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Alessandro Leon Asoli condannato per aver avvelenato i genitori, il legale: “Ora vuole seconda chance”

Alessandro Leon Asoli vorrebbe il perdono della madre Monica Marchioni, la donna sopravvissuta al tentativo di avvelenamento con un piatto di penne al salmone e “una seconda chance nella vita”. A parlare in un’intervista a Fanpage.it è l’Avvocato Davide Bicocchi, difensore del 21enne.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Ha ammesso di aver avvelenato il patrigno Loreno Grimaldi con un piatto di pennette al salmone e di aver cercato di uccidere anche sua madre, Monica Marchioni. Alessandro Leon Asoli, 21 anni, ha confessato davanti al giudice della Corte d'Assise d'Appello nella giornata odierna, lunedì 27 marzo. Il giovane si è dichiarato pentito e desideroso di ricevere il perdono della madre. Nonostante l'ammissione di colpa, i magistrati hanno confermato la condanna a 30 anni di carcere.

"Quello di Alessandro è stato un percorso interiore che lo riguarda dal punto di vista personale – ha spiegato a Fanpage.it l'Avvocato Davide Bicocchi che da poco difende il ragazzo -. La scelta di confessare non è stata determinata da una finalità utilitaristica che non era prevedibile. Ha maturato una consapevolezza che è diventata un'esigenza".

Secondo il legale, Alessandro, descritto dalla madre come indolente e alla ricerca di "soldi facili", vorrebbe una seconda chance per dimostrare "di essere capace anche di fare del bene". "Ha espressola speranza che la madre lo perdoni e quella di avere un'occasione per dimostrare che il male non è l'unica cosa che può fare. La sua presa di coscienza è stata molto profonda dal punto di vista emotivo e la confessione ha mostrato tutta la sofferenza che ha provato".

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Monica Marchioni, però, non avrebbe mostrato intenzione di ricongiungersi al figlio, ancora troppo provata da quanto successo il 15 aprile del 2021. Tramite il suo avvocato, la donna ha più volte ammesso di non essere pronta al perdono e di non essere andata a trovare Alessandro in carcere.

"Per il momento non c'è margine di riavvicinamento al figlio – spiega ancora Bicocchi -. Lui ci spera, si è pentito e sa che nulla è scontato e che ci sarà bisogno di tempo". Il giovane, durante la sua ammissione di colpa, non ha fornito motivazioni per quanto fatto. Un mea culpa quasi mormorato in aula prima di manifestare il desiderio di avere un faccia a faccia con la mamma, poi di nuovo il silenzio fino alla sentenza.

Nel corso del processo d'appello e dopo la confessione, i giudici hanno confermato la sentenza emessa in primo grado per 30 anni di carcere. "Non sappiamo cosa sarà del futuro. Ci sono 90 giorni di tempo per depositare le motivazioni della sentenza, intanto avremmo modo di meditare – ha ribadito il legale del 21enne -. e io stesso potrò approfondire ulteriormente il caso. Restano certamente confermati 30 anni di carcere e così come stabilito dal primo grado di giudizio e Alessandro dovrà continuare a fare i conti con il processo interiore che ha voluto intraprendere"

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