Anziano morto nel reparto infestato dalle formiche, a Palermo assolti tutti gli imputati

Nessuna negligenza, nessun caso di malasanità. Si chiude con un’assoluzione piena per tutti gli imputati la vicenda giudiziaria che nel 2017 scatenò clamore mediatico a livello nazionale, dipingendo l’ospedale Civico di Palermo come simbolo del degrado della sanità pubblica.
Il caso esplose dopo la diffusione di un video che mostrava alcune formiche in un reparto del nosocomio palermitano. Pochi giorni dopo, il 2 settembre 2017, la morte di Vincenzo Oliveri, un anziano paziente ricoverato inizialmente al Civico e poi trasferito all’ospedale Cervello, alimentò l’indignazione. L’allora ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, inviò ispettori nel capoluogo siciliano e l’opinione pubblica parlò subito di scandalo.
I familiari della vittima presentarono un esposto, ipotizzando un nesso tra il decesso e la presunta scarsa igiene nel reparto di Pneumologia. Secondo i consulenti nominati dalle parti civili, la morte sarebbe stata causata dalla mancata somministrazione dell’antibiotico colimicina (o colistina).
Dagli atti e dalle testimonianze emerse in aula, è risultato che la colimicina era stata effettivamente prescritta e somministrata durante la degenza domiciliare, prima del ricovero d’urgenza al Cervello. I periti incaricati da accusa e difese hanno concordato: le condizioni cliniche del paziente erano già gravemente compromesse al momento del primo ricovero, l’8 giugno 2017, per una patologia polmonare in fase terminale.
Quanto al tema delle formiche, al centro dello scandalo mediatico, i carabinieri del NAS non rilevarono alcuna presenza anomala. La direzione sanitaria dell’ospedale aveva già predisposto interventi di disinfestazione richiesti dai responsabili del reparto, ben prima che la vicenda balzasse alle cronache. Nessuna prova ha mai dimostrato un legame tra la presenza di insetti e la morte del paziente.
Gli assolti sono Giuseppe Madonia, Francesco Norrito, Marinella Alessi, Renato Fumagalli, Provvidenza D'Accardi, Maria Emanuele, Alberto Maringhini e Angelo Giuseppe Arena, difesi dagli avvocati Giuseppe Di Cesare e Fernanda Bono, Giuseppe Seminara, Salvino e Giada Caputo, Giovanni Di Benedetto e Carlo La Rosa.