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Emergenza lavoro

“A 63 anni senza lavoro, ti fanno sentire incapace e inutile: le porte chiuse in faccia fanno male”

Riceviamo e pubblichiamo una lettera di una donna che si è ritrovata, a più di 60 anni, senza lavoro: “Sono una persona che vuole vivere onestamente con il proprio lavoro. il lavoro è dignità. Ho anche io i miei sogni e il bisogno di sentirmi realizzata: perché ci devo rinunciare?”.
A cura di Redazione
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La nostra redazione riceve lettere e testimonianze relative a storie che riguardano il mondo del lavoro. Decidiamo di pubblicarle non per dare un'immagine romantica del sacrificio, ma per spingere a una riflessione sulle condizioni e sulla grande disparità nell'accesso a servizi essenziali. Invitiamo i nostri lettori a scriverci le loro storie cliccando qui.

La lettera che pubblichiamo oggi è di una donna di 63 anni rimasta senza lavoro. Dice che la sua "è una triste e angosciante storia come quella di tante altre donne sole" della sua età. Dice anche che non è una persona che si arrende facilmente "ma tutte queste porte chiuse in faccia fanno male".

La lettera a Fanpage.it

La mia è una triste e angosciante storia, come quella di tante donne sole della mia età. Ho 63 anni, ho perso il lavoro – non per cause dipendenti dalla mia volontà ma per scelte aziendali – e non riesco a trovare una nuova collocazione. Porti e mandi CV ma nessuno ti considera, benché tutti riconoscano la tua esperienza ma l'età ti penalizza e io non posso andare in pensione fino al 2029.

Ti fanno sentire una incapace, una persona inutile, una che non vale più nulla. Io non ho nulla in contrario contro i giovani ma anche noi esistiamo e abbiamo bisogno di lavorare. Non so cosa farò quando fra qualche mese finirà la NASPI, come provvederò al mio mantenimento, a far fronte alle bollette e alle spese sanitarie.

Ho avuto una malattia importante e devo fare controlli: benché questa sia una grande battaglia vinta per me stessa, non riesco a farne tesoro perché questa situazione mi avvilisce e deprime. Io non voglio essere considerata una persona inutile da accantonare come un vecchio oggetto passato di moda.

Sono una persona che vuole vivere onestamente con il proprio lavoro. il lavoro è dignità. Ho anche io i miei sogni e il bisogno di sentirmi realizzata: perché ci devo rinunciare? Io ho sempre lavorato nel campo amministrativo e anche se tante cose si sono evolute ho voglia di apprenderle di mettermi in discussione.

La malattia ti fa capire l’importanza della vita ma queste situazione non aiutano. Non sono una che si arrende facilmente, ma tutte queste porte chiuse in faccia fanno male.

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