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In ricordo del regista Giancarlo Cobelli torna da stasera “Rigoletto” al Teatro San Carlo

In occasione del primo lustro dalla scomparsa del regista milanese torna il “Rigoletto” di Giuseppe Verdi, una produzione del Teatro Comunale di Bologna diretta dalle bacchette di Nello Santi e Jordi Bernàcer.
A cura di Massimiliano Craus
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"Rigoletto" al Teatro di San Carlo, una scena d'insieme del primo atto
"Rigoletto" al Teatro di San Carlo, una scena d'insieme del primo atto

Il "Rigoletto" firmato da Giancarlo Cobelli giunse al Teatro di San Carlo di Napoli nel 2005 con Ambrogio Maestri nel ruolo del protagonista. L'allestimento, all'epoca del debutto del 1989, fece molto scalpore per alcuni nudi presenti nel primo atto nel contesto della festa del duca di Mantova. Le scene di Paolo Tommasi ed i costumi dei Laboratori di Sartoria del Teatro di San Carlo, contribuiscono al fascino dello spettacolo evocando gli sfarzi di casa Gonzaga conducendo il pubblico in sala sin nei meandri del libretto di Francesco Maria Piave, tratto a sua volta dal dramma di Victor Hugo "Le Roi s'amuse", andato in scena per la prima volta al Teatro La Fenice di Venezia nel 1851. Il melodramma in tre atti è il primo della trilogia popolare del compositore di Roncole Verdi e torna a Napoli con un cast di primissimo ordine, basti pensare ai nomi della prima rappresentazione di stasera quali Piero Pretti nelle vesti del Duca di Mantova, il Rigoletto di George Petean, la Gilda di Rosa Feola e lo Sparafucile di Giorgio Giuseppini. Nomi che scalderanno gli animi al Massimo partenopeo fino al prossimo primo febbraio, ad una settimana dal flash mob tenuto all'Opera Cafè sancarliano in onore del titolo verdiano con un'intonazione collettiva dell'aria "La donna è mobile". Un successo innovativo in attesa di quello del palcoscenico, con la regia del compianto Giancarlo Cobelli di cui Stefano Valanzuolo già nel 2008 ne celebrava l'idea innovativa del suo contestato "Rigoletto":

uno come Giancarlo Cobelli non può essere definito un tradizionalista. La sua storia di attore, mimo, regista e autore teatrale capace di attraversare mezzo secolo di cultura italiana sembra riflettere un eclettismo imprescindibile, che non ammette routine. Il suo approccio all’opera, maturato nel segno di un rispetto consapevole e gratificante nei confronti della musica, è stato ispirato, negli anni, da una confortante curiosità intellettuale che ha dato frutti sempre originali, attingendo al versante drammatico e talora a quello più leggero con tocco felicemente equilibrato. Eppure il suo "Rigoletto", pensato per Bologna nel 1989 e ripreso nella stessa città nel 2004, prima di essere rappresentato anche al San Carlo di Napoli (2005), da qualche parte è stato salutato come una sorta di omaggio reverente alla tradizione. Il che, se fosse vero, non implicherebbe alcunché di negativo, trattandosi di un capolavoro – quello verdiano – assodato e amatissimo, rispetto al quale non s’impone la necessità di una rilettura sovversiva e sorprendente a ogni costo, quanto piuttosto il riguardo consapevole dell’uomo di teatro consumato. Ma in ogni caso il "Rigoletto" di cui andiamo parlando, al di là dell’impatto rassicurante che offre al primo sguardo, non può dirsi spettacolo tradizionale, frutto com’è di un percorso meditativo letterario e artistico tale da proiettarlo in una dimensione personale e non facilmente riproducibile.

Rileggiamo in sintesi il libretto del "Rigoletto" di Giuseppe Verdi

Il "Rigoletto" al Teatro di San Carlo in una scena d'insieme del primo atto
Il "Rigoletto" al Teatro di San Carlo in una scena d'insieme del primo atto

Nel primo atto siamo nella Mantova del XVI secolo ed al Palazzo Ducale vive il buffone di corte Rigoletto, gobbo e deforme, unico in grado a prendersi gioco di tutti i protagonisti e gli antagonisti. Fin quando in un intrigo di donne, in cui sono coinvolti il Duca stesso ed il suo acerrimo nemico Conte di Monterone, il povero buffone rischia di avere la peggio. Tra i ricatti e le promesse di vendette dei libertini, infatti, si vuole punire anche l'irriverente ed irrispettoso Rigoletto rapendogli la presunta amante nascosta in casa. In realtà quell'amante è la figlia Gilda che il buffone tiene sotto la stretta sorveglianza di Giovanna. Il Duca tuttavia riesce ad eluderla e, fingendosi il povero studente Gualtier Maldè, riesce a malapena a dichiararle il suo amore prima di essere costretto a fuggire. Intanto Rigoletto è tratto in inganno da alcuni cortigiani convinti di poterne rapire l'amante e ci riescono senza colpo ferir.

Il secondo atto è interamente ambientato al Palazzo Ducale dove Gilda è stata condotta dai cortigiani, all'insaputa del disperato Duca (nel frattempo sinceramente innamorato della giovane Gilda) e dell'addolorato Rigoletto. Sia il Duca che il buffone vengono a sapere della presenza di Gilda proprio nel palazzo così il Duca può possederla e Rigoletto consolarla, dopo che la figlia ha raccontato di essere stata disonorata con l'inganno delle mentite spoglie di Gualtier Maldè. Qui il buffone decide di vendicarsi con la morte del Duca.

Il terzo atto sprigiona tutta la drammaticità scritta da Victor Hugo prima e Francesco Maria Piave poi. Rigoletto prende accordi con il sicario Sparafucile  per uccidere il Duca e conduce Gilda in una locanda a mostrargli le vere sembianze del suo amato Gualtier Maldè. Qui il Duca si diverte a corteggiare le donne del posto,ivi compresa la sorella del sicario Maddalena che chiede a Sparafucile di risparmiare il Duca e si accordano ad uccidere il primo uomo a bussare alla porta della locanda per consegnarlo a Rigoletto. Nel frattempo il buffone aveva ordinato alla figlia di fuggire per Verona travestita da uomo così da passare inosservata ma lei, ancora perdutamente innamorata del Duca, torna sui suoi passi, bussa alla porta della locanda e viene freddata dal sicario. Nascosta in un sacco, viene consegnata a Rigoletto che la getta in un fiume ma, al sentir la voce del Duca in lontananza, recupera il sacco e trova il corpo in fin di vita di Gilda che gli chiede perdono. Da qui la disperazione di Rigoletto e del suo amore paterno e popolare, proprio come voleva Giuseppe Verdi.

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