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Eterologa, giudice bolognese accoglie ricorso di due coppie

Per il giudice “non c’è nessun vuoto normativo” e ordina che le due coppie possano accedere immediatamente al trattamento: “È un diritto”.
A cura di Biagio Chiariello
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In materia di fecondazione eterologa “non c’è nessun vuoto normativo che impedisca di procedere in base alle regole della medicina, e alla legislazione sanitaria vigente”. E’ questo, in sintesi, il parere del giudice della prima sezione civile del Tribunale di Bologna, Antonio Costanzo, che ha accolto il ricorso di due coppie presentato anteriormente alla sentenza della Corte costituzionale relativa all’incostituzionalità del divieto alla fecondazione eterologa. Alle due coppie era stata negata la possibilità a procedere con l’eterologa, da parte di due diversi centri medici. “Il giudice – rilevano gli avvocati Filomena Gallo e Gianni Baldini – ordina l’immediata esecuzione della fecondazione eterologa, atteso che il procedimento è incardinato dal 2010 e, quindi, da quattro anni la coppia da noi assistita attende di poter procedere con la tecnica di fecondazione eterologa”. Trattamento che “è stato dichiarato immediatamente applicabile alla luce della sentenza delle Corte Costituzionale che conferma come non vi sia alcun vuoto normativo”. Peraltro secondo i legali, le ordinanze del tribunale di Bologna “smentiscono il ministro della Salute Beatrice Lorenzi: l’eterologa si può fare subito”.

“La pronuncia del Tribunale di Bologna è assolutamente positiva: come sottolineammo fin dal giorno successivo al deposito della sentenza della Consulta, le coppie sterili/infertili possono subito ricorrere alla terapia di cui necessitano – commentano anche gli avvocati Massimo Clara, Marilisa D’Amico, Mariapaola Costantini e Sebastino Papandrea, rappresentanti della seconda coppia – il Tribunale ha ovviamente riconosciuto il diritto alla terapia, visto che il divieto contenuto nella legge 40 è stato cancellato, ma ha anche sottolineato con ampia motivazione come non sussista allo stato nessun vuoto normativo che impedisca di procedere immediatamente secondo le regole della medicina e della legislazione sanitaria vigente, applicando al caso concreto l’indicazione che era stata formulata dal giudice costituzionale”. “Linee guida aggiornate, decreti ministeriali attuativi, altri provvedimenti – aggiungono gli avvocati – potranno contribuire al miglioramento delle procedure: ma non sono e non possono essere il pretesto per negare un diritto e per aggirare una chiarissima sentenza della Corte Costituzionale”.

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