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Covid 19

Chiusa l’Unilever l’azienda del 38enne contagiato dal Coronavirus: “Un altro contagio”

Lo stabilimento dell’Unilever di Casalpusterlengo ha chiuso, per il momento, i battenti. L’azienda dove lavora il 38enne di Codogno, considerato il paziente uno del contagio da Coronavirus, ha voluto preservare la salute degli altri dipendenti sottoponendo tutti al tampone. Fanpage.it li ha raggiunti per farsi raccontare come si sta evolvendo la situazione. “Stanno facendo i test a tutti i dipendenti della fabbrica”, rivela una fonte che ha chiesto di rimanere anonima. “A noi delle aziende esterne nemmeno un tampone”, sostiene invece GIorgio Spagna, sindacalista Cgil, della SerioPlast, che continua: “Siamo tagliati fuori dal mondo, la gente si picchia per l’acqua”.
A cura di Filippo M. Capra
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Lo stabilimento dell'Unilever di Casalpusterlengo, luogo di lavoro di M.M., il 38enne di Codogno ricoverato in gravi condizioni e considerato il paziente uno del contagio del Coronavirus, ha chiuso momentaneamente i battenti. Dopo i primi test fatti ai suoi colleghi, che avevano chiesto lumi ad un'infettivologa ricevendo rassicurazioni, i tamponi sono stati estesi a tutti i dipendenti dello stabilimento con l'intento di fugare quanto più possibile i dubbi sul numero dei contagi.

Un dipendente di Unilever: Hanno fatto il test a tutti i lavoratori della fabbrica

Raggiunto da Fanpage.it, un dipendente dello stabilimento che ha chiesto di rimanere anonimo, ha dichiarato: "Siamo fermi come tutti i siti produttivi dei comuni. Stanno facendo i tamponi a tutti ed aspettiamo gli esiti. Ora hanno allargato anche alle imprese esterne. Ieri hanno finito i dipendenti diretti e ora pian piano fanno gli altri". Sui risultati del test effettuato, però, non si hanno ancora notizie: "Avviseranno direttamente solo quelli che risulteranno positivi, di conseguenza i negativi lo sapranno dal tam-tam. Che io sappia non c'è notizia di altri contagi". I nuovi tamponi sono stati divisi per livelli di "criticità" in base ai contatti avuti con il paziente uno: "Venerdì hanno fatto il test con le persone che sono state a contatto con lui – spiega la fonte dell'Unilever -, mentre sabato è arrivata l'informazione che avrebbero chiamato tutti i dipendenti della fabbrica. Io avevo la febbre e me lo faranno a casa come da indicazioni da 112, ma i miei sintomi, hanno detto, non sono da virus".

L'Asl non fa sapere nulla e il numero verde non aggancia la linea

Sulla tempestività dei controlli domiciliari, però, paiono esserci dei rallentamenti: "Li ho chiamati due volte – continua il dipendente -, mi hanno rimbalzato al numero verde e da lì a un numero dell'Ats. Ho chiamato sabato e domenica mattina. Poi domenica pomeriggio ho cercato di contattare il numero verde e non si agganciava nemmeno la telefonata. Sto aspettando". La mancata uscita domiciliare, però, potrebbe anche essere stata dettata da una presenza di sintomi influenzali non del tutto riconducibili al Coronavirus: "La febbre non è alta e non ho problemi respiratori. Dunque suppongo abbiano capito che non sono una priorità, anche se io sarei dovuto andare in fabbrica a fare il tampone insieme agli altri. Resto in attesa, a Codogno la situazione è surreale".

Giorgio Spagna (Cgil) di un'impresa esterna: All'Unilever un'altra positività, ma a noi nessun test

In merito ai test "allargati anche alle imprese esterne" alla Unilever, però, il sindacalista della Cgil dell'azienda SerioPlast, Giorgio Spagna, fa notare un'incongruenza: "Ai dipendenti dell'Unilever hanno fatto i test, e hanno trovato una donna positiva, una donna, ma a noi no. Non ci ha chiamato nessuno. Non è nemmeno un problema dell'azienda, ci sono la Asl e la Regione – continua Spagna -, dovrebbero essere loro a dirci qualcosa". Il sindacalista rivela poi che i colleghi "mi chiamano per sapere quando faremo i test ma non so dare una risposta". E poi, sulla corsa agli alimenti, commenta: "Dovreste vedere cosa c'è qua davanti ai supermercati: si picchiano per l'acqua. Ma non siamo in guerra, il Coronavirus si cura. La gente va nel pallone. Certo è – conclude – che siamo tagliati fuori dal mondo qua".

Articolo a cura di Filippo M. Capra e Davide Arcuri

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