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Covid 19

Coronavirus, Galli (Sacco): “In terapia intensiva anche ragazzi con meno di 30 anni”

“Ci sono anche dei giovani con problemi decisamente seri. Abbiamo anche dei trentenni, anche sotto i trent’anni. Pochi casi, non c’è proporzione ovviamente. Abbiamo casi anche in rianimazione” ha dichiarato Massimo Galli, primario infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano: aggiungendo: “Non lo dico per far sì che i giovani capiscano che non possono considerare gli anziani di casa loro come qualcosa che tanto si può buttare”.
A cura di Antonio Palma
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Tra le persone ricoverate in ospedale perché contagiate dal nuovo coronavirus in Italia ci sono anche ragazzi sotto i trenta anni tra cui alcuni persino nel reparto di terapia intensiva. A rivelarlo è stato Massimo Galli, primario infettivologo dell’Ospedale Sacco di Milano, il centro sanitario individuato come struttura centrale per l’epidemia da Covid-19. “Non lo dico per far sì che i giovani capiscano che non possono considerare gli anziani di casa loro come qualcosa che tanto si può buttare. Dico che ci sono anche dei giovani con problemi decisamente seri. Abbiamo anche dei trentenni, anche sotto i trent’anni. Pochi casi, non c’è proporzione ovviamente. Abbiamo casi anche in rianimazione” ha dichiarato infatti Galli intervistato dai microfoni di Sky tg24.

In molti ospedali situazioni complicate per emergenza coronavirus

“Al Sacco siamo in una condizione relativamente privilegiata. L’intero mio reparto è stato trasformato in un reparto di rianimazione. Stiamo estendendo i letti necessari in altre parti dell’ospedale. Eravamo più preparati proprio perché istituzionalmente eravamo addestrati per questo tipo di possibile emergenza.  Le altre situazioni sono molto più in difficoltà della nostra, da tantissimi punti di vista” ha ammesso Galli riferendosi al grido di allarme  lanciato da molti medici e direttori sanitari per la mancanza di posti  nei reparti di rianimazione proprio in Lombardia.

Per quanto riguarda i contagi, il professor Galli ha ricordato che “La nostra situazione di giovedì, venerdì scorso era più o meno identica, dal punto di vista numerico, alla situazione di Wuhan in 25-26 gennaio. Naturalmente la condizione è molto diversa per un motivo: a Whuan la concentrazione di 11 milioni di persone è in un’area molto più ristretta dell’area della Lombardia, che ne ha dieci molto più dispersi, ma la possibilità di diffusione dell’infezione, se non ti dai da fare a fermarla, è una possibilità reale”.

"Bisogna monitorare con chiarezza i contatti delle persone"

“Nessuno per una questione come questa ha le soluzioni in tasca, pronte e sicure, però secondo me abbiamo due enormi criticità. La prima criticità chiaramente è quella degli ospedali e della ricezione della possibilità di cura in condizione sicure delle persone che hanno bisogno di entrare in ospedale con questa malattia. La seconda criticità è il territorio. Se non saremo in grado di monitorare con chiarezza i contatti delle persone che si sono ammalate, sarà estremamente difficile contenere il controllo nella zona gialla rossa o come vuole chiamarla che di fatto in questo momento tiene una parte essenziale e sostanziale del Paese dal punto di vista economico, della popolazione e del futuro del Paese”.

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