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Venezia, il sindaco mette all’asta i quadri di Chagall e Klimt. “Bilancio in crisi”

I conti del Comune di Venezia sono in rosso. La soluzione? Vendere i quadri di Klimt e Chagall per risanare le finanze. La proposta è arrivata dal sindaco della città, Luigi Brugnaro, scatenando immediatamente le polemiche e pareri opposti: da una parte chi preferisce vendere Klimt piuttosto che vedere Venezia in rovina, come Sgarbi, dall’altra, chi spera sia solo una provocazione al governo, come il ministro Franceschini.
A cura di Federica D'Alfonso
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Dopo il no deciso e risoluto alle teorie gender nelle scuole, l'annullamento della mostra sulle grandi navi di Berengo Gardin e il botta e risposta poco garbato con sir Elthon John, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro torna a far parlare di sé e delle proprie politiche culturali poco chiare. Questa volta è il turno di grandi opere d'arte esposte nel museo civico di Ca' Pesaro: la proposta? Vendere opere come la "Judith II Salomè" di Klimt e il "Rabbino di Vitebsk" di Chagall per risanare il debito che affligge la città. Il bilancio veneziano infatti non è dei più floridi, e la cultura in questi casi sembra potersi trasformare tranquillamente in merce di scambio, grazie all'intraprendenza di sindaci-imprenditori: uno scambio che frutterebbe, se le opere venissero effettivamente messe all'asta, ben 70 milioni di euro soltanto per il capolavoro di Klimt. "In mancanza di altre risorse, la necessaria salvaguardia della città potrebbe anche dover passare attraverso la rinuncia ad alcune opere d'arte, cedibili perché non legate, né per soggetto né per autore, alla storia della città". Queste le ragioni, sufficienti secondo Brugnaro, a cedere, magari a qualche acquirente straniero, i gioielli di Ca' Pesaro: mancano effettivamente le risorse? E soprattutto, non essendo legate alla storia della città le opere sono da considerarsi "cedibili"?

Di questo avviso è anche il critico d'arte ed ex sindaco Vittorio Sgarbi, che in un'intervista ha dichiarato la sua preferenza: "dovendo scegliere fra Venezia e Klimt, meglio che muoia Klimt", poiché in fondo, nessuno va nella città per vederlo.

Brugnaro ha fatto benissimo, la sua idea è davvero interessante e molto logica. Non si tratta di vendere un Canaletto o un Tiziano. Si parla di opere che non sono legate alla storia di Venezia: Klimt a Venezia è un corpo estraneo, il suo quadro può stare ovunque, a Parigi come a New York. Sono autori che sono stati comprati negli anni passati e quindi possono essere venduti.

Si tratta di quadri importanti, che frutterebbero molti soldi che potrebbero risolvere i problemi di una città. Problemi noti, gravi, già palesati da tempo dallo stesso sindaco anche in campagna elettorale: il Comune di Venezia infatti ha sforato ripetutamente il patto di stabilità, e nel 2015 prevede un bilancio in rosso per 64 milioni di euro. "Venezia sta cadendo a pezzi": questo l'appello di Brugnaro al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ricordato anche come per la manutenzione ordinaria della città servano oltre 40 milioni l'anno.

particolare della "Judith II", 1909, Gustav Klimt
particolare della "Judith II", 1909, Gustav Klimt

Amministrazione che per forza di cose deve, dunque, trasformarsi in imprenditoria, e di quelle più feroci: cedere capolavori artistici, per quanto non appartenenti alla tradizione, è pur sempre una scelta estrema, che provoca inevitabilmente in tutta l'opinione pubblica un brivido. Più che un brivido stavolta un vero e proprio terremoto: è stata subito polemica, e il primo a dichiararsi perplesso per la dichiarazione di Brugnaro è stato il ministro Dario Franceschini, che ha commentato così: "Penso sia solo una battuta o una minaccia per avere più risorse dal governo". Il ministro ha assicurato che "le norme del codice Beni Culturali per evitare lo smembramento delle collezioni pubbliche e garantire la pubblica fruizione delle singole opere" chiudono il dibattito ed eliminano qualsiasi dubbio a riguardo: vendere le opere d'arte non è possibile, salvo alcuni casi limitati ed eccezionali valutati dal Ministero.  "La questione", ha sottolineato Franceschini, "contribuisce solo a fare altro male alla credibilità italiana all'estero".

In una nota di chiarimento, il sindaco Brugnaro ha precisato che "non è stata decisa alcuna cessione di opere d'arte di pregio". Per procedere, sarà infatti necessaria una verifica attenta e puntuale del patrimonio a disposizione, ma al momento non esiste alcuna lista. Questa la rassicurazione del primo cittadino, ma le domande sono comunque tante: ad esempio, chi si occuperebbe di stabilire quali e quante opere andrebbero cedute? Domande che per Brugnaro non contano, in una situazione di estrema difficoltà come quella della sua città. Anzi, il sindaco di Venezia è convinto che, con le casse delle amministrazioni comunali sempre più vuote, altre città d'arte potrebbero seguire il suo esempio. Ed è davvero una cosa auspicabile, questa?

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