Bimbi nel bosco, perché dopo l’udienza di ieri i tre fratellini non sono ancora tornati a casa dai genitori

Non si sono ancora espressi i magistrati chiamati a decidere sull'eventuale ritorno a casa dei tre bimbi cresciuti nei boschi di Chieti e allontanati dai genitori, Nathan Trevallion e Catherine Birmingham, lo scorso 20 novembre. La decisione potrebbe arrivare a gennaio, anche se la speranza è che il verdetto arrivi prima di Natale per permettere ai tre fratellini di trascorrere le feste in famiglia.
Durante l'udienza di ieri, martedì 16 dicembre, i giudici non si sono espressi su un ricongiungimento dei minori con i genitori, riservandosi la decisione con un termine di 60 giorni. Il nodo principale, al momento, riguarda la scuola (la figlia maggiore della coppia, infatti, saprebbe scrivere solo il suo nome mentre gli altri bambini non sanno leggere), la ristrutturazione della casa nel bosco in cui vivevano e i vaccini obbligatori.
"Il cambio di rotta di Trevallion e Birmingham va valutato positivamente – ha sottolineato a Fanpage.it l'avvocato Gabriella Di Fresco, esperta in diritto di famiglia – ma dovrà essere accompagnato da una serie di accertamenti che consentirà alla Corte di appello di valutare se ai bambini sia offerta la possibilità concreta di crescere in un ambiente che ne garantisca l'identità, la socializzazione, l'istruzione e la salute".
Avvocato, durante l'udienza di ieri i genitori dei bambini hanno presentato una serie di documenti per dimostrare il cambio di passo su alcuni punti richiesti dal Tribunale. Il giudice si è riservato la decisione. Secondo lei perché i minori non sono tornati a casa, sciolti i nodi sulle "garanzie" richieste?
Va premesso che il Tribunale per i Minorenni tutela il primario benessere dei minori. Pertanto, non appena si attiva la macchina giudiziaria, è inevitabile che tutte le abitudini di vita di una famiglia siano scandagliate a fondo. Nel caso della famiglia del bosco va tenuto presente che alla decisione di allontanare i minori si è giunti gradualmente, dopo un periodo di monitoraggio in cui si è dovuto prendere atto del rifiuto dei genitori di rispettare prescrizioni del Tribunale. Il loro attuale cambio di rotta va senz’altro valutato positivamente ma dovrà essere accompagnato da una serie di altri accertamenti, il cui risultato consentirà alla Corte d’appello di valutare se ai bambini sia offerta concretamente la possibilità di crescere in un ambiente che ne garantisca l’identità, la socializzazione, l’istruzione e la salute.
È possibile che i giudici decidano prima di Natale per permettere ai bambini di passare le feste in famiglia con i genitori?
Purtroppo, non è possibile ipotizzare tempistiche precise. Per la mia esperienza, le decisioni in questa materia sono abbastanza celeri ma sempre “prudenti”, proprio per tutelare il primario benessere dei minori.
Da avvocato pensa che il ritorno a casa dei bambini possa essere a rischio in qualche modo? O comunque ci sarà, anche se con tempistiche dilatate?
Credo che i bambini faranno ritorno a casa solo quando l’autorità giudiziaria avrà a disposizione tutti gli elementi per affermare che la situazione di pregiudizio è venuta meno e che il contesto familiare è ora idoneo a garantire loro una crescita sana e serena. L'acquisizione di questi elementi richiederà inevitabilmente tempo e valutazioni prudenti. Anzi, immagino che anche in caso di rientro a casa dei minori, si renderanno necessari il supporto e il monitoraggio dei servizi sociali.
Il garante per l'infanzia ha dichiarato che sono stati trasmessi dati sensibili di questi bambini su scuola e vaccini, per esempio, e che è stata violata la loro privacy. C'è il rischio che il vero trauma per questi minori sia la narrazione dei media e non la vita familiare avuta fino a qualche settimana fa?
Da quel che ho letto, traggo anch’io l’impressione che i dati sensibili dei bambini siano stati trattati con eccessiva disinvoltura, ignorando le norme previste dal Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR) in materia di raccolta, elaborazione e condivisione dei dati sensibili. Norme che si fanno ancora più stringenti quando si tratta di riservatezza e dignità dei minori, i cui dati non possono essere divulgati senza lo specifico consenso di entrambi i genitori.
Non c’è dubbio, a mio avviso, che la copertura mediatica della vicenda possa turbare i bambini, che non dispongono ancora degli strumenti emotivi e cognitivi necessari per confrontarsi con una realtà tanto complessa.
Al trauma della separazione dai genitori potrebbe aggiungersi un secondo trauma, dovuto proprio all'eccessiva esposizione mediatica.