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Perché gli Stati Uniti non hanno abbattuto il missile della Corea del Nord?

Il sistema anti-missilistico installato nelle navi militari americane è in grado di colpire un missile nemico come nel caso dell’Hwasong-12 lanciato il 29 agosto. Ciò nonostante, i test realizzati finora dimostrano una certa percentuale di fallimenti. Ma ci sono anche altre ragioni per non realizzare questo tipo di prova: il loro costo.
A cura di Mirko Bellis
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Lancio del missile SM-6  realizzato mercoledì nel Pacifico dal cacciatorpediniere USS John Paul Jones
Lancio del missile SM-6  realizzato mercoledì nel Pacifico dal cacciatorpediniere USS John Paul Jones

Il missile lanciato dalla Corea del Nord il 29 agosto ha sorvolato il Giappone, facendo risuonare le sirene d’allarme nei centri urbani dell’Isola di Hokkaido e ponendo in stato d’allerta il mondo intero. Il vettore – un Hwasong-12, un missile a raggio intermedio – ha raggiunto i 2.700 chilometri (circa la metà del suo potenziale) prima di cadere in mare, in acque internazionali. Secondo i servizi segreti sudcoreani, questo test sarebbe stato effettuato proprio per valutare la capacità del missile di trasportare testate nucleari e farle resistere agli enormi livelli di calore provocati dal rientro nell'atmosfera.

Trump ha reagito dicendo che “tutte le opzioni sono sul tavolo”, una retorica bellicista che segue le sue ultime dichiarazioni di rispondere con “fuoco e fiamme” alle minacce della Corea del Nord. Non è più tempo del dialogo, "non è questa la risposta", ha twittato il presidente Usa, lasciando intendere come oramai la speranza di un negoziato sia tramontata e come l'opzione militare stia prendendo sempre più corpo.

Ma perché gli Usa, soprattutto dopo le ultime provocazioni nordcoreane, non hanno abbattuto in volo il missile lanciato da Pyongyang?

La risposta la dà il Pentagono che non a caso sta cercando di frenare il bellicismo del presidente Trump. Il Segretario della difesa, l'ex generale James Mattis, ha precisato ricevendo il ministro della difesa sudcoreano: "Gli Stati Uniti hanno sempre delle soluzioni diplomatiche". Un'ulteriore spia di quanto l'amministrazione Usa sia tutt'altro che compatta sulla strategia da seguire. I militari Usa, comunque, sembrano alquanto riluttanti ad usare alcune delle opzioni più ovvie, come ad esempio cercare di abbattere i missili nordcoreani con altri sparati da una delle loro navi che in questo momento stanno pattugliando il Pacifico. Sono sei le imbarcazioni da guerra schierate dagli Stati Uniti nella zona. Tutte dotate di Aegis, un sistema di combattimento integrato in grado di individuare e inseguire i bersagli grazie ai potenti sensori di bordo e ad antenne a scansione elettronica. Un’arma installata anche nelle navi giapponesi e sudcoreane.

Un sistema appunto in grado di intercettare e distruggere proprio il tipo di missile a medio raggio lanciato dalla Corea del Nord. Mattis, di fronte alle minacce di Kim Jong-un di colpire l’isola di Guam (sede di una base militare Usa) ha affermato che qualsiasi missile nordcoreano diretto verso la gli Stati Uniti, tra cui appunto Guam, sarebbe stato abbattuto e considerato un atto di guerra. Tuttavia, l’ex generale ha aggiunto che l’ultima decisione sarebbe spettata proprio al presidente Trump. E il comando Usa del Pacifico con sede a Honolulu, dopo l’ultima sfida di Pyongyang, ha rilasciato semplicemente questa dichiarazione: "Il comando nordamericano di difesa aerospaziale, Norad, ha determinato che il lancio di missili dalla Corea del Nord non ha rappresentato una minaccia per il Nord America".

Ma quali sono i costi e i vantaggi di intercettare un missile?

Il sistema anti-missilistico come quello installato nelle navi militari americane è in grado di colpire un missile nemico come nel caso dell'Hwasong-12 lanciato il 29 agosto. Ciò nonostante, i test realizzati finora dimostrano una certa percentuale di fallimenti. Tra il gennaio 2002 e il 14 agosto di quest'anno, il Dipartimento della Difesa ha realizzato 37 intercettazioni di un missile a medio raggio, distruggendo 29 volte l’obiettivo. Ma ci sono anche altre ragioni per non realizzare questo tipo di prova: il loro costo. Secondo il responsabile del Pentagono, i test per distruggere in volo un missile richiedono un sacco di tempo e di denaro. Inoltre, e forse la considerazione più importante, intercettare un missile diretto verso gli Stati Uniti sarebbe considerato un adeguato sistema di difesa, ma colpirlo mentre la sua traiettoria è diretta in acque internazionali potrebbe essere giudicato dalla Corea del Nord come un atto ostile che potrebbe scatenare una guerra. "Distruggere un missile nordcoreano non è qualcosa che i militari americani possono fare alla leggera o comunque senza una direttiva che li autorizzi”, ha detto Thomas Karako, esperto di difesa missilistica e dirigente del Centro per gli studi strategici e internazionali (Csis).

Una delle opzioni a disposizione dei militari americani sarebbe l’utilizzo dei droni. In futuro, i veicoli senza pilota armati con laser potrebbero volare ad alta quota in modo da colpire i missili, evitando che i resti cadano in una zona abitata. Il programma sperimentale degli Usa, però, non sarà operativo prima del 2023, anche se gli esperimenti per far raggiungere i droni una quota di 63.000 piedi sono già iniziati nel luglio scorso.

Nel frattempo la Missile Defense Agency del Pentagono ha annunciato mercoledì che il cacciatorpediniere lanciamissili USS John Paul Jones ha utilizzato il suo radar per rilevare un missile a medio raggio lanciato dalla base missilistica di Kauai, nelle Hawaii. Una volta che il radar è riuscito a tracciare la traiettoria del vettore, dal cacciatorpediniere è stato lanciato un missile SM-6 al fine di intercettare il bersaglio, nella fase finale del volo. Questo test, una chiara risposta al lancio effettuato dalla Corea del Nord, sarebbe servito a confermare le capacità del SM-6 di intercettare e distruggere i vettori balistici a medio raggio.

L’SM-6, prodotto dalla Raytheon, è schierato su tutti gli incrociatori e cacciatorpediniere per poter assicurare non solo la difesa delle navi da guerra statunitensi, ma anche di colpire aerei, navi e missili da crociera. “Negli ultimi tempi, la Marina degli Stati Uniti ha chiesto di migliorare la capacità di intercettazione dei missili balistici a medio raggio. Per arrivare a questo risultato ci sono voluti sette mesi”, ha affermato in un comunicato stampa Miki Campisi, direttore del programma missilistico di Raytheon.

Secondo il database curato dal James Martin Center for Nonproliferation Studies, nel 2017 Pyongyang ha lanciato 18 missili. Di questi test almeno 12 sono andati a buon fine, segno dei progressi delle capacità balistiche intercontinentali nordcoreane. Una sfida a colpi di missili che rischia di far deflagrare una guerra.

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