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Ai Weiwei, la libertà di espressione e la repressione in Cina. Ecco come Pechino fa scomparire le voci fuori dal coro

Un artista cinese di fama mondiale, arrestato il 3 aprile dal governo di Pechino e fatto scomparire per i suoi duri giudizi sulla corruzione all’interno del Governo. Di Ai Weiwei non si hanno più notizie da quando è stato incarcerato per crimini fiscali, nella sua vita una battaglia contro l’ottusità della Repubblica popolare cinese.
A cura di Alessio Viscardi
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TO WITH STORY BY FRANCOIS BOUGON Chinese

Ai Weiwei è il pensiero libero di un regime ingabbiato. In Cina, il governo post-comunista e ulta-capitalista di Pechino si basa su una solida regola: l'unico pensiero consentito, è il pensiero del partito. E tanto più è oppressiva la repressione, quanto meno la si vede. La censura onnipresente si nasconde tra le vetrate dei grattacieli di Shangai. Mentre un Grande Fratello digitale setaccia il web in cerca dei siti da oscurare, il braccio violento della polizia zittisce con la galera chi prova a esprimere dissenso.

Ai Weiwei rappresenta questo: dissenso. È un artista cinese, attivista, da sempre contrario alle diseguaglianze presenti nel paese e alle storture storiche che il regime comunista ha imposto ad una nazione di un miliardo di abitanti. Architetto, con le sue opere artistiche ha portato in tutto il mondo il dramma stilizzato della popolazione cinese. È tra i firmatari della Charta 08, il documento del premio nobel per la pace Liu Xiabo, ed è diventato un punto di riferimento per la comunità artistica internazional.

In rotta di collisione aperta con il governo della Cina, Ai Weiwei è stato arrestato all'aeroporto di Pechino lo scorso 3 aprile, mentre cercava di lasciare il paese. Il capo di accusa è quello di aver commesso crimini fiscali, ma dal giorno del suo fermo non se ne hanno più notizie. È passato più di un mese e il mondo pretende notizie sulla sua sorte. Il Tate Museum di Londra ha esposto sulla propria facciata una scritta a caratteri cubitali: “Realease Ai Weiwei”, ma mentre in artisti e istituzioni internazionali si mobilitano per chiedere la libertà del dissidente, in Italia il tutto viene taciuto da media e organi ufficiali.

Documenta Exhibition

Ai Weiwei, il pensiero libero di un paese in catene
Chi sia davvero questo artista lo si deduca dalle opere che ha realizzato e dalla vita che ha vissuto fino ad oggi. Ai Weiwei è nato nel 1957, laureato in architettura ha curato anche la realizzazione di mostre fotografiche e film. Ha collaborato alla realizzazione del Beijing National Stadium per le Olimpiadi di Pechino del 2008. Il suo lavoro artistico si è rivolto principalmente alla denuncia della corruzione nel governo cinese e della censura. Riguardo al terribile sisma del Sichuan, ha denunciato diversi scandali riguardanti la costruzione con materiali scadenti di scuole e edifici collassati nel 2008, uccidendo migliaia di persone. Grazie all'utilizzo di Internet è riuscito a comunicare con un'attiva comunità di giovani in tutto il mondo, creando un vero e proprio movimento di opinione che oggi preme per la sua scarcerazione.

Chinese Artist Ai Weiwei Unveils This Year's Unilever Installation At The Tate Modern

Sunflowers Seeds, semi di girasole per denunciare la fame patita da un intero popolo
L’undicesima commissione annuale per un’istallazione monumentale nella Turbine Hall della Tate Modern di Londra è andata ad Ai Weiwei con l'opera Sunflowers Seeds. Si tratta di cento milioni di semi di girasole riversati sul pavimento dell'ambiente espositivo. I semi possono essere toccati, ci si può camminare sopra, sembrano in tutto e per tutto veri. Ma non lo sono, si tratta di riproduzioni in argilla realizzate da artigiani della città di Jingdezhen. Semi fatti a mano, modellati e decorati uno ad uno. Tutti uguali, eppure tutti diversi. Una vastità di semi disposti in terra su cui ci si può camminare, ma che non possono essere mangiati. Ecco la metafora della fame sofferta dai cinesi durante il lungo governo del dittatore Mao, causa di morte per milioni di persone.

Con questa opera, Ai Weiwei chiarisce il proprio punto di vista sull'arte: un esercizio che non può essere fine a se stesso, ma che deve coinvolgere lo spettatore e costringerlo a prendere posizione sulla realtà delle cose. Il regime di Pechino definiva il popolo cinese proprio come “un campo di girasoli”, tutti rivolti verso la luce di Mao. Ai Weiwei, invece, propone una nuova forma di comunicazione: grazie a una telecamera posta nell'ambiente, l'avventore può registrare la propria video-domanda all'artista. Sul sito dell'esposizione sono raccolti tutti i quesiti e le risposte di Ai Weiwei.

A patti col regime per le Olimpiadi di Pechino 2008
Collaborazione con il nemico? Ai Weiwei ha collaborato con Herzog & de Meuron al progetto per il Beijing National Stadium, anche noto come il “Nido d'Uccello” per la forma particolare. Dal lavoro finale presentato alle Olimpiadi del 2008, Ai Weiwei ha preso le distanze, ma interrogato sul perché avesse partecipato all'ideazione di un progetto per conto del regime ha risposto: “Perché ne amavo troppo il design”.

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Charta 08, il rispetto dei diritti umani e il carcere
In Cina, la sorte che spetta a tutti gli attivisti per i diritti umani è quella di finire in galera con accuse quantomeno inventate. Lo sa bene Liu Xiaobo, il premio Nobel per la pace condannato a undici anni di reclusione per essere stato l'autore del manifesto per i diritti umani chiamato Charta 08, che annovera tra i propri firmatari anche Ai Weiwei. Il manifesto è stato sottoscritto il 10 dicembre 2008, anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Pubblicato sulla rete da 303 attivisti cinesi ha lo scopo di proporre riforme per rendere democratica la Repubblica popolare cinese. Tra le proposte, la separazione dei poteri dello Stato, rispetto dei diritti umani, libertà di espressione.

Il terremoto del Sichuan, quando il capitalismo uccide e l'arte non può tacere
Dopo il terribile sisma del 2008 che causò la morte di migliaia persone sotto le macerie del Sichuan, Ai Weiwei prende parte a un'indagine dell'ambientalista Tang Zuoren per stabilire le cause della caduta di edifici scolastici. Il lavorò portò ad accusare di corruzione le autorità del governo locale. I nomi di 5 mila bambini morti a causa dalle costruzioni non a norma furono pubblicati sul blog di Ai Weiwei, prontamente oscurato dalle autorità cinesi. Mentre l'attivista Tant Zuoren è stato condannato a cinque anni di carcere per attività sovversive, Ai Weiwei è stato brutalmente picchiato dai gorilla del regime, subendo un trauma cranico che l'ha costretto a sottoporsi a una delicata operazione al cranio in Germania.

Gli ultimi giorni di Ai Weiwei e il vento della rivoluzione nordafricana
Era già stato arrestato Ai Weiwei, nel novembre scorso. I rapporti col regime erano tesissimi dopo la pubblicazione del dossier sul terremoto del Sichuan, tanto che Pechino aveva dato ordine di demolire lo studio di Ai Weiwei nel nuovo quartiere culturale di Shanghai. Dopo vane opposizioni da parte dell'artista, aveva deciso di dare una grande festa di addio all'edificio – concesso proprio dal governo ai tempi delle Olimpiadi, ma diventato improvvisamente “illegale”. Sarebbe dovuto essere un banchetto a base di diecimila granchi di fiume, prelibato piatto della cucina cinese, in onore della “demolizione forzata”. Ai non riuscì a prendere parte alla festa, perché fu arrestato e trattenuto.
Con l'acuirsi delle tensioni in nordafrica, il governo di Pechino ha stretto le maglie della censura e indurito la repressione nei confronti dei dissidenti, temendo il “contagio” della voglia di libertà. La Cina aveva già censurato il social network Linkedin dopo la "Rivolta dei Gelsomini", mentre una ventina di attivisti furono arrestati prima che il 3 aprile Ai Weiwei venisse catturato all'aeroporto.

La mobilitazione internazionale e il silenzio italiano

Dall'arresto di Ai Weiwei non si hanno più sue notizie. Il network internazionale di artisti e intellettuali che lo sosteneva ne chiede la liberazione, facendo pressione sui governi nazionali per spingerli a prendere posizione nei confronti della repressione in Cina. L'Austria ha già convocato l'ambasciatore cinese a Vienna per chiedere notizie dell'artista, mentre il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha inaugurato un'esposizione delle sculture di Ai Weiwei.

Sulla rete è partita la “Call for the Release of Ai WeiWei” da parte dei membri della comunità internazionale artistica. Si tratta del più grande network in linea di musei e artisti che hanno lanciato una petizione sul web per chiedere la liberazione di Ai Weiwei. Il documento è stato già sottoscritto da migliaia di persone in tutto il mondo.

In Italia, dopo un piccolo clamore iniziale, la notizia è scivolata nel dimenticatoio. Soltanto l'associazione Pulitzer – che ha tra i suoi scopi fondativi quello di difendere l'articolo 21 della Costituzione e la libertà di espressione – ha deciso di raccogliere 5 mila sottoscrizioni online da presentare al Presidente della Repubblica, al fine di sollecitare un'azione formale del governo italiano nei confronti della Cina. Punto centrale, la richiesta di informazioni sulla sorte dell'artista cinese Ai Weiwei. La petizione può essere firmata sul sito Internet dell'associazione Pulitzer.

“Love the future”
Anche i Netizen cinesi si sono prontamente mobilitati, dovendosi scontrare con le strette maglie della censura di Pechino. Sui social network tutti i post dedicati ad Ai Weiwei vengono cancellati immediatamente, un utente racconta di aver cercato di pubblicare un commento che conteneva il nome dell'artista circa 200 volte, vedendolo scomparire dopo ogni tentativo. Così gli utenti hanno adottato la frase “Love the future” per indicare Ai Weiwei, in quanto in ideogrammi l'auspicio si legge “Ai Wilai”, che suona molto simile al nome dell'artista. Ma le autorità di Pechino se ne sono accorte ed hanno cominciato a cancellare anche tutti i messaggi con “love the future” nel testo. Sul sito ufficiale che conta i giorni da cui è detenuto Ai Weiwei, però, campeggia un enome “Love the future”. L'ultima speranza per la libertà di pensiero in Cina: il futuro.

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