77 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Gli USA delle stragi comprano armi italiane: già 80mila pistole e fucili venduti nel 2016

Le aziende italiane produttrici di armi leggere – come pistole e fucili – hanno sensibilmente incrementato il loro giro d’affari negli Stati Uniti negli ultimi anni. Nei primi tre mesi del 2016 abbiamo spedito negli USA 33.021 pistole e più di 52mila fucili.
A cura di Davide Falcioni
77 CONDIVISIONI
Immagine

All'ultima fiera delle armi di Vicenza, la Hit Show, che si è svolta appena quattro mesi fa, il fucile della Troy Industries Ar-15 faceva bella mostra di sé, esposto come una comunissima arma per appassionati, accanto a fucili da caccia e carabine per l'uso sportivo. Lo faceva notare -all'indomani della Strage di Orlando, in cui sono state uccise 49 persone – l'analista dell'Osservatorio per le Armi Leggere di Brescia Giorgio Beretta, spiegando come la stessa arma fosse disponibile anche sul mercato italiano a coloro che avessero i requisiti per possederla. Sembra che negli Stati Uniti il fucile semi automatico AR-15 sia un vero e proprio "must": nel 2012 secondo la BBC ne circolavano 3,3 milioni di esemplari, tutti regolarmente detenuti e acquistati come si acquisterebbe qualsiasi altro oggetto al supermercato. Peccato che l'AR-15 sia in grado di sparare 45 colpi al minuto e che siano già decine le persone uccise con quest'arma letale, equivalente sotto molti aspetti a quella in dotazione ai Marines.

Pistole e fucili Made in Italy: USA primo acquirente

La strage di Orlando ha riportato al centro dell'attenzione internazionale il tema della sicurezza negli Stati Uniti e ci sono ormai pochi dubbi sul fatto che la principale ragione dell'ennesima carneficina risieda nel facile accesso dei cittadini alle armi da fuoco. In un contesto del genere le aziende produttrici di armi fanno affari d'oro e il "Made in Italy" sembra essere piuttosto ricercato. Secondo l'ultima relazione dell'Opal riferita all'esportazione di armi dall'Italia gli Usa rappresentano una miniera d'oro. Nel 2014 e 2015 le aziende italiane hanno venduto rivoltelle e pistole (per uso comune) per 107 milioni di euro. I primi acquirenti sono proprio gli statunitensi che da soli fanno fronte a una spesa di 52 milioni. Quasi il 50%. Stesso discorso per i fucili italiani: gli Stati Uniti hanno speso in questo settore 264 milioni di euro. Da soli, oltre la metà dell'intero export.

Immagine
Immagine

Nel 2016 boom di esportazioni di armi leggere

Ma l'export nel settore delle armi leggere sembra non conoscere crisi neanche nel 2016. Spiega infatti ancora Giorgio Beretta: "Gli annunci di possibili restrizioni sulle armi da parte dell’amministrazione Obama  ne stanno paradossalmente incentivando l’acquisto. A confermarlo sono i dati sul commercio estero del primo trimestre del 2016. Per quanto riguarda il settore delle ‘armi comuni' i numeri sono chiari: le esportazioni di ‘pistole e revolver' dall’Italia agli Usa sono quasi raddoppiate rispetto al primo trimestre del 2015 (da 4.686.527 euro a 8.248.255 euro), mentre quelle di ‘fucili e carabine', tra cui i fucili semiautomatici, sono aumentati da 29,3 milioni di euro del primo trimestre 2015 a 31,8 del 2016". In totale, spiega sempre l'analista dell'Opal, nei primi tre mesi dell'anno in corso abbiamo spedito negli Stati Uniti 33.021 pistole e più di 52mila fucili. Si tratta in larga parte di armi comuni, dal momento che quelle fornite ad esempio alla polizia vengono prodotte direttamente negli States.

E' Beretta l'azienda leader del settore

Tra e aziende italiane produttrici di armi leggere la parte del leone è quella di Beretta, società con sede centrale a Gardone Valtrompia, in provincia di Brescia, ma stabilimenti anche negli Stati Uniti. E ad osservare i dati del dossier Opal nel triennio 2013-15 è stata proprio la provincia lombarda la principale area di esportazione di “armi e munizioni” – sia militari che comuni – di tutto il territorio nazionale.  "Nel triennio – spiega il report – ricopre più di un quarto (il 25,2%) di tutte le esportazioni nazionali. Il dato è particolarmente rilevante se si considera che da alcuni anni nella provincia di Brescia hanno sede principalmente aziende produttrici di armi leggere e di piccolo calibro, mentre nelle province di Roma, La Spezia e Livorno sono tuttora presenti soprattutto industrie di armamenti pesanti come, ad esempio, Simmel Difesa (oggi parte del gruppo francese Nexter) in provincia di Roma, Oto Melara a La Spezia e WASS a Livorno: aziende le cui produzioni di tipo militare (bombe, granate, siluri, missili, ecc.) sono incluse nelle cifre riportate. Tenendo conto della differenza di produzioni del settore armiero nelle diverse province italiane – in alcune prevalgono le produzioni di armi comuni e di piccolo calibro mentre in altre quelle di armamenti e munizioni pesanti di tipo militare – è possibile innanzitutto affermare che le principali province italiane di esportazioni di “armi leggere e di piccolo calibro” e relative munizioni sono le province di Brescia, Pesaro-Urbino e Lecco".

Insomma, mentre in linea generale le esportazioni dall’Italia di armi e munizioni, di tipo militare e comune, risulta in leggero calo dal 2014 al 2015, passando da oltre 1,3 miliardi di euro a poco più di 1,25 miliardi, a sostenere un mercato comunque in grande forma sono in larga parte gli Stati Uniti, nostri principali referenti per quanto concerne l'export di pistole e fucili. Ecco perché le aziende del settore italiane sono terrorizzate da un'eventuale regolamentazione in senso restrittivo del commercio di armi da parte dell'amministrazione Obama.

77 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views