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Qual’è, un pò: gli errori grammaticali più comuni e perché è importante farli, in un libro

Il nuovo libro di Andrea De Benedetti ci spiega perché è molto importante sbagliare la grammatica, quali sono gli errori più comuni, ma anche come evitarli.
A cura di Federica D'Alfonso
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Gli "orrori" grammaticali più frequenti
Gli "orrori" grammaticali più frequenti

"Qual è", "un pò", accenti sbagliati, punti e virgole di troppo: errori comuni, frequenti e difficili da evitare, stando alla sempre più alta percentuale di persone che li commettono. Errori, o “orrori”, che negli ultimi tempi vengono ridiscussi, in quanto sembra che si stiano normalizzando. Andrea De Benedetti riflette sul curioso sviluppo della lingua italiana nel suo ultimo libro "La situazione è grammatica. Perché facciamo errori. Perché è normale farli", edito da Einaudi, avanzando alcune ipotesi interessanti.

L’idea di base è quella che “sbagliare è facile, qualche volta persino giusto”: l’importante è capirne le ragioni. Il poco più di 130 pagine De Benedetti, laureato in Grammatica italiana, spiega con metodo rigorosamente scientifico e filologico le ragioni che stanno alla base dei più comuni errori grammaticali che commettiamo ogni giorno.

Attraverso esempi quotidiani ed ironici, questo giovane professore analizza la struttura estremamente complessa ma a tratti anche fallace della lingua italiana, ricordando che alcuni errori sono sintomo non di ignoranza, e che soprattutto ciò che per noi oggi è considerato “sbagliato” un domani potrebbe non esserlo più. La lingua evolve e cambia molto velocemente: è uno strumento malleabile e flessibile, e anche gli errori fanno parte del suo sviluppo.

Accenti ed apostrofi: gli errori più frequenti

Ma quali sono gli errori più frequentemente commessi nell'italiano? Al primo posto c’è sicuramente il tanto temuto e stigmatizzato apostrofo fra “qual” e “è”, errore divenuto quasi sintomatico di una lingua che cambia continuamente anche adattandosi agli errori. Secondo un indagine condotta tempo fa da alcune riviste letterarie, circa il 68% degli italiani sbaglierebbe a scrivere “qual è”: apostrofo sì o apostrofo no? Se ne discute, ma la risposta è sempre la stessa: assolutamente no.

Problemi di “apostrofi” anche con “un pò”, scritto molto di frequente con l’accento anziché con il segno corretto: si tratta di un troncamento della parola “poco”, di conseguenza per indicare la caduta della sillaba si utilizza, appunto, l’apostrofo. Tralasciando gli innumerevoli dubbi sull’uso corretto del congiuntivo, molte incertezze si hanno anche con gli accenti, ci spiega lo stesso De Benedetti: si usano sempre più “édile”, “móllica”, “persuádere”, anziché i più corretti “edìle”, “mollìca”, “persuadère”. Ma perché? Esiste una motivazione semplice ma molto interessante: “le parole sdrucciole sembrano più eleganti” a chi le pronuncia.

Tanti altri sono gli strafalcioni italiani, alcuni non compresi nello studio di De Benedetti, forse perché “meno giustificabili”: “avvolte ti penso”, scritto utilizzando il participio passato del verbo avvolgere anziché la locuzione avverbiale giusta. Stessa cosa per “sta sera”, per il “sì” affermativo confuso troppo spesso con il “si” pronome riflessivo. Insomma, la lingua italiana è in continuo mutamento, certo, ma attenzione a non stravolgerla del tutto con errori clamorosi!

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