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Jihadista muore in Siria, ma il Fisco vuole dalla moglie i soldi della partita Iva

Per il Ministero degli Esteri e per la Procura di Belluno l’uomo è morto, ma per il Fisco no e vuole un documento di morte da uno stato stravolto quotidianamente dalla guerra civile. La moglie, intanto, è in pena per il figlio rapito dal marito e portato ad Aleppo.
A cura di Redazione
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Ismar Mesinovic era un imbianchino bosniaco che abitava a Longarone, in provincia di Belluno. Più di un anno fa l'uomo ha trovato la morte ad Aleppo, dove era andato a combattere tra le fila dell'Isis, portando con sé anche il figlio Ismail Davud, che oggi dovrebbe avere poco più di 3 anni. A casa la vedova cubana Lidia Solano Herrera, in angoscia per la sorte del figlio e ad oggi impegnata ancora con le pretese del Fisco. La donna, che vive a Ponte nelle Alpi, aveva avviato con l'avvocato Aloma Piazza la pratica per chiudere la partita Iva del marito, ma l'ufficio anagrafe del Comune di Longarone rifiuta, perché non vi è certezza del decesso. Quello che ci vorrebbe è un certificato di morte, che non giungerà certo da uno stato che è diventato ormai un fronte di guerra perenne. E' probabile, peraltro, che Mesinovic sia seppellito in una fossa comune e che dunque mancherà anche in futuro qualsiasi possibilità di riconoscimento.

Il decesso dell'uomo è documentato dalle foto del cadavere. Per la Farnesina Mesinovic è morto e a dimostrarlo è il fatto che non sia più presente nella lista dei foreign fighters. Anche per la Procura di Belluno è morto, tant'è che, per morte del reo, ha archiviato l’inchiesta per sottrazione internazionale di minore. Per il Fisco no e alla moglie del jihadista chiede ancora i soldi per la sua partita Iva e, se non dovesse pagare, gli adempimenti fiscali si tramuteranno in cartelle esattoriali. L'avvocato, però, avverte: "aspetterò al massimo il 10 febbraio, poi impugnerò questo provvedimento".

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