piave

Perché per risolvere il giallo sulla morte di Anica Panfile è fondamentale analizzare i telefoni cellulari e ricorrere alla profilazione criminale e all’autopsia psicologica.
A cura di Anna Vagli
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Anica Panfile
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Più passano i giorni e le ore più la morte di Anica Panfile, la mamma trentunenne romena scomparsa il 18 maggio e trovata morta sotto un viadotto a Spresiano (Treviso) nelle acque del fiume Piave, assume i connotati di un vero e proprio giallo. Quel che infatti in apparenza sembrava un suicidio si è rivelato essere un caso di morte violenta. La donna sarebbe stata uccisa probabilmente con un corpo contundente e poi gettata nel Piave.

Ancora troppi i punti oscuri della vicenda. Al momento si procede per il reato di omicidio volontario a carico di ignoti. Nessun indagato, quindi. Si dice che il cadavere parli. Ed è così.

Difatti, grazie al rinvenimento del corpo di Anica è stato possibile escludere che la donna si sia tolta la vita. Per le lesioni riportate al capo e sul volto nonché per l'assenza di acqua nei polmoni. Proprio la mancanza dell'acqua dei polmoni esclude che la donna possa essersi tolta la vita. Ma suggerisce, al contrario, che è stata gettata in acqua quando era già morta.

Perché si parla di giallo per la morte di Anica?

All’appello, mancano – per ora – quegli elementi in grado di per sé ad incastrare un assassino con elevata probabilità logica. Faccio riferimenti ai riscontri oggettivi, come quelli che potrebbero essere acquisiti attingendo al telefono cellulare di Anica. Che a oggi non è stato ritrovato.

Posta pertanto l’importanza e l’imprescindibilità di incrociare i dati dei tabulati telefonici con quelli delle celle, valorizzando le immagini delle telecamere di video sorveglianza, per la risoluzione del giallo sarà inevitabile per gli investigatori appellarsi alle tecniche di indagine tradizionale. Nello specifico, mi riferisco all’autopsia psicologica e alla profilazione criminale.

L’identikit dell’assassino e il suo tentativo di farla franca

La profilazione criminale si basa sull'analisi delle modalità con cui un omicidio è stato commesso, sul comportamento dell’offender e sulle possibili motivazioni che possono averlo spinto ad uccidere. In soldoni, si tratta di informazioni in grado di fornire una direzione investigativa, suggerendo potenziali indiziati.

Secondo il PM titolare dell’indagine, Anica sarebbe stata uccisa probabilmente al culmine di una lite. Ma l’omicidio non sarebbe stato nei piani dell’assassino. A mio avviso, è prematuro affermarlo. Quel che però appare potersi affermare senza dubbio, è che chi ha ucciso la giovane mamma ha cercato di farla franca.

Come lo si deduce? Sicuramente, dalla fase post omicidiaria. L’assassino di Anica ha infatti tentato di occultarne il cadavere e ha cercato di far sparire le prove. Non facendo ritrovare né il cellulare né la borsa della vittima.

Anica aveva un appuntamento con il suo assassino?

Anica Panfile
Anica Panfile

Quindi, ragionando in termini di profilazione criminale, Anica conosceva il suo assassino? Sì, anche su questo punto non residuano dubbi. Così come non ci sono dubbi sul fatto che quel giorno la donna aveva un appuntamento con chi le ha tolto la vita. In caso contrario, che motivo avrebbe avuto l’offender di non far ritrovare il telefono?

Proprio il dispositivo mobile fa da apripista per sostenere l’importanza di un’altra tecnica di indagine forense. Vale a dire l’autopsia psicologica.

L’autopsia psicologica

L'autopsia psicologica viene spesso utilizzata in casi di morte sospetta, suicidio o omicidio. L’obiettivo di questa tecnica forense è prima di tutto quello di stabilire se i fattori psicologici hanno avuto un ruolo significativo nell'evento morte.

Ma la stessa viene anche impiegata per comprendere con chi e in che modalità la vittima si è interfacciata prima di morire. Prendendo in considerazione tutti coloro che hanno gravitato nella sua vita. Di solito, il lasso temporale considerato in termini forensi è quello degli ultimi sei-nove mesi.

In sostanza, si va a scavare a fondo nei rapporti interpersonali. Chi frequentava Anica e perché? Con chi aveva appuntamento? Tutte domande che potevano aver già trovato risposta nel telefono della donna. Che però, ad oggi, come anticipato, risulterebbe sparito. Il delitto perfetto non esiste, così come non esiste il depistaggio perfetto.

Dunque, risulta ugualmente possibile recuperare quelle informazioni. Come? Attraverso il sequestro e l’estrazione della copia forense dei dispositivi elettronici delle persone che si sono interfacciate con Anica. Chiaramente, l’estrazione della copia forense è indispensabile per recuperare eventuali contenuti cancellati.

Nessun indagato

Chi sono gli individui potenzialmente nel mirino degli inquirenti? Il compagno, l’ex marito e l’ex datore di lavoro di Anica. Con quest’ultimo, infatti, la donna aveva appuntamento il giorno in cui è stata uccisa. L’uomo, con precedenti per omicidio, avrebbe dovuto consegnarle il Cud. Quanto al compagno, l’uomo avrebbe sporto denuncia poche ore dopo la scomparsa, adducendo che la donna indossasse una felpa rossa. In realtà, il suo corpo esanime è stato rinvenuto con indosso una felpa di colore grigio.

Anica si è cambiata? O, più semplicemente, il compagno si è confuso nel ricordare il colore della felpa? L’ex marito, in viaggio verso l’Italia per stare vicino ai suoi figli, era stato denunciato in passato da Anica per maltrattamenti. Ma, al momento dell’omicidio, sembrava trovarsi in Romania. Un vero e proprio rebus.

Come si risolve il giallo?

Certamente, un apporto significativo alle indagini arriverà dalla visione delle immagini delle telecamere di video sorveglianza. Che consentiranno di ricostruire le ultime ore di vita di Anica, unitamente all’analisi di celle e tabulati telefonici. Tuttavia, auspicando che venga ritrovato il telefono della donna, non si potrà prescindere dalla ricostruzione bibliografica dei suoi ultimi mesi di vita e dai rapporti dalla stessa intessuti con gli uomini che le gravitavano intorno. Anche in questo caso chi indaga non può prescindere dalle tecniche di investigazione tradizionale.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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