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Vatileaks 2: al via il processo in Vaticano, in aula Nuzzi e Fittipaldi

Inizia oggi il processo per lo scandalo della diffusione di documenti riservati della Santa Sede. Sul banco degli imputati cinque persone: monsignor Lucio Vallejo Balda, il suo collaboratore Nicola Maio, Immacolata Chaouqui e i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi.
A cura di Antonio Palma
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Dopo lo scandalo, le indagini della gendarmeria vaticana e i conseguenti arresti anche di alti prelati, entra nel vivo oggi il procedimento giudiziario sul cosiddetto caso Vatileaks 2, cioè la diffusione di documenti riservati della Santa Sede e poi pubblicati in alcuni libri. In aula in Vaticano per la prima udienza del processo Vatileaks 2 ci saranno cinque imputati rinviati a giudizio: monsignor Lucio Vallejo Balda, segretario generale della Prefettura per gli affari economici; il suo collaboratore nella Commissione referente sulle strutture economiche e amministrative della Santa Sede, Nicola Maio; Francesca Immacolata Chaouqui e i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, autori rispettivamente dei libri ‘Via Crucis' e ‘Avarizia', da cui è scaturita l'inchiesta. I due giornalisti sono accusati di aver fatto pressioni per ottenere documenti e notizie riservate che poi in parte hanno utilizzato per i due libri usciti in Italia, mentre agli altri tre, oltre alla diffusione di materiale riservato, viene contestato anche il reato di associazione per delinquere.

Secondo le leggi vaticane, gli imputati rischiano pene che vanno da quattro a otto anni di reclusione. Al momento solo uno degli accusati, Vallejo Balda, è ancora detenuto nella cella della Gendarmeria vaticana mentre Francesca Chaouqui è libera dopo l'iniziale arresto, per la sua collaborazione alle indagini. Il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha precisato che quella di oggi sarà un'udienza preliminare dove "si valuterà se le accuse sono proporzionate, quindi per ora siamo solo davanti a una richiesta, non a una sentenza".

In aula saranno presenti sia Nuzzi che Fittipaldi come annunciato dai due ieri. "Entrerò in Vaticano per sedermi al banco degli imputati e farmi processare portando ‘Via crucis' come corpo del reato" ha fatto sapere infatti Nuzzi su twitter, aggiungendo: "Non si processa chi fa informazione! Io ed Emiliano Fittipaldi, due cittadini italiani, due giornalisti verremo processati in Vaticano. La libertà di informazione sotto processo". Anche Fittipaldi ha confermato che sarà presente al Tribunale del Vaticano, commentando: "Mai avrei immaginato che sarei finito sotto inchiesta e processato perché accusato di un reato che prevede una pena che va dai 4 agli 8 anni di carcere".

Fittipaldi ha spiegato che sperava che "il libro, invece di essere messo all'indice come ai tempi del Sant'uffizio, provocasse anche una reazione costruttiva da parte del mondo ecclesiastico". Invece, "mi ha portato a dovermi difendere da accuse gravi, e – secondo le norme della giurisprudenza italiana – illiberali. Perché io non sono incolpato per aver diffamato qualcuno, né per aver scritto falsità ma perché un nuovo articolo del codice penale vaticano, approvato da papa Francesco nel luglio del 2013, prevede pene severe per chiunque ‘riveli notizie o documenti riservati'". "La giurisprudenza vaticana considera un delitto l'essenza stessa del nostro mestiere, ossia il dovere di pubblicare i fatti che il potere, qualunque forma esso prenda, vuole tenere occultati alla pubblica opinione. Questo che inizia non è un processo contro di me. E’ un processo alla libera stampa", ha concluso il giornalista.

Anche Francesca Immacolata Chaouqui, accusata di aver passato i documenti riservati ai giornalisti, promette battaglia: "Mi batterò come un leone affinché la verità emerga. Possono condannarmi ma se lo faranno sappiate che mai potranno produrre una sola prova che un solo foglio sia stato portato o consegnato da me a chiunque non fosse un mio referente nella commissione, il Santo Padre stesso o il suo Staff". "Niente, nessuna cosa, lavoro, relazione, situazione era più importante dell'aiutare il Pontefice. È ancora così. O non mi sottometterei a processo basato su regole del 1923, in fondo sono una cittadina italiana a cui niente può essere imposto da OltreTevere finché resto sul suolo italiano" ha concluso la donna.

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