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Femminicidio Cinzia Pinna

Cinzia Pinna, cosa non torna nella confessione di Ragnedda: le cinque ore di buco e la polvere bianca in casa

Proseguono le indagini sull’omicidio di Cinzia Pinna in Sardegna: accertamenti su polvere bianca e tracce di sangue trovare dentro e fuori l’abitazione di Emanuele Ragnedda, 41enne imprenditore del vino reo confesso. Mistero sulle cinque ore di buco tra il loro incontro, il delitto e l’occultamento del cadavere.
A cura di Ida Artiaco
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Cinzia Pinna, 33 anni, ed Emanuele Ragnedda, 41.
Cinzia Pinna, 33 anni, ed Emanuele Ragnedda, 41.
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Continuano a ritmo serrato le indagini sull'omicidio di Cinzia Pinna, la 33enne di Castelsardo scomparsa l'11 settembre e ritrovata senza vita due settimane più tardi nella proprietà a Conca Bentosa, tra Palau e Arzachena, dell'imprenditore del vino Emanuele Ragnedda, 41 anni, che ha confessato il delitto.

Ma sono ancora molti i punti oscuri della vicenda, che gli inquirenti stanno cercando di ricostruire per capire esattamente la dinamica di quanto successo. Ragnedda avrebbe dichiarato di aver sparato "per difendermi, perché ho avuto paura". Nella casa dell'uomo, i carabinieri hanno inoltre trovato tracce di polvere bianca, probabilmente residui di cocaina, e bottiglie di vino semivuote sparse ovunque, oltre a segni di sangue dentro e fuori l'abitazione. Elementi che complicano ulteriormente il quadro e che dovranno essere analizzati nei prossimi giorni.

Durante l'interrogatorio in caserma, durato circa sei ore, Ragnedda ha sostenuto di aver avuto un acceso litigio con la donna e di aver reagito per paura, quando lei si sarebbe avvicinata con un oggetto in mano, che lui ha definito "contundente" senza però specificare quale. A quel punto avrebbe estratto la pistola e sparato, anche se non ricorda con esattezza quante volte. Secondo quanto ricostruito finora, Cinzia quella sera a Palau è salita in auto con Ragnedda, che conosceva, alla fine del turno nel bar dove lavorava. Successivamente il corpo è stato nascosto nella tenuta dell'uomo, buttato via senza neanche essere coperto, dove è rimasto fino al ritrovamento, quattordici giorni più tardi, grazie alle indicazioni fornite dallo stesso indagato. Cosa è successo nelle ore che intercorrono tra l'incontro dei due, la morte della 33enne e l'occultamento del cadavere, resta un mistero.

Oltre alla polvere bianca sul tavolo e alle bottiglie di vino trovati dai Ris, risultano lavati divani e cuscini, quasi a voler cancellare le tracce di sangue. È proprio su questi dettagli che si concentrano ora le indagini, per stabilire se si sia trattato di un gesto improvviso o di un delitto maturato in circostanze più complesse. Intanto, Ragnedda si trova rinchiuso nel carcere di Nuchis con l'accusa di omicidio volontario aggravato dall'uso di un'arma da fuoco e di occultamento di cadavere, mentre è stato scagionato il 26enne che lui stesso aveva indicato come complice. Assistito dall'avvocato Luca Montella, l'imprenditore dovrà comparire davanti al gip per l'udienza di convalida del fermo, che si terrà oggi alle 15. Si deve chiarire anche il movente: una delle ipotesi più accreditate da chi indaga è che la lite sia scoppiata dopo un rifiuto della ragazza a un approccio di natura sessuale da parte dell'uomo, ma al momento non ci sono conferme definitive. Saranno interrogate – stando a quanto riporta Il Corriere della Seradai carabinieri anche altre persone: chi ha riferito di una lite con Cinzia che urlava nel locale di Palau e chi l’ha ripresa in video col cellulare all’uscita, che già barcollava, poco prima che arrivasse l’auto di Ragnedda e lei ci salisse su.

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