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Tre quarti dei migranti che arrivano in Italia sono vittime di tratta di esseri umani

Secondo un’indagine dell’Oim la stima di coloro che hanno subito sfruttamento sessuale, lavorativo o comunque riconducibile al traffico di esseri umani è del 71%. Una vulnerabilità che aumenta a seconda del tempo trascorso in viaggio. I casi di tratta si verificano prima della partenza, durante il percorso e all’arrivo, specialmente dal punto di vista sessuale.
A cura di Claudia Torrisi
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Migranti eritrei soccorsi nel Mediterraneo al largo delle coste libiche

Tra i migranti che arrivano in Europa attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, quasi tre quarti sono stati vittima di sfruttamento: sessuale, lavorativo o comunque riconducibile al traffico di esseri umani. Secondo l'Oim – Organizzazione internazionale delle migrazioni, che ha diffuso un rapporto in occasione della decima Giornata europea contro la tratta – la stima di migranti che ne è stata vittima è del 71%. L'indagine è stata condotta attraverso dei sondaggi anonimi sui migranti partiti dal Nord Africa e arrivati al Sud Italia: su 9 mila casi analizzati negli ultimi dieci mesi, circa tre quarti hanno affermato di aver subito una qualche forma di sfruttamento o traffico di esseri umani. Si tratta, come sottolinea l'Oim, della prima volta che un report quantifica l'incidenza dei casi di tratta sui migranti e ne fa venire a galla l'allarmante entità.

Il sondaggio includeva sei domande, utilizzate come indicatori potenziali di pratiche di traffico di esseri umani o sfruttamento, come ad esempio lavoro forzato o senza essere pagati, l'essere costretti a compiere delle attività contro la propria volontà, essere reclusi o detenuti da soggetti che non sono autorità.

Il 49% degli intervistati arrivati attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ha dichiarato di essere stato detenuto durante il viaggio, spesso a scopo di estorsione. Il luogo dove si sono verificati la maggior parte dei casi di abuso è la Libia. La metà dei migranti ha raccontato di aver lavorato senza percepire alcuno stipendio, minacciati anche con l'uso di armi; altri hanno detto che il lavoro forzato era l'unico modo di essere liberati o di garantirsi un posto su una barca per arrivare in Europa. Il 6% degli intervistati ha dichiarato di conoscere qualcuno costretto a donare sangue o organi per potersi pagare una parte del viaggio.

In generale, quello che è emerso è che l'entità di risposte positive ai sei quesiti era 7 o 10 volte maggiore nei casi di migranti arrivati con la rotta del Mediterraneo centrale, rispetto a quelli giunti con la rotta balcanica. In sostanza, "maggiore è il tempo che un migrante trascorre in viaggio, più vulnerabile diventa a pratiche di sfruttamento o traffico", scrive l'Oim. Infatti, il 79% dei profughi che hanno passato almeno un anno in uno Stato differente da quello d'origine hanno subito almeno una delle pratiche riportate nel questionario.

Tra l'altro, l'analisi evidenzia che i migranti intervistati in Italia hanno passato più tempo in transito: il 35% ha viaggiato per più di sei mesi sulla rotta del Mediterraneo centrale per l'Europa, contro l'11% di coloro che hanno usato quella dell'est. Questo, secondo l'Oim, "conferma che la durata del viaggio gioca un ruolo significativo". Secondo Dipti Pardeshi, capo missione dell'organizzazione in Uk, "è importante guardare attraverso l'Europa e il resto del mondo per rendersi conto di quanto ancora si può fare per dare sostegno sia ai migranti in viaggio, sia a quelli che hanno raggiunto l'Europa. Ricordiamoci che, al di là delle ragioni per cui le persone decidono di muoversi, hanno bisogno di protezione". Simona Moscarelli, esperta di lotta al traffico di esseri umani dell'Oim, ha rilevato che queste indagini dimostrano che "la rete del traffico di esseri umani sta diventando brutale ed efficiente nel valorizzare il profitto tratto dalla vulnerabilità dei migranti" e "c'è ancora poco vero riconoscimento del livello di questo business e di quanti soldi siano stati ricavati dalla miseria e del lavoro di persone in fuga da guerre e povertà".

Il problema del traffico degli esseri umani non riguarda solo la partenza: secondo la Comunità Papa Giovanni XXIII ci sono moltissime ragazze, per lo più nigeriane e spesso giovanissime, che vengono avviate alla prostituzione pochi giorni dopo lo sbarco in Italia. Stando ai dati, le vittime di tratta nel mondo sono 21 milioni, il 49% sono donne, il 33% minori. La metà dei casi di traffico di esseri umani è a scopo sessuale. Per la Comunità Papa Giovanni XXIII, in Italia ci sono tra le 75mila e le 120mila vittime della prostituzione, di cui il 65% è in strada, il 37% è minorenne. Per lo più vengono dalla Nigeria, dalla Romania e dall'Albania. Secondo Irene Ciambesi, referente della Comunità ed esperta di tratta degli esseri umani, negli ultimi due anni "c'è stata una crescita pari al 300% di ragazze provenienti dalla Nigeria. Molte di loro sono giovanissime. Lo stesso ministero della Giustizia, nel 2015, ha denunciato che è proprio lo sfruttamento sessuale uno degli aspetti caratteristici della tratta degli esseri umani nel nostro paese. Il fenomeno, in particolar, coinvolge nel 70% dei casi le donne. A questi dati già allarmanti del 2015 possiamo aggiungere quello che vediamo noi con le nostre unità di strada: e cioè che oltre il 50 per cento di queste ragazze arriva dalla Nigeria e che molte sono minorenni".

Tra le cose che potrebbero essere fatte, secondo la Fondazione Migrantes della Cei, c'è la concessione di un permesso governativo di protezione sociale a chi è vittima di tratta. E questo non solo alla partenza, ma anche durante il viaggio e all'arrivo in Italia. Secondo don Giancarlo Perego, direttore generale di Migrantes, tra coloro che sono in fuga "riconosciamo non solo vittime di guerra, persecuzioni religiose e politiche, disastri ambientali, ma anche molte vittime di tratta. Purtroppo, troppo spesso in Italia viene negato dalle Commissioni territoriali un titolo di soggiorno. La presenza di molte vittime di tratta tra i diniegati, tra l'altro presenti nelle diverse strutture di prima accoglienza anche da molti mesi se non da quasi due anni, chiede un intervento del Governo per garantire un permesso di protezione sociale per evitare che oltre alla partenza, o durante il viaggio, ma anche nel nostro paese molti uomini e donne migranti cadano in una nuova forma di sfruttamento, alimentando ulteriormente il mondo della prostituzione (dove si contano già almeno 35.000 persone) o del lavoro (con oltre 400.000 lavoratori vittime di sfruttamento grave e tratta)". Concedere il permesso, dunque, costituirebbe "un atto di giustizia sociale e di tutela della dignità di molte persone, tra cui donne giovani, che l'Italia ma anche l'Ue dovrebbero riconoscere".

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