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Omicidio a Gemona

Alessandro Venier, fatto a pezzi da mamma e compagna. L’ipotesi: “Non aveva apparecchiato la tavola per cena”

Continuano le indagini per ricostruire la dinamica e il movente dell’omicidio di Gemona, dove Alessandro Venier è stato ucciso e fatto a pezzi dalla mamma e dalla compagna. In attesa degli interrogatori delle due donne e dell’autopsia, tra le ipotesi c’è quella della lite per futili motivi alla base del delitto: la vittima non avrebbe apparecchiato la tavola per cena.
A cura di Ida Artiaco
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Continuano le indagini a Gemona del Friuli (Udine) dove ieri è stato scoperto l'omicidio di Alessandro Venier, 35 anni: l'uomo, papà di una bimba di sei mesi, è stato ucciso e fatto pezzi – tagliato in tre parti – poi i resti sono stati riposti dentro ad un bidone nella cantina di casa e ricoperti da più strati di calce per nasconderne l'olezzo. Sono state la mamma, Lorena Venier, 62 anni, infermiera nell'ospedale locale, e la compagna della vittima, Marylin Castro Monsalvo, 30 anni di origine colombiana, in mattinata a chiamare le forze dell'ordine, confessando di essere state loro a commettere il delitto. Portate in caserma, sono state arrestate.

Già ieri sera la mamma di Alessandro è stata interrogata dal sostituto procuratore Giorgio Milillo. Si tratterebbe, secondo quanto si apprende, soltanto di una prima parte dell'interrogatorio, che dovrebbe riprendere oggi. Una volta cristallizzata la prima deposizione, si procederà, presumibilmente sempre questa mattina, con l'acquisizione delle dichiarazioni di Mylin Castro Monsalvo, la compagna della vittima. La salma, una volta ricomposta, è stata affidata a un istituto legale per l'autopsia.

Nella villetta dove si è consumato il dramma, in località Taboga, alla periferia di Gemona, anche oggi proseguiranno gli accertamenti da parte dei reparti scientifici dei carabinieri. A prescindere da quanto diranno le due donne, gli investigatori vogliono ricostruire esattamente le modalità dell'omicidio e individuare la stanza dove l'uomo è stato ucciso. Il bidone, dove erano nascosti i resti del 35enne, infatti, era in una sorta di autorimessa affianco alla villetta stessa. Nell'abitazione finora non sono state trovate evidenti tracce di sangue. Il decesso dell'uomo risalirebbe comunque a giorni fa e potrebbe essere stato sedato prima di essere fatto pazzi.

Soprattutto, gli inquirenti vogliono cercare di capire il movente di un delitto così efferato. Al momento ci sono solo ipotesi e la Procura ha chiesto la massima discrezione, trattandosi di una situazione molto delicata. La sostituta procuratrice di Udine, Danelon, ha detto che "per il momento si tratta soltanto di illazioni che non possono essere confermate fino a quando non saranno ascoltate le due persone che si sono auto-incolpate del delitto". Pare tuttavia che alla base dell'omicidio ci sia stata una lite – probabilmente l'ennesima – per futili motivi, scoppiata venerdì sera perché Alessandro non aveva preparato la tavola e la cena. Ma c'è ancora tanto da ricostruire.

Di certo, i rapporti in quella casa non erano tranquilli. Alessandro, che aveva qualche piccolo precedente e che portava il cognome della madre perché non è stato riconosciuto dal padre, un cittadino straniero, non aveva un lavoro stabile, era appassionato di trekking e fitness ed amava l'America Latina, dove era già stato in passato. Proprio in Colombia conobbe quella che sarebbe diventata la mamma di sua figlia, un’operatrice socio-sanitaria anche lei al momento disoccupata.

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