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Coronavirus, la direttrice di laboratorio del Sacco: “Le mascherine non servono”

La direttrice di laboratorio dell’ospedale Sacco di Milano, Maria Rita Gismondo, che in questi giorni sta lavorando giorno e notte contro la diffusione dell’epidemia del coronavirus, taglia corto sulla questione delle mascherine: non servono. Infatti, non la porta: “La mettiamo quando esaminiamo i campioni. E i pazienti infetti, certo. Ma per il resto… meglio una maschera di Carnevale”.
A cura di Annalisa Girardi
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"No allarmismo, molta attenzione e molto lavoro da parte nostra. Spiegare le cose alla gente, informare, dicendo onestamente che le cose possono cambiare in bene o in peggio. Ma dire le cose vere con molta obiettività. C'è un bombardamento di notizie che fomentano la paura, c'è stato un lavaggio del cervello collettivo. Sembra che siamo in guerra. Ma non siamo in guerra". La direttrice del laboratorio di Microbiologia clinica, Virologia e Diagnostica bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, Maria Rita Gismondo, cerca di rassicurare sull'emergenza del coronavirus in un'intervista a Repubblica. E taglia corto sulla questione delle mascherine: non servono. Infatti, non la porta: "La mettiamo quando esaminiamo i campioni. E i pazienti infetti, certo. Ma per il resto… meglio una maschera di Carnevale".

La direttrice del laboratorio si dice soddisfatta dalle recenti dichiarazioni del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che ha sottolineato come il Sars-Cov-2 sia "poco più che una normale influenza". Gismondo afferma: "Bene. Significa che mi stanno ascoltando. Non devi dire che non sta succedendo niente, devi dire che è vero, c'è un virus che può passare da una persona all'altra. E se si sta male con la tosse e la febbre, allora si sta a casa. hi si interessa di salute ha il dovere di spiegare. Così tutti i papà e le mamme si tranquillizzano. Se invece li invadi con video di città deserte, ambulanze a sirene spiegate eccetera, crei il panico. Tutte le misure adottate possono sembrare un'esagerazione, dal punto di vista scientifico. Ma bisogna dare risposte alla gente. Poi, spesso la salute viene strumentalizzata a livello politico. E qui mi fermo. Ma è inaccettabile".

La direttrice racconta quindi la vita in laboratorio, che da alcune settimane non si ferma mai: al momento ci sono otto medici, due in più di prima per far fronte all'emergenza. " E 15 tecnici. Turni estenuanti, ma non chiudiamo mai, neanche la notte". E spiega come sia cominciato tutto: "Quindici giorni fa, con poche richieste di analisi. Poi è scoppiato il caso Codogno. E sono arrivati centinaia di campioni". Rivolgendosi quindi direttamente al giornalista che la intervista, Gismondo conclude affermando che si parlerà dell'epidemia ancora per un po': "Non penso che la settimana prossima si possa non parlare di coronavirus. Tra l'altro, a me non piacciono i virus, preferisco i batteri. Però, quando tutto questo sarà finito, mi farò fare un ciondolo d'oro a forma di coronavirus, che è bellissimo. Poi me lo metto al collo. Sarà il mio trofeo. E si ricordi bene una cosa. Si lavi le mani. Il bagno è la porta di fronte".

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