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Sei milioni di pensionati vivono con meno di mille euro al mese: boom tra le donne

Il rapporto dell’Inps dimostra che vi è una netta sproporzione tra uomini e donne. Ad esempio percepiscono meno di 500 euro il 12,4% delle donne e l’8,9% degli uomini.
A cura di Davide Falcioni
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Quasi sei milioni di pensionati INPS – per l'esattezza 5.962.650 – percepiscono un assegno mensile inferiore a mille euro. E' quanto rivela il rapporto annuale dell'istituto di previdenza presentato ieri alle Camere. Più nel dettaglio, il dossier rivela che il 10,8% del totale (pari a 1.686.944 pensionati) percepisce meno di 500 euro mensili e il 27,2% (4.275.706) tra 500 e 1000 euro. La sproporzione tra uomini e donne è netta: percepiscono meno di 500 euro il 12,4% delle donne e l'8,9% degli uomini; fra 500 e 1000 euro il 34,9% delle donne e il 18,5% degli uomini. Divario che si ripropone nelle fasce alte: oltre 3000 euro sono il 6,5% dei pensionati (1.010.378) ma sono il 3,2% delle donne e il 10,2% degli uomini.

Il presidente dell'Inps Tito Boeri, illustrando il rapporto in Parlamento, ha spiegato che la riforma Fornero ha creato "forti disagi sociali" tra i lavoratori con più di 55 anni e reso "più difficile l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani", contribuendo ad aumentare la disoccupazione nella fascia d'età under 30. Il numero uno dell'Istituto di previdenza ha definito "positivo" il confronto tra governo e parti sociali a proposito dell'anticipo pensionistico (Ape). E' "fondamentale – ha aggiunto Boeri – assicurare che tutti coloro che potranno un domani esercitare opzioni di uscita flessibile siano in grado di capire fino in fondo le implicazioni delle loro decisioni". Non è possibile negare – ha continuato Boeri – che "rate ventennali di ammortamento di un prestito costituiscano una riduzione permanente della pensione futura. Né si può negare che, continuando a lavorare, il contribuente avrebbe diritto a una pensione più alta". Per questo l'obiettivo dell'Ape "non dovrebbe essere certo quello di spingere più persone possibile a uscire dal mercato del lavoro, bensì quello di garantire maggiore libertà di scelta consapevole, senza aumentare il debito pensionistico e senza creare generazioni di pensionati poveri".

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