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Colf uccise il datore di lavoro che la molestava, confermata condanna a 8 anni: “Non fu legittima difesa”

Dopo aver respinto il ricorso della difesa e la richiesta di un rinvio a un nuovo appello per valutare la legittima difesa, la Cassazione ha confermato la condanna a 8 anni per la 52enne che il 24 novembre 2021 uccise a coltellate il pensionato Antonio Amicucci, 68 anni. Presso la casa dell’uomo la signora lavorava come colf, nel rione di Sant’Andrea a Novara.
A cura di Eleonora Panseri
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Dopo aver respinto il ricorso della difesa dell'imputata e la richiesta della Procura generale di un annullamento con rinvio a un nuovo appello per valutare la legittima difesa, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 8 anni di carcere per la donna di 52 anni che il 24 novembre 2021 accoltellò a morte il pensionato Antonio Amicucci, 68 anni, nella sua casa. Per l'uomo la signora lavorava come colf, nel rione di Sant'Andrea a Novara.

La ricostruzione del delitto

Come si legge su La Stampa, la sentenza della Cassazione ha confermato la dinamica del delitto ricostruita durante le indagini. La 52enne, oggi assistita dall'avvocato Giuseppe Ruffier, avrebbe ucciso l'uomo durante una lite scoppiata dopo aver subito l'ennesima avance sessuale da parte del pensionato: "Lui voleva molestarmi e io mi sono difesa". La donna avrebbe impugnato un coltello da cucinacolpito tredici volte Amicucci, senza lasciargli scampo.

La colf aveva successivamente chiamato i soccorsi ed era stata arrestata dai Carabinieri. Fin da subito, aveva parlato delle molestie che era stata costretta a subire per tanto tempo e aveva giustificato l'accoltellamento come legittima difesa, raccontando di aver avuto una reazione d'impeto e che non aveva avuto invece la volontà di uccidere il pensionato per cui lavorava.

La riduzione della pena da 16 a 8 anni

La 52enne, attualmente ai domiciliari, era stata condannata a 16 anni e mezzo per omicidio volontario in primo grado a Novara, mentre lo scorso anno la Corte d'Appello di Torino le aveva riconosciuto tutte le attenuanti generiche e quella specifica della provocazione, negate in primo grado. La donna era stata anche sottoposta in appello a una perizia psichiatrica, richiesta dall'avvocato alla luce di due tentativi di suicidio.

La donna aveva infatti provato a impiccarsi nella sua casa nel gennaio 2023, mentre un anno fa, a febbraio, aveva ingerito candeggina nel tentativo di togliersi la vita. Il perito aveva però concluso per la capacità di stare in giudizio e per la capacità di intendere e volere: "Mide Ndreu vive certamente una situazione di disagio e di problematiche psicologiche, ma queste non hanno rilevanza dal punto di vista processuale". Da qui la riduzione della pena, che ora dovrà scontare, a 8 anni di reclusione.

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