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Vaticano, l’accordo tra Santa Sede e Palestina entra in vigore

L’obiettivo del testo è anche e sopratutto dare sostegno ad “una soluzione negoziata e pacifica del conflitto nella regione”. Israele storce il naso. L’accordo è costituito da un preambolo e da 32 articoli e riguarda, spiega la Santa Sede, «aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa in Palestina”.
A cura di Biagio Chiariello
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E’ ufficialmente entrato in vigore l'accordo Bilaterale tra Santa Sede e stato di Palestina, firmato il 26 giugno.”In riferimento al comprehensive agreement between the holy see and the state of Palestine, firmato il 26 giugno 2015″, si legge in una nota diramata dalla sala stampa di Papa Francesco, "la Santa Sede e lo stato di Palestina hanno notificato reciprocamente il compimento delle procedure richieste per la sua entrata in vigore, ai sensi dell'articolo 30 del medesimo accordo”.

Il testo comprende un preambolo e 32 articoli e riguarda, spiegano dal Vaticano, "aspetti essenziali della vita e dell'attività della Chiesa in Palestina, riaffermando nello stesso tempo il sostegno per una soluzione negoziata e pacifica del conflitto nella regione".In un pezzo uscito nei mesi scorsi sull'Osservatore Romano, in occasione del pre-accordo di giugno, monsignor Antoine Camilleri, sotto-segretario per i Rapporti con gli Stati e capo delegazione della Santa Sede che ha partecipato alla riunione, spiegava che "come tutti gli accordi che la Santa Sede firma con diversi Stati, quello attuale ha lo scopo di favorire la vita e l'attività della chiesa cattolica e il suo riconoscimento a livello giuridico anche per un suo più efficace servizio alla società”.

L’accordo tra Santa Sede e Palestina punta anzitutto a trovare una soluzione all’annosa Questione in medio Oriente, relativa al "conflitto" tra ebrei ed arabi nell'ambito della two-state solution e delle risoluzioni della comunità internazionale, rinviando a un'intesa tra le parti. Gli altri capitoli toccano diversi aspetti, dalla libertà religiosa e di coscienza, passando per l'attività della chiesa nei territori palestinesi: la sua libertà di azione, il suo personale e la sua giurisdizione, lo statuto personale, i luoghi di culto, l'attività sociale e caritativa, i mezzi di comunicazione sociale. Un capitolo è infine dedicato alle questioni fiscali e di proprietà.

Il governo israeliano ha subito espresso il proprio "rincrescimento" per l’accordo, avvertendo che una tale iniziativa "danneggia le prospettive per un progresso dei negoziati di pace" israelo-palestinesi. E “mina gli sforzi internazionali per convincere l'Autorità nazionale palestinese a tornare ai negoziati diretti con Israele". "Israele non può accettare le decisioni unilaterali contenute nell'accordo, che non prendono in considerazione gli interessi fondamentali di Israele e lo speciale status storico del popolo ebraico a Gerusalemme". "Israele studierà in dettaglio l'accordo e le sue conseguenze sulla futura cooperazione con il Vaticano".

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