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La svolta del Marocco, niente punizioni a chi lascia l’Islam per altra religione

Il Consiglio degli Ulema, la massima autorità religiosa del Paese, ha sentenziato che in principio l’apostasia era punita perché atto politico e non religioso dando il via libera al possibili conversioni che nei Paesi islamici invece sono punite con la morte.
A cura di Antonio Palma
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Con un svolta storica e una decisione senza precedenti, il Marocco ha scelto la libertà religiosa. Da questo momento infatti chi non vuole più professare l’Islam nel Paese non rischierà la condanna a morte come invece era previsto in precedenza secondo le regole religiose dell'Islam che puniscono nella maniera più severa chi vuole abbandonare la strada di Maometto m anche chi fa proselitismo nei confronti dei suoi fedeli. La decisione in materia di apostasia è arrivata dal Consiglio superiore degli Ulema, la massima autorità religiosa del paese che per la prima volta ha aperto alla possibilità di conversione ad altre religioni.

Un provvedimento religioso storico ma che sembrava nell'area in un Paese come il Marocco dove da tempo vige il pluralismo religioso per volere del re Mohammed VI che un mese fa ha anche proibito la vendita del burqa dopo aver deciso di muovere guerra all'estremismo islamico. A dare notizia della svolta è stato il sito Morocco world News annunciano i contenuti della fatwa degli Ulema intitolata "La via degli Eruditi". Il documento ritratta una precedente decisione sul tema da parte dello stesso Consiglio religioso marocchino diffusa in un libro del 2012 secondo cui l’apostata doveva essere punito con la pena di morte.

In particolare il documento ridefinisce l’apostasia non come una questione religiosa ma come posizione politica più vicina all’alto tradimento: "L'interpretazione più accurata e la più coerente con la legislazione islamica e l'esempio del Profeta è che l'uccisione dell'apostata riguardi chi tradisce l'Umma (la comunità islamica), rivelandone i segreti, commettendo ciò che nel diritto internazionale è il tradimento". Insomma tutto sarebbe ricondotto ad una questione solo politica e dunque di competenza dello stato più che dei religiosi.

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