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Covid 19

Bassetti: “Vaccini Covid siano obbligatori per chi arriva dall’Ucraina, rischiamo fuoco di ritorno”

Matteo Bassetti a Fanpage.it sulla situazione Covid in Italia e in Europa: “Al via la fase di convivenza col virus in cui possiamo permetterci un maggiore alleggerimento delle misure, anche del Green pass. Attenzione, però, a quello che sta succedendo in Ucraina: l’Europa valuti di rendere obbligatorio il vaccino per gli sfollati”.
A cura di Ida Artiaco
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"La pandemia di Covid non è finita, ma è cominciata la fase di convivenza col virus in cui possiamo permetterci un maggiore alleggerimento delle misure, come lo stop all'uso del Green pass e l'obbligo di mascherina in determinate situazioni. Attenzione, però, a quello che sta succedendo in Ucraina: la guerra è la migliore amica delle malattie infettive e serve uno sforzo comune di tutta l'Ue per raccomandare o rendere obbligatoria la vaccinazione per gli sfollati. In questo momento non possiamo permetterci un fuoco di ritorno". A parlare a Fanpage.it è Matteo Bassetti, primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, che ha fatto il punto della situazione Covid in Italia e nel resto del Vecchio Continente.

Dott. Bassetti, lei sui social ha scritto che in Italia c'è una ripresa dei contagi Covid. Cosa sta succedendo nello specifico?

"Quando guardiamo i numeri dei contagi dobbiamo sempre ricordare che sono dati influenzati molto non da una politica univoca del tracciamento ma da chi va a farsi il tampone in maniera spontanea e quindi subisce involontariamente un errore di fondo, di campionamento. Non dobbiamo guardare come indicatore di come vanno le cose il numero dei contagi ma se c'è una maggiore pressione sugli ospedali. Cosa che non sta avvenendo. Qualcuno può dire che questo valore si vede dopo due settimane. È vero, ma è anche vero che i nostri ospedali non si stanno svuotando progressivamente, anzi non c'è proprio pressione. Oggi in tutta Italia abbiamo circa 600 persone in rianimazione su una popolazione di 60 milioni di abitanti, che è un numero assolutamente minimo. Altri Paesi hanno avuto prima di noi andamenti fluttuanti nella crescita dei casi, ma io credo che con la variante Omicron e con l'alta percentuale di vaccinati al momento questo aumento non sia un campanello d'allarme. Occorre sempre fare attenzione. Ma da qui a dire che c'è ripresa dell'epidemia e che dobbiamo correre ai ripari ce ne passa".

Quali le conseguenze sanitarie della guerra in Ucraina?

"Dobbiamo fare considerazioni sulla Ucraina ma anche sulla Russia, perché tra i due Paesi c'è vicinanza abbastanza importante climatica ma anche di diffusione del contagio. Erano entrambi nel pieno dell'ultima ondata poco prima che smettessero di dare i dati. In questo momento, come è giusto che sia, non vengono fatti tamponi e non c'è tracciamento, non si fa sequenziamento. L'Ucraina in particolare è un Paese che ha solo il 30% della popolazione vaccinata e con terza dose non arriva neanche al 20%. Quindi 4 cittadini ucraini su 10 non hanno completato il ciclo vaccinale, il che vuol dire che c'è un problema significativo di tipo culturale, perché non è che non si sono vaccinati perché non c'erano dosi ma perché in qualche modo non hanno voluto farlo".

Quali misure dovremmo considerare per evitare rischi di una ripresa dell'epidemia?

"Credo che l'Europa, che sta lavorando molto bene con le campagne di vaccinazione, non può accogliere queste persone se non offrendo loro la vaccinazione o addirittura rendendola obbligatoria, perché non possiamo permetterci in questo momento un fuoco di ritorno. Anche perché stanno vivendo nelle condizioni peggiori per quanto riguarda la circolazione del virus, in grossi assembramenti senza distanziamento e mascherine. In questo contesto non è importante solo la vaccinazione contro il Covid. L'Ucraina prima di questa guerra aveva già segnalato focolai di poliomielite, oltre ad una altissima incidenza di tubercolosi anche resistente ai farmaci, per cui c'è bisogno di fare uno sforzo condiviso per affrontare il problema malattie infettive nella sua globalità. Non dimentichiamoci che la guerra è la migliore amica delle malattie infettive".

Che Pasqua ci aspetta secondo lei?

"Secondo me c'è una certa chiusura da parte del Governo e del Ministero della Salute nel voler alleggerire le misure. Io credo che noi dovremmo andare nella direzione in cui sono andati altri Paesi anche a noi vicini anche dal punto di vista dell'organizzazione del sistema sanitario, come Germania, Francia e Spagna. Invece mi pare che da parte di alcuni ci sia, lo ripeto, un certo grado di chiusura. Alcune misure diventano anacronistiche. Come la mascherina allo stadio, su cui bisognerebbe ragionare per eliminarla. Con questo non sto dicendo che dobbiamo buttare via le mascherine, rimarranno per chi le vorrà usare e chi riterrà più opportuno usarle, diverso è l'obbligo".

E sul Green pass?

"Io penso che anche il Green pass debba andare verso un alleggerimento per renderci più simili ad altri Paesi. Se pensiamo a una Pasqua con turisti che arrivano in Italia, possiamo far utilizzare a tutti il Super Green pass? Penso che per alcune attività potremmo già farlo togliere. Io sono stato uno dei più grandi fautori della certificazione verde come strumento per spingere le persone a vaccinarsi e mi pare che abbia sortito i suoi frutti. Ma ha ancora un senso continuare col Green pass quando abbiamo meno di 10mila nuove inoculazioni al giorno? Tornare alla normalità non vuol dire dimenticarsi di tutto ma che in questo momento la situazione è migliorata. Ora possiamo permetterci alcune aperture, dopodiché a settembre e ottobre se ne avremo bisogno potremo tornare a stringere un po'".

Cosa dice a chi afferma che la guerra ha avuto il merito di zittire i virologi in tv e sui giornali? 

"Io sono ben contento se non parleremo più di Covid perché è scomparso. Dubito però che sia così, credo che è finita la fase della pandemia ed è iniziata quella della convivenza col virus dove è ancora fondamentale ascoltare le persone che sono sul campo. Io dico che non è finita fin quando non è finita".

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