Caso Aldrovandi, condannati altri due poliziotti per depistaggio

Si aggiunge un nuovo tassello al caso Aldrovandi, il giovane diciottenne morto a Ferrara nel 2005 per le percosse subite da quattro agenti già condannati pochi giorni fa in via definitiva. La Corte d’appello di Bologna, infatti, ha confermato la condanna di primo grado per altri i due poliziotti accusati di aver depistato le indagini. Il cosiddetto processo “Aldrovandi bis” vede imputati i poliziotti Marcello Bulgarelli e Marco Pirani, già condannati in primo grado rispettivamente a 10 mesi per omissione di atti d’ufficio e favoreggiamento è a 8 mesi per omissione di atti d’ufficio. Dopo la conferma di entrambe le condanne in appello, nonostante per Pirani lo stesso procuratore Longo aveva chiesto la derubricazione del reato da omissione di atti d’ufficio a omessa denuncia, con una riduzione di pena da 8 a 3 mesi, i legali degli imputati fanno già sapere di voler ricorrere in Cassazione.
I due poliziotti avrebbero ostacolato le indagini – In particolare secondo la ricostruzione dell'accusa approvata fin qui dai giudici, Marcello Bulgarelli in quelle ore in cui Aldrovandi veniva ucciso dalle percosse dei poliziotti avrebbe interrotto la registrazione di una telefonata ritenuta compromettente per i quattro agenti poi condannati per la morte di Federico. Marco Pirani, invece, non avrebbe inserito nel fascicolo del Pm il registro delle telefonate arrivate al 113. Dopo la sentenza della Corte d'Appello di Bologna i legali degli imputati si dicono perplessi perché si aspettavano l’assoluzione, o almeno per Pirani “la riqualificazione del reato in omessa denuncia”, c’è stata invece soddisfazione da parte del legale della famiglia Aldrovandi che afferma “l’omissione e il favoreggiamento sono reati odiosi per pubblico ufficiale”.
La madre di Federico chiede di continuare a fare chiarezza – La madre di Federico, invece spera che tutti questi siano tasselli che aiutino a comprendere meglio le responsabilità di tutti dichiarando “qualcuno nella polizia di allora sa la verità e mi piacerebbe che ora parlasse”. La signora Patrizia Moretti al centro anche di offese subite nei giorni scorsi dagli agenti condannati, infatti, è convinta che molti sappiano tutto quello che è accaduto la sera in cui morì il figlio e che sui fatti no è stata fatta piena luce perché “sta venendo fuori che nella questura di Ferrara in quei mesi del 2005 e poi nel 2006 si misero in atto azioni che hanno impedito di far luce appieno sui fatti, non si è trattato di semplici omissioni ma di azioni decise per insabbiare tutto” .