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“Adottata a 6 anni dopo l’abbandono in Lituania, vi spiego perché non esistono mamme di serie B”

Fatima ha vissuto per anni nella solitudine di una casa di Skaciai, in Lituania. Trascurata dalla madre, è stata portata in un istituto per bambini orfani all’età di 2 anni per poi essere adottata da due genitori italiani all’età di 6. “Ora vi spieghiamo perché non esistono famiglie di serie B”.
A cura di Gabriella Mazzeo
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Fatima Sarnicola e la sua mamma adottiva Gerarda Volpe
Fatima Sarnicola e la sua mamma adottiva Gerarda Volpe

Ricorda ancora perfettamente l'abitazione di Skaciai, in Lituania, nella quale è nata e dove per qualche anno ha vissuto in stato di abbandono col altri 10 fratelli. Fatima aveva solo 2 anni quando, dopo una segnalazione fatta alle autorità da alcuni vicini di casa, è stata portata in una casa-famiglia (allora orfanotrofio) insieme a un fratello più grande e alla sorellina più piccola. Oggi Fatima sta per laurearsi presso la facoltà di Scienze Biologiche, vive ad Agropoli ed è fortunatamente felice e in salute.

"Della donna che mi ha messo al mondo ricordo ancora molte cose. La cosa che ricordo maggiormente è che non si curava affatto di me. A volte capitava che non mangiassi per giorni e che si occupassero di me i vicini di casa. So che è strano che io conservi immagini così lucide di quei momenti, eppure sono ancora tutte lì. Mi sembra di averle tatuate addosso" ha affermato la studentessa a Fanpage.it in una lunga intervista rilasciata accanto alla sua mamma, la donna che 17 anni fa l'ha finalmente portata in Italia.

Oggi, Fatima Sarnicola racconta  la sua storia di figlia adottiva a migliaia di followers tramite una pagina Instagram dedicata ai ragazzi che come lei si sono sentiti smarriti e dimenticati.

"Non ho mai rinnegato il mio passato, certo – ha continuato la 25enne-. Non ho mai sentito il bisogno di riallacciare i rapporti con la mia famiglia biologica perché chi mi ha amata e accolta dal primo istante sono stati i due fantastici genitori che mi hanno cresciuta. Quando avevo 6 anni mi hanno portato in Italia e mi ricordo che una volta atterrata a Roma dalla Lituania ho pensato che non mi sarei voltata più indietro. Ero determinata a costruire una nuova vita con quelle persone che mi avevano scelta. Ho trasformato la mia storia in uno strumento per aiutare gli altri dopo aver passato l'infanzia e l'adolescenza a combattere contro i pregiudizi di chi mi ha fatto sentire diversa e contro le paure che hanno continuato a tormentarmi per lungo tempo".

Fatima Sarnicola poco tempo dopo il suo arrivo in Italia con la famiglia adottiva
Fatima Sarnicola poco tempo dopo il suo arrivo in Italia con la famiglia adottiva

Quando parli di pregiudizi ti riferisci al bullismo?

Purtroppo sì. Quando andavo a scuola, soprattutto i primi tempi dopo il mio arrivo in Italia, piangevo tutti i giorni. I bambini sanno essere crudeli: alcuni mi chiamavano "orfanella", altri mi ricordavano continuamente con battute cattive che ero stata adottata. Il mio dolore era dato soprattutto dal fatto che non mi sono mai sentita una figlia di serie B, i miei genitori mi hanno amata profondamente dal primo istante in cui mi hanno conosciuta. Erano gli altri a farmi sentire diversa.

Hai ricordi del primo incontro con la tua famiglia?

Ero molto spaventata, avevo una forte paura dell'abbandono. La sera prima di partire per l'Italia non ho dormito, temevo che la mia famiglia potesse cambiare idea e portare via solo la mia sorellina, lasciandomi da sola in orfanotrofio

Sei stata adottata con tua sorella?

Sì, io avevo 6 anni e sono entrata in istituto prima di lei. Mia sorella era molto più piccola: è entrata in orfanotrofio quando aveva poco più di un anno. Per fortuna ricorda molto poco di quegli anni e della Lituania, ha potuto ricostruire il suo passato nei numerosi viaggi che abbiamo fatto insieme alla nostra famiglia. Ho cercato di mettere da parte le mie paure e i miei ricordi anche per proteggere lei e permetterle di vivere una vita normale.

Il primo compleanno di Fatima
Il primo compleanno di Fatima

Non deve essere stato facile.

No, tutte le cose che ricordo sono incise con precisione nel mio cervello e nel mio cuore. Ricordo che prima di entrare in orfanotrofio vivevo con altri 10 fratelli. Sono nata nel 1998 in questo paesino minuscolo della Lituania, Skaciai. Per due anni ho vissuto in uno stato di quasi totale abbandono: passavo le giornate da sola in quella casetta in mezzo al nulla e capitava anche che non mangiassi per giorni.

Qualche volta si occupavano di me alcuni vicini e probabilmente sono stati loro a un certo punto ad avvertire le autorità. Ricordo perfettamente il giorno in cui sono stata portata via da casa per entrare in orfanotrofio. So che sembra strano che io abbia ancora ricordi così vividi, eppure sono tutti lì.

Hai cambiato diverse strutture prima di entrare in quella che è stata la tua casa fino all'età di sei anni.

Sì, ho cambiato due istituti. Con me avevo un fratello maggiore con il quale però parlavo a stento. Lui ha compiuto 18 anni nella casa-famiglia ed è poi tornato dai miei zii materni.

Tu non hai mai voluto parlare con loro, perché?

Mia zia veniva a prendermi ogni tanto per farmi trascorrere qualche ora fuori dall'orfanotrofio, ma non ho bei ricordi con lei. Purtroppo ho subito spesso maltrattamenti e violenza dalla famiglia della donna che mi ha messo al mondo, non ho mai provato amore o sicurezza con loro.

Quando sono arrivata a Roma con la mia nuova famiglia ero determinata a cancellarli dalla mia vita, a costruire qualcosa di nuovo. Purtroppo però i miei traumi mi hanno seguita fino a qui e i miei genitori adottivi hanno dovuto fare molta fatica per aiutarmi a convertire quella paura e quel dolore in qualcosa di utile per il mio futuro.

Da qui è nata l'idea di raccontare la tua storia sui social?

In realtà è stato un processo molto naturale. Ho iniziato a raccontare la mia vita su Tiktok, poi a rispondere ad alcuni commenti di persone spesso adulte che non capivano la mia scelta di non cercare nuovamente la donna che mi ha messo al mondo. Questi post mi hanno fatto capire che tante persone non hanno idea di cosa voglia dire sentirsi abbandonati, così mi sono detta che valeva la pena spiegarlo e sostenere chi come me ha vissuto una storia di adozione.

Insieme alla pagina Instagram ho voluto creare anche un gruppo Telegram per confrontarmi ogni giorno con altri figli adottivi di tutte le età. Ho combattuto strenuamente per raggiungere questo livello di serenità e usare la mia storia come veicolo di informazione, il mio obiettivo è che possano riuscirci anche i giovani con i quali parlo.

Fatima Sarnicola oggi sta per laurearsi in Scienze Biologiche all’università. Sui social network racconta la sua storia a migliaia tramite la pagina “Storie di Adozioni”
Fatima Sarnicola oggi sta per laurearsi in Scienze Biologiche all’università. Sui social network racconta la sua storia a migliaia tramite la pagina “Storie di Adozioni”

Fatima finora abbiamo sottolineato che non esistono figli di serie B, adesso mi piacerebbe chiedere a tua madre se la sua scelta di adottare sia mai stata motivo di critiche o pregiudizi da parte della gente. 

Rispondo volentieri a questa domanda. Io ho voluto Fatima con tutto il cuore esattamente come qualunque altra mamma. Ho sfidato pressioni psicologiche e perfino il clima estremamente rigido della Lituania per incontrarla e portarla a casa.

Qualcuno mi ha inevitabilmente giudicata, ma io non ho mai dubitato della mia scelta. Fatima e sua sorella sono le mie figlie e le ho sempre trattate come tali senza porre barriere. Per me l'adozione non è mai stata l'alternativa a un figlio biologico, io ho voluto le mie figlie e non mi sento meno madre per questo. Vorrei che passasse questo messaggio: chi adotta è una "vera mamma" esattamente come chi partorisce.

Sta facendo riferimento all'appello lanciato da Ezio Greggio dopo la diffusione della notizia sul piccolo Enea lasciato in una culla per la vita?

Ecco, colgo quest'opportunità perché credo che sia importante ribadire che non esistono mamme meno meritevoli di altre di questo “titolo”. Penso che chiunque ami i propri figli sia per un numero infinito di ragioni una madre. La mamma di Enea è stata tremendamente amorevole, ha voluto dare a questo bimbo una vita migliore per la quale sarà probabilmente sempre riconoscente. Le persone che adotteranno quel bambino, dall'altra parte, saranno i suoi genitori per sempre. La donna che lo prenderà in braccio e lo porterà a casa con sé non sarà meno madre.

Credo che Ezio Greggio abbia affrontato la vicenda in modo molto superficiale e sicuramente poco empatico. Probabilmente dovrebbe limitarsi alle battute e alle barzellette in televisione. Se ritiene che l'adozione sia una gita di una settimana a casa di due sconosciuti, sbaglia di grosso. Si tratta di un impegno per la vita esattamente come quello di mettere al mondo un bimbo.

L'adozione richiede una grandissima maturità e forza d'animo: per adottare devi volere quel figlio a tutti i costi e sapere davvero a cosa vai incontro. Vieni sottoposto a lungaggini burocratiche, pressioni psicologiche e difficoltà di tutti i tipi. Quando porti tuo figlio a casa poi devi tenere presente che adotti insieme a lui anche tutti i suoi traumi. Credo che il suo appello sia stato di un'ignoranza profonda che però perdono.

Perché?

Perché come diceva mia figlia Fatima, purtroppo sono pochissime le persone che capiscono davvero cosa voglia dire adottare ed essere adottati. Ezio Greggio chiaramente non lo sa, si evince dalle sue dichiarazioni pubbliche.

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