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Covid 19

Benvenuti all’hotel Covid, dove i pazienti (quasi) guariti aspettano di poter tornare a casa

Un reparto ospedaliero da 60 posti, messo in piedi in 48 ore all’interno di un albergo. È l’hotel Covid di Acireale, in provincia di Catania, dove vengono mandati i pazienti che non hanno più sintomi ma aspettano ancora i due tamponi negativi di fila. “Scarichiamo gli ospedali e diamo a chi è stato contagiato l’opportunità di fare una vita più normale”, spiega a Fanpage.it l’infettivologo Mario Raspagliesi, responsabile della struttura.
A cura di Luisa Santangelo
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"Dovendo passare tanti giorni in attesa… Tra qua e in ospedale meglio qua, no?". I quasi ex pazienti Covid-19 sono in giardino. Passeggiano in ciabatte, chiacchierano tra di loro (con le mascherine) e aspettano. Sono clinicamente guariti, cioè non hanno più sintomi, ma aspettano che il tampone confermi che il coronavirus è stato battuto. Invece di attendere in ospedale, però, lo fanno all'Ibis styles hotel di Acireale, in provincia di Catania. "Abbiamo creato un reparto di ospedale all'interno di un albergo, e lo abbiamo fatto in 48 ore", spiega a Fanpage.it Mario Raspagliesi, l'infettivologo a cui l'Azienda sanitaria provinciale di Catania ha affidato il primo Covid hotel di Sicilia. Sessanta posti, dei quali al momento occupati 16, per la fase 2 dei contagiati. Quella di convivenza pacifica con il virus, finché non sparirà del tutto dal loro corpo.

"Ci sono casi di reiterate positività – afferma Raspagliesi – Persone clinicamente guarite da tempo che ancora, però, risultano positive al virus. Oppure ci sono persone a cui un tampone dà esito negativo e quello successivo dà esito positivo, perché magari non si era riusciti a prelevare, nel primo caso, abbastanza materiale da analizzare. O magari la carica virale era semplicemente molto bassa". Di motivi possono essercene parecchi. Ma dopo due tamponi negativi uno dopo l'altro dall'hotel Covid si fa il check-out e si torna a casa. "Io per fortuna non ho avuto grossi sintomi – dice un paziente, seduto su una panchina sotto a un albero – Solo febbre e tosse. In ospedale c'erano persone, anche miei vicini di letto, che venivano dalla Terapia intensiva". Lui ha trascorso nel reparto di Malattie infettive del Garibaldi Nesima di Catania nove giorni, dopo essersi ammalato in ufficio. Poi è stato mandato in albergo.

"Mi hanno chiesto se volessi tornare a casa, ma questo avrebbe significato mettere a rischio e in quarantena mia moglie. Così ho scelto questa soluzione", racconta. A passeggiare accanto a lui c'è un 86enne, il più anziano degli ospiti dell'hotel convertito. Viveva in una casa di riposo, è stato contagiato insieme ad altri e adesso, mentre aspetta la seconda negatività, suo nipote cerca per lui un'altra struttura che possa accoglierlo. "Posti come questo albergo sono fondamentali nella fase 2 – continua l'infettivologo Raspagliesi – scarichiamo gli ospedali e, allo stesso tempo, isoliamo chi è ancora infetto. Ma garantendo anche a loro una vita più normale, senza lo stress del reparto vero e proprio".

Una vita più normale la vorrebbero anche gli infermieri che assistono i pazienti. Con un carrello passano da una stanza all'altra per somministrare i farmaci. Non solo le terapie anti-Covid, ma anche le altre seguite dai cittadini che abitano lì. "Io, assieme a un collega, sono stato il primo a prendere servizio qui", interviene Vito Di Mauro, infermiere. "Da un mese e mezzo mi sono isolato dalla mia famiglia. Ho scelto di non vivere con loro perché quando torno a casa ho bisogno di stare tranquillo e non posso se ho paura per loro – continua – Vedo mia moglie a lavoro, visto che anche lei è infermiera, anche se in ospedale e in un reparto meno delicato del mio. Mia figlia, invece, la guardo dal giardino". Quando non lavorerà più nell'hotel, tornerà a casa anche lui, come i pazienti. "Speriamo presto", sospira da dietro il casco.

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