Andrea Bonafede, il prestanome di Messina Denaro condannato in appello: 14 anni per associazione mafiosa

Confermata anche in appello la condanna per Andrea Bonafede, il prestanome di Matteo Messina Denaro. Per il geometra di Campobello di Mazara, che per anni ha prestato l'identità all'ex boss di Cosa Nostra, la corte d'appello di Palermo oggi ha sentenziato 14 anni di carcere, confermando la pena emessa nel giugno di un anno fa in primo grado dal Giudice per le udienze preliminari. Bonafede, che era accusato di associazione mafiosa e concorso in falso, infatti ha beneficiato dello sconto di un terzo della pena per aver scelto e ottenuto il processo con rito abbreviato.
Secondo quanto stabilito dalle indagini, Beonafede per anni ha prestato la sua identità e i documenti al boss mafioso permettendogli ad esempio di curarsi alla clinica La Maddalena di Palermo, dove infine fu catturato, ma ha anche procurato nascondigli per Matteo Messina Denaro e acquistato oggetti e auto per conto del boss. Proprio seguendo i suoi movimenti che infine i carabinieri riuscirono a risalire al latitante arrestandolo all’uscita della clinica privata di Palermo il 16 gennaio 2023.
In virtù delle sue azioni compiute negli anni, il Gup nella sentenza di primo grado lo aveva condannato per l’associazione mafiosa. Secondo il Tribunale, infatti, "Data la delicatezza del ruolo di Messina Denaro in Cosa nostra e la difficoltà derivante dalla sua condizione di latitante, non è logicamente accettabile che questi si sia improvvisamente affidato ad un soggetto occasionalmente incontrato, non affiliato e che non vedeva da moltissimi anni, per coprire la sua identità".
L’uomo, che è anche nipote del boss Leonardo Bonafede, per i giudici ha consentito al capomafia "di preservare il proprio status di latitante e, conseguentemente, di continuare a ricoprire il proprio ruolo direttivo nell'associazione mafiosa". Lo ha fatto, oltre che come prestanome, come una sorta di assistente affittando ad esempio un immobile usato come nascondiglo da Messina Denaro, acquistando per lo stesso motivo un appartamento a Campobello di Mazara, e comprando due auto e diversi cellulari. "Va dunque definitivamente accreditato che nell'ambito dell'associazione mafiosa la figura di Bonafede appare, dunque, piuttosto riconducibile a quella dell'affiliato ‘riservato' al servizio diretto del capo mafia" avevano concluso i giudici.