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Alessia e Giulia travolte da un treno a Riccione

Alessia e Giulia, investite da un treno. Il papà: “Nessun rancore verso chi mi giudica”

Il padre di Alessia e Giulia, le due ragazze investite e uccise da un treno a Riccione, rivolge un pensiero anche a “coloro che hanno espresso giudizi severi verso la mia persona. Sono convinto che ognuno di loro possa trarre insegnamento per la vita che verrà”.
A cura di Davide Falcioni
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Alessia e Giulia Pisanu
Alessia e Giulia Pisanu
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"Papà, torniamo a casa in treno". Sono le ultime parole che Giulia e Alessia hanno detto al padre, Vittorio Pisano, domenica 31 luglio, prima di essere investite e uccise da un Frecciarossa alla stazione di Riccione. Le due sorelle, di 16 e 14 anni, stavano tornando a casa dopo una serata trascorsa in discoteca quando si è consumata la tragedia.

Era raro che le due tornassero a casa da sole: di solito infatti era Vittorio ad andarle a prendere, ma quel giorno l'uomo aveva accusato un lieve malore e aveva pensato che – tutto sommato – le due figlie sarebbero potute tornare a casa in treno. Da quel momento l'uomo è divorato dai sensi di colpa: "Vivo la sofferenza confortato moralmente e spiritualmente dalle tante persone che quotidianamente hanno inondato me e la mia casa di un’umanità e dolcezza che va oltre misura e immaginazione – scrive Vittorio in una lettera – Vivo la sofferenza per l’immane tragedia che ha colpito la mia famiglia, e la consapevolezza del nuovo inizio che mi attende, nel fervido desiderio di provare a trasformare l’ingiusto evento in bene assoluto".

Il treno dopo l'incidente (Facebook)
Il treno dopo l'incidente (Facebook)

Vittorio, titolare di un’azienda che vende scaffali industriali, da alcuni giorni è tornato a lavorare: "È l’unica mia salvezza". "Non c’è stato un giorno in cui non le abbia accompagnate e riprese da scuola, almeno questo mi rimarrà per sempre, quello che ho vissuto con loro". Non solo: l'uomo era abituato ad andare a recuperare Giulia e Alessia anche al termine delle serate con le amiche, e non di rado prendeva una camera in hotel per attenderle fino a tarda notte.

Non averlo fatto quella domenica l'ha esposto non solo al più atroce dei dolori, ma anche alle critiche di quanti l'hanno accusato di aver "abbandonato" le figlie minorenni. Eppure Vittorio scrive: "Non riesco a nutrire rancore, rammarico o amarezza dall’inconsulto vociare continuo e costante che si è scatenato all’indomani della tragedia. Ringrazio tutte le persone che hanno espresso un pensiero per me e la mia famiglia. Tutti indistintamente".

L'uomo rivolge un pensiero anche a "coloro che hanno espresso giudizi severi verso la mia persona. Sono convinto che ognuno di loro possa trarre insegnamento per la vita che verrà. Vorrei che da questa disgrazia, da questa immensa perdita, si possano trarre nuove energie per plasmarla in amore puro. Affinché da questo vuoto, da questa banalizzazione del male, dal cinismo della disperazione, possa nascere e crescere rigoglioso l’amore verso il prossimo; uno spirito nuovo che possa infondere nella comunità speranza e fiducia. Perché le bimbe, le mie bimbe, le nostre bimbe, i nostri angeli, non siano arrivati in cielo invano".

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