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Famiglia che vive nel bosco

Bimbi nel bosco, ora l’avvocata dice che i genitori non avevano capito l’ordinanza: “Faranno i lavori”

La famiglia Trevallion-Birmingham apre al dialogo con le istituzioni: superato il problema linguistico, è pronta a rispettare le prescrizioni del Tribunale e ad effettuare i lavori richiesti sulla casa. A partire da un bagno e dall’ampliamento dell’edificio.
Intervista a Avvocata Danila Solinas
Legale della famiglia Trevallion-Birmingham
A cura di Davide Falcioni
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Ricucire lo strappo con le istituzioni e offrire la massima disponibilità al dialogo: è questa la nuova strategia che la famiglia Trevallion-Birmingham, al centro del caso che ha portato all’allontanamento delle tre figlie da parte del Tribunale per i Minorenni de L’Aquila, ha deciso di adottare dopo settimane segnate da tensioni, dichiarazioni contrapposte e una narrazione che li ha descritti come ostinati e refrattari a ogni forma di collaborazione.

Dopo la sospensione della responsabilità genitoriale e le polemiche – anche politiche – che sono seguite, i genitori rivendicano oggi un diverso approccio. A chiarirlo, intervistata da Fanpage.it, è l’avvocata Danila Solinas, nuova legale della coppia, che ha spiegato come il presunto muro contro muro fosse in realtà il risultato di un ostacolo molto più elementare: la mancata comprensione, per giorni, dell’ordinanza e degli atti ufficiali, redatti in un linguaggio tecnico non tradotto nella loro lingua.

Una volta superato il blocco linguistico, sostiene Solinas, la famiglia ha manifestato piena disponibilità ad adeguarsi alle prescrizioni del Tribunale, a partire dagli interventi richiesti sulla loro abitazione: l’installazione di un bagno e un piccolo ampliamento dell’immobile, lavori che considerano compatibili con la loro filosofia di vita e che sono pronti ad avviare quanto prima pur di poter tornare a vivere con le loro figlie.

Avvocata Solinas, ieri la famiglia Trevallion-Birmingham ha diffuso una lunga nota in cui annuncia un cambio di approccio nei confronti delle istituzioni. Cosa significa, in concreto, questa "maggiore collaborazione"?

La nota, a mio avviso, è molto chiara. La famiglia non ha mai inteso ostacolare l’attività dell’autorità giudiziaria. La sospensione della responsabilità genitoriale è un provvedimento grave, e loro ne sono consapevoli. Fin dall’inizio di questa vicenda non c’è mai stata alcuna volontà di sottrarsi agli accertamenti, ma un forte impedimento linguistico che ha condizionato la comprensione delle richieste e delle tempistiche. Il mutamento di questi giorni non è un ripensamento, bensì l’esito di una piena presa di coscienza di ciò che il Tribunale ha effettivamente chiesto.

Il loro atteggiamento era apparso a tratti piuttosto rigido…

Non c'è mai stata una posizione rigida da parte della famiglia, anche se sono sicuramente fermi nel voler perseguire il loro obiettivo di vita.

Quando parla di "problema linguistico", a cosa si riferisce?

I coniugi Trevallion e Birmingham hanno avuto accesso alla traduzione integrale dell’ordinanza soltanto pochi giorni fa. È la prima volta che hanno potuto leggere in inglese, e dunque comprendere fino in fondo, i contenuti del provvedimento e degli atti connessi.

Questo deficit di comprensione può aver contribuito all’impressione di fermezza attribuita loro?

Credo di sì. Si è parlato di un atteggiamento ostinato, ma la verità è che non c’è mai stata una posizione pregiudizialmente rigida. La famiglia ha uno stile di vita particolare, coerente con un modello che hanno scelto consapevolmente e che non intendono rinnegare; ma non ha mai inteso contrapporsi alle istituzioni. Oggi, avendo compreso con precisione cosa viene chiesto loro, dichiarano la piena disponibilità a rispettare le prescrizioni del Tribunale.

Insomma, ci sta dicendo che per giorni si è discusso di un'ordinanza che la famiglia non aveva neanche compreso?

Esattamente quello che è stato, purtroppo esattamente quello che è stato.

Le prescrizioni del Tribunale per i Minorenni de L'Aquila riguardano tra l'altro le condizioni dell’abitazione in cui la famiglia risiede. Che correttivi sono disposti ad adottare?

Parliamo di interventi minimi, come l’installazione di un bagno e un piccolo ampliamento dell’immobile. Lo ribadisco: non stiamo discutendo della rinuncia al loro stile di vita, che rimane per loro un elemento identitario. La casa è di loro proprietà e hanno intenzione di continuare a viverci secondo la loro filosofia. Ma questo non esclude l’adesione alle richieste dell’autorità giudiziaria: sono pronti ad apportare tutte le modifiche ritenute necessarie.

Il Tribunale ha sollevato anche la questione della "vita di relazione" delle bambine. Cosa può dirci a riguardo?

È un punto che ritengo importante. In atti sono presenti diverse lettere inoltrate dalla madre che documentano la rete di relazioni delle bambine: rapporti con coetanei, attività con altre famiglie, contesti educativi informali. Spesso si tende a immaginare un modello di famiglia standard, mentre qui si parla di una scelta di vita diversa, ma non per questo isolata o povera di stimoli. Anzi, da ciò che emerge, l’ambiente in cui le bambine crescevano era ricco e affettivamente solido.

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